Dalla medicina di genere al piacere sessuale. “Filosofia in Agorà”: la modernissima scienza di Trotula de Ruggiero

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Trotula all'origine della medicina di genere
Trotula all'origine della medicina di genere

Se ti mancano i medici siano per te medici queste tre cose: L’animo lieto, la quiete e la moderata dieta. (Manifesto della Schola Medica salernitana)

Ci siamo occupate in precedenti articoli dell’occultamento dell’importanza storica e scientifica della filosofa Trotula de Ruggiero, ma qual è, di fatto, il suo contributo dato alla medicina?

Senza la pretesa di analizzarne dal punto di vista scientifico le sue opere, dal momento che non ne possediamo le competenze, ci limitiamo a segnalare l’atteggiamento aperto, laico, “compassionevole” che Trotula mostra nei confronti delle donne.

La filosofa vive nell’XI secolo ed è straordinaria la naturalezza con cui parla di malattia, di sesso, di cura del corpo, rivolgendosi a donne di tutte le età e condizioni.

Oggi si parla di medicina di genere come di qualcosa di assolutamente nuovo, che deve consentire di curare le malattie delle donne, tenendo conto delle caratteristiche fisiche peculiari del corpo femminile. Un millennio fa questo atteggiamento, che noi oggi giudichiamo innovativo, appariva del tutto naturale a Trotula, che, nella introduzione al suo libro sulle malattie delle donne, De passionibus mulierum ante, in, et post partum, sottolinea la diversità dei corpi maschili e femminili e la maggior delicatezza di questi ultimi in quanto predisposti per natura alla procreazione, momento fondante della nostra vita come individui e come  specie.

Questa attitudine a dare la vita spiega la sacralizzazione del corpo femminile in età paleolitica e neolitica, testimoniato dalle antichissime statuette delle “veneri preistoriche”. Queste figure femminili scolpite nella pietra, in cui erano fortemente messi in rilievo il seno e il ventre, sono state ritrovate in molte località europee, tra l’Atlantico e la Siberia, e rinviano al culto di una dea madre partogenetica, in quanto si giudicava l’evento della nascita scisso dal contributo del seme maschile[1].

A proposito della compassione, cui si è fatto riferimento precedentemente, ecco cosa scrive Trotula nell’introduzione al suo trattato sulle malattie legate al parto e non solo: «La miserevole condizione delle donne, e la grazia di una in particolare che mi ha colpito il cuore, mi hanno indotta a trattare con chiarezza le malattie femminili al fine di poterle curare»[2].

Le donne sono state da sempre levatrici, lo era anche la madre dell’uomo più illuminato del mondo greco, Socrate. Ma non furono solo levatrici, màiai. Nel mondo antico le donne sono state anche iatrinès, medici, professioniste della medicina, dunque, non semplici ostetriche dotate di buona pratica, ma conoscitrici più profonde dei segreti della medicina. Trotula non ha quindi “scoperto” la ginecologia, ma fu la prima e la più famosa tra quante hanno esercitato tale professione nell’Europa latina, facendolo con un approccio incredibilmente moderno, senza remore, senza pregiudizi, in modo laico in un’età che immaginiamo irrigidita dentro una corazza di obblighi religiosi.

Partendo dal presupposto che la natura della donna è diversa e complementare a quella maschile, il fine ultimo del suo lavoro fu il benessere femminile e la valorizzazione dell’identità di genere, privilegiando ciò che oggi si usa chiamare “cure dolci”, vale a dire impacchi, massaggi, pozioni e molta igiene, bagni e frequenti lavaggi in particolare delle mani.

Trotula illustra con disinvoltura i sintomi della gravidanza e tutto quello che c’è da sapere sul parto per renderlo meno doloroso, suggerendo la necessità di suturare le lesioni perineali e rivolgendo la sua attenzione non solo alla mamma, ma, da vera e propria pediatra, anche ai figli. Parla anche di sterilità e la imputa in alcuni casi all’uomo, cosa che veniva negata fino a pochi decenni fa nell’evoluto mondo occidentale. Tratta i temi sessuali, considerando il piacere un diritto e un impulso naturale per gli uomini e per le donne e suggerendo anche i modi per raggiungerlo; parla, inoltre, di frigidità femminile come di impotenza maschile e suggerisce consigli contro il concepimento.

Con assoluta naturalezza, circostanza che stupisce molto in una donna vissuta un millennio fa, a conferma dei molti tabù che ancora sussistono, Trotula consiglia alle giovani che hanno perso la verginità come simularla. Scrive anche di bellezza e di come conservarla, nel De ornatu, in cui sorprende un inedito influsso della cultura saracena, trasmettendoci l’idea di una visione olistica, armoniosa del corpo umano, in cui salute, benessere e bellezza vanno insieme.

Il fatto che non fosse una monaca, come un’altra figura importante dell’epoca quale fu Ildegarda di Bingen (1098-1179), ma una donna sposata con figli, la rende assolutamente moderna ai nostri occhi, così come il fatto che diede poco spazio alla magia, all’astrologia, alle preghiere, ne fa un personaggio interessante dalla visione assai libera, priva di dogmatismi religiosi. La sua farmacopea fatta di erbe e salassi, infusioni, un regime alimentare sano e una rigorosa condotta di vita la rende ancora più attuale, laddove emerge una predilezione, tipicamente femminile per la prevenzione, l’igiene, l’alimentazione equilibrata, l’attività fisica, tutte soluzioni olistiche non chirurgiche, preferite dai colleghi maschi.

Questa libertà o autonomia di giudizio rispetto ai dogmi religiosi fa saltare molti pregiudizi sul rapporto tra medioevo e modernità, sul concetto stesso di progresso che quasi inconsapevolmente interiorizziamo dall’età della ragione.

Alla fine della lettura del testo di Trotula rimane un senso di stupore per l’originalità e la grandezza di questa donna, non tanto per i rimedi che propone, è chiaro che in questo la scienza medica ha fatto giganteschi passi avanti, quanto per lo sguardo luminoso, profondo, empatico di questa donna nell’affrontare le passioni femminili. Trotula ha ancora molto da insegnare a tutti noi, perché non manifesta inibizioni, né moralismi, ma una grande adesione alla natura, rappresentando un grande esempio di cultura inclusiva, assenza di pregiudizi e un coacervo di intuizione, innovazione ed esperienza che sono l’essenza della rilevanza scientifica.

[1] Cfr. J.J. Bachofen, Il matriarcato. Storia e mito tra Oriente e Occidente, Marinotti, Milano 2004.

[2] Trotula de’ Ruggiero, La sinfonia del corpo, Manni, Lecce 2020, p. 46.


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a cura di Michele Lucivero

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