Dall’omosessualità alla cultura queer, contro l’ossessione dell’identità

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Il rapporto della filosofia con l’omosessualità è un tema ormai sdoganato, non solo perché molti filosofi, sostenendo e godendo, talvolta, di una discreta libertà di pensiero non hanno disdegnato di affermare la propria omosessualità, come Foucault, oppure di giustificarla, come fa Schopenhauer, il quale sostiene che l’omosessualità subentri nell’età matura, quando le cellule seminali sono ormai deboli, per cui sarebbe meglio evitare la procreazione con le donne e accedere ad un piacere che sfugge alle leggi della conservazione della specie.

Anche alcuni atteggiamenti e alcune frequentazioni di Nietzsche farebbero pensare ad una predilezione per le persone del suo stesso sesso, ma la tesi più interessante sull’omosessualità è di uno psicoanalista un po’ eretico, Georg Groddeck, il quale afferma che poiché ognuno ama inevitabilmente il proprio corpo, la prima tendenza sessuale che si manifesta nell’uomo e nella donna è immediatamente di natura omosessuale[1].

A Groddeck rispondeva un altro psicoanalista Alfred Adler, che riteneva l’omosessualità una malattia da curare, così come pensava anche il medico italiano Nicola Pende, firmatario tra l’altro del manifesto fascista per la razza, che aveva sottoposto l’attore Francesco Caracciolo, noto personaggio gay, famoso anche per le apparizioni al programma Indietro tutta di Renzo Arbore, ad una terapia incredibile, fatta di levatacce e lavori durissimi, per guarirlo dalla sua omosessualità.

Caracciolo avrebbe poi affermato che gli sarebbe piaciuto incontrare il medico per dirgli: «Professor Pende, grazie per aver fatto di me una vera donna!»[2]. Adler, come anche Pende, sono stati i precursori di quella che viene definita terapia di conversione, terapia riparativa o terapia di riorientamento sessuale, una delle più grandi bufale della storia della scienza, fondata sull’idea di poter guarire con la psicanalisi o con l’esorcismo dalla malattia dell’omosessualità.

In Italia e nel mondo gli ordini degli psicologi hanno messo al bando qualsiasi tentativo di guarire gli omosessuali, perché l’omosessualità non è una malattia e nemmeno una scelta, ma una tendenza verso la quale il corpo e i desideri liberi di ciascuna persona conducono in maniera del tutto incontrollata. Saper leggere e poter esprimere liberamente e serenamente i propri desideri è la sfida che dobbiamo accettare per la nostra società.

Se vogliamo dire, invece, qualcosa di interessante per smentire un’altra bufala, cioè quella del rispetto della natura umana, che vuole che l’amore e il sesso debbano avvenire solo tra un uomo e una donna, perché così si verifica in natura, allora vale la pena di prendersi la briga di leggere Biological Exuberance[3] di Bruce Bagemihl del 1999, e vi toccherà leggerlo in inglese perché non è mai stato tradotto in italiano.

Si tratta di una pietra miliare negli studi sulla omosessualità e transessualità degli animali, documento che confuta definitivamente la tesi secondo la quale la natura sarebbe popolata da esseri viventi che si dividono unicamente in maschi e femmine. Qui si dà prova di casi di ermafroditismo, intersessualità, travestitismo, autofecondazione, inversione sessuale, come nel caso dell’orata, che nasce maschio per poi diventare femmina dopo i due anni di età. Interessante è anche la storia sessuale del pesce pagliaccio, il simpaticissimo Nemo, qui è la femmina ad esercitare il potere, infatti forse se Coral fosse sopravvissuta all’attacco del barracuda, avrebbe effettivamente deciso lei i nomi dei figli, ma se la femmina muore o si allontana, allora il maschio si trasforma in femmina.

Altri esempi di inversione sessuale si sono notati anche nei rospi e nei polli, dati che testimoniano che nel mondo vegetale e in quello animale, cioè in natura, non è così ben definita l’appartenenza al sesso maschile o al sesso femminile, quanto, invece, vi è una varietà una multiformità e di una complessità notevoli. Non solo, il testo di Bagemihl testimonia anche che nel mondo animale vi sono rapporti di omosessualità, ad esempio è risaputo che il leone maschio ha rapporti con esemplari dello stesso sesso per consolidare alleanze.

Ancora una volta è Foucault[4] a riferirci che la distinzione tra omosessuali ed eterosessuali è relativamente recente, risalirebbe al XIX secolo, e, tuttavia, oggi anche questa dicotomia omosessuale-eterosessuale è stata messa in discussione per sostenere, in maniera ancora più inclusiva, la cultura queer.

L’espressione venne coniata da Teresa De Laurentis nel 1990, il temine queer significa “insolito”, “strano”, ed è stata adottata per raggruppare tutti i soggetti che presentano una sessualità ambigua, che non è solo quella degli omosessuali, ma anche dei transessuali, degli intersessuali, degli ermafroditi. La cultura queer è contro l’ossessione dell’identità, della definizione necessaria di una identità sessuale, e quindi favorevole ad abolire qualsiasi opposizione di normale/deviante, proponendo l’accettazione di una sessualità trasversale e stratificata, in polemica anche con la cultura gay, che riterrebbe di vantare dei diritti specifici per il fatto di riconoscersi come comunità[5].

N.B. Qui altri interventi dell’autore prof. Michele Lucivero

[1] Cfr. Pietro Emanuele, Filosofi a luci rosse, TEA, Milano 2008.

[2] Cfr. Andrea Pini, Quando eravamo froci, Il Saggiatore, Milano 2011.

[3] Bruce Bagemihl, Biological Exuberance, Stonewall Inn Editions, 2000.

[4] Cfr. Michel Foucault, L’uso dei piaceri. Storia della sessualità, vol.2, Feltrinelli, Milano 2000.

[5] Cfr. Vera Tripodi, Filosofia della sessualità, Carocci, Roma 2011.

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