Dalle bollette del gas ai vitalizi, la fantasia “anticasta” al potere alle Camere: centinaia di milioni anche ai dipendenti

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Stipendi degli onorevoli e dei dipendenti, vitalizi, indennità di funzione: di quanto può essere tagliato il costo annuale del Parlamento? Nel suo discorso di insediamento da presidente della Camera, Roberto Fico ha indicato nel taglio dei costi della politica una priorità della prossima legislatura. Volontà ribadita nell’intervista al Fatto di ieri e confermata dalla scelta del Movimento 5 Stelle di puntare forte sulla nomina dei suoi uomini negli uffici di presidenza di Camera e Senato.
E con la sponda della Lega, che continua a caldeggiare pubblicamente la lotta agli sprechi, la strada potrebbe essere in discesa.

I vitalizi. Passati sostanzialmente al contributivo quelli futuri durante l’epoca Monti, la grande incompiuta della scorsa legislatura è la legge Richetti, quella che proponeva di ricalcolare col metodo contributivo i vitalizi in essere (il risparmio stimato era di circa 75 milioni all’anno). Ma per riformare il sistema degli assegni agli ex parlamentari non è necessario approvare una legge, come si tentò di fare col “ddl Richetti”, poi affossato in Senato: basterebbe una delibera dell’ufficio di presidenza.

Nei bilanci di Camera e Senato, su uscite totali pari a 1,6 miliardi, si stima per il 2017 una spesa di 216 milioni di euro – comprensiva degli assegni di reversibilità – per pensioni e vitalizi degli ex parlamentari. I beneficiari sono poco meno di 3.000: si può sfoltire, anche se la Corte costituzionale – che ha comunque maggiori difficoltà a intervenire nelle norme delle Camere, dove vige l’autodichìa – potrebbe bocciare ogni intervento che leda diritti già acquisiti.

A voler intervenire sui vitalizi non sembra essere soltanto Fico: “Se si va verso un sistema pensionistico contributivo – ha detto Matteo Salvini a Porta a Porta qualche giorno fa – deve valere anche retroattivamente per la politica. Non è possibile che ci siano deputati o senatori che sono stati in Parlamento un anno e prendono 2-3mila euro di pensione, è immorale”.

Ma oltre agli assegni per gli ex onorevoli, parte cospicua dei bilanci di Camera e Senato la occupano i fondi per i dipendenti delle Camere adesso in pensione: 418,6 milioni totali nei due bilanci di previsione 2017. Tra ex onorevoli ed ex funzionari, quindi, quest’anno il conto presentato al Parlamento – e quindi ai cittadini – sarà di quasi 635 milioni.

Il personale. Gli stipendi nel Palazzo sono altissimi. Durante la scorsa legislatura ci aveva già provato il Pd a metterci una pezza: nel 2014 gli uffici di presidenza di Camera e Senato imposero un articolato sistema di tetti alla retribuzione per i 1.700 dipendenti del Parlamento, sistemava che culminava al massimo di 240mila euro previsto per la P.A. “Oggi abbiamo preso una decisione senza precedenti”, esultò l’allora presidente della Camera Laura Boldrini, ancora ignara che una valanga di ricorsi (più di 1.000 soltanto a Montecitorio) avrebbe affossato la delibera, che restò valida come un calmiere temporaneo fino al 2017. Da quest’anno gli stipendi possono tornare a crescere senza più fastidiosi limiti.

Oggi al Senato si prevedono 98,9 milioni per gli stipendi dei dipendenti assunti, più altri 21 per i lavoratori non di ruolo. Alla Camera le spese per il personale, di ruolo e non, schizzano a 190 milioni in un anno. Totale: 310 milioni, esborso ancora più alto di quello previsto per i parlamentari, che tra indennità e rimborsi pesano sulle casse dello Stato per 223 milioni.

Le indennità di funzione. In aggiunta allo stipendio da parlamentare, i regolamenti delle Camere prevedono indennità extra per i presidenti delle Aule, i loro vice, i questori, i segretari e i presidenti delle commissioni. Cifre che possono superare i 4.000 euro mensili e a cui alcuni neo-eletti hanno già detto di voler rinunciare. Roberto Fico, che durante la scorsa legislatura aveva rifiutato l’indennità da presidente della Vigilanza Rai, rinuncerà ai circa 4.200 euro aggiuntivi destinati al presidente della Camera. Paola Taverna, Riccardo Fraccaro e gli altri membri degli uffici di presidenza in quota M5S restituiranno 3.112 euro di indennità di carica, stessa cifra che Mara Carfagna (FI) ha dichiarato di voler devolvere in beneficenza.

Le commissioni parlamentari permanenti sono 28, a cui se ne aggiungono altre, diverse in ogni legislatura, con la stessa struttura: chi le presiede ha diritto a circa 26.000 euro lordi aggiuntivi ogni anno, oltre a una serie di benefit (rimborsi, auto blu, staff di consulenza). Su queste spese, ha confermato Fico al Fatto si può intervenire da subito: “Parleremo con i rappresentanti di ogni forza politica per chiedere che tutti rinuncino alle indennità che prendono per i vari ruoli. Lo stipendio da parlamentare può bastare”.

Auto blu e non solo. L’ultimo censimento del ministero della Pubblica amministrazione ha contato 29.195 auto a disposizione del settore pubblico. In Parlamento ce ne sono un paio di decine, ma può usufruirne solo chi ha una qualche carica (presidente, vice, segretari, presidenti di commissione, etc).

Nel comparto di revisione della spesa potrebbero poi finire altri sprechi “di palazzo”. Lo scorso ottobre Riccardo Fraccaro, allora segretario d’Aula alla Camera, dichiarò a Presadiretta di voler intervenire sui costi delle bollette di acqua, gas e luce di Montecitorio e Palazzo Madama. Un totale di 6 milioni di euro: “Si può risparmiare almeno mezzo milione di euro l’anno – aveva spiegato Fraccaro – se c’è la volontà di farlo lo si fa velocemente, altrimenti potrebbero passare anche dieci legislature”. Stando alle promesse bipartisan di questi giorni, i tempi dovrebbero essere brevissimi.

di Lorenzo Giarelli, da Il Fatto Quotidiano