Fermo restando che la necessità di promuovere misure urgentissime a sostegno della famiglia, soprattutto in questo periodo di crisi pandemica, sia un’urgenza improcrastinabile, questa storia di far trovare sotto l’albero di Natale «all’assessore Benciolini e alla sua collega Nalin un libro di biologia umana» non è affatto una buona trovata. La dichiarazione viene da parte di Danilo Bassan, consigliere Partito della Famiglia di Padova e referente regionale dello stesso presso il Consiglio nazionale, convinto della deriva della giunta padovana, ormai preda di una ossessione transgender.
E, allora, apriamoli i libri di biologia umana, ma non quelli che compendiano la biologia risalente ai primi del Novecento. Dovremmo, piuttosto, leggere alcune ricerche internazionali condotte su casi concreti in diverse parti del mondo per giungere ad accettare, qualora volessimo davvero dare qualche credito alla “scienza”, alcune conclusioni di cui il signor Bassan potrebbe stupirsi, sebbene siamo convinti che ciò non sia sicuramente sufficiente per fargli cambiare idea.
Ebbene, vi sono diverse ragioni e molti casi di persone realmente esistite, che dovremmo comunque rispettare quali essere umani, che costituiscono la base della letteratura scientifica, alla quale si rimanda, con lo scopo di abbandonare definitivamente l’idea che l’identità sessuale sia dicotomica. La classificazione duale, ritenuta scontata e naturale, tra maschio e femmina, alla luce di una più ampia indagine biologica, risulta, purtroppo, inficiata da una arbitraria semplificazione della realtà poco rispettosa del singolo essere umano.
La biologa Anne Fausto-Sterling, ad esempio, ritiene che le variazioni sul tema della dicotomia sessuale siano davvero considerevoli e si aggirano nell’ordine dell’1,7% della popolazione mondiale – la stessa percentuale delle persone con capelli rossi – con considerevoli differenze tra le varie comunità. Ciò spinge la ricercatrice a rivedere lo spettro delle opzioni inerenti alla sessualità delle persone, giungendo ad ammettere, oltre alle due opzioni, altre tre, comprendenti Ferm, fattispecie con ovaie, genitali interni femminili, genitali esterni mascolini e cromosoma XX; Merm con testicoli, organi esterni femminili e cromosoma XX; e, infine, Herm con tessuti ovarici e testicolari, genitali maschili o femminili, cromosoma XX.
Del resto, chi pratica la medicina sa bene che esistono almeno due note sindromi che prevedono casi di intersessualità: la Sindrome di Morris, che si manifesta in soggetti con aspetto fisico e genitali di una femmina, ma cromosomi maschili e la Sindrome adrenogenitale, che si manifesta con iperplasia adrenale congenita (CAH) o virilismo in soggetti con aspetto femminile, clitoride molto pronunciato al punto da sembrare un pene, ma cromosomi maschili.
Se, poi, volessimo guardare anche alla biologia animale, allora consigliamo la lettura del volume di Bruce Bagemihl, Biological Exuberance, testo davvero affascinante che confuta definitivamente la tesi secondo la quale la natura sarebbe popolata da esseri viventi che si dividono unicamente in maschi e femmine. Qui si dà prova di casi di ermafroditismo, intersessualità, travestitismo, autofecondazione, inversione sessuale, come nel caso dell’orata, che nasce maschio per poi diventare femmina. Esempi di inversione sessuale si sono notati anche nei rospi e nei polli, i quali mostrerebbero gli organi genitali maschili e femminili, ma se si interviene chirurgicamente asportando l’organo che determina un sesso, si manifesta l’altro, testimoniando che in natura non è così ben definita l’appartenenza al sesso maschile o al sesso femminile, ma si dà prova di una multiformità e di una complessità notevoli.
Ciò che non si comprende, del resto, da un punto di vista squisitamente morale, è perché la difesa della famiglia da parte dello Stato, legittima sotto moltissimi punti di vista, debba prevedere il rifiuto di ammettere l’esistenza di una diversità, che, prima di essere certificata dalla biologia, è una richiesta di riconoscimento da parte di un soggetto che vuole solo essere accettato in quanto tale.
Non si capisce perché se nel mondo animale l’intersessualità è un dato di fatto, tra gli umani debba regnare l’orrore per la diversità sessuale, debba esservi una difesa ideologica della logica dicotomica per cui i soggetti devono essere necessariamente maschi o femmine e ogni altro soggetto che non viene riconosciuto in queste categorie debba essere bollato come deviante.
La questione dell’intersessualità, che si manifesta negli esseri umani con la presenza di organi sessuali ambigui alla nascita, al di là del dato biologico, pone seri interrogativi etici e medici. Allo stato dei fatti in Italia, per una questione politica e culturale, alla nascita di un soggetto è possibile registrarlo solo come femmina o maschio, imponendo al medico, nel caso di ambiguità sessuale, una scelta per nulla semplice. La casistica medica non manca nemmeno in questo caso e dimostra che molti soggetti, trattati chirurgicamente per far quadrare la realtà intersessuale all’interno di una mera registrazione anagrafica, hanno avuto serie difficoltà in seguito con la propria vita sessuale.
La diatriba etica, medica e politica al giorno d’oggi in Italia si gioca, sulla pelle di alcuni esseri umani, tra chi sostiene l’intervento chirurgico in età pediatrica, come perlopiù accade, e chi, come Cheryl Chase, donna mutilata in seguito ad operazione di definizione del sesso, spingono per un posticipo dell’intervento fino all’adolescenza o all’età adulta, cioè quando si acquisisce maggiore consapevolezza della scelta in direzione dell’uno o dell’altro sesso.
Se a Danilo Bassan non dovesse ancora risultare chiaro che la biologia non c’entra nulla con questa vicenda del riconoscimento dell’intersessualità, anzi essa depone decisamente contro la sua tesi, allora gli consigliamo anche uno sguardo alle ricerche di antropologia culturale, cioè quelle che registrano i costumi e i modi in cui vivono gli altri popoli, per scoprire, ad esempio, che in India gli hijra sono classificati come esseri umani intersessuali, così come nell’Isola di Tonga i fakaleit? sono rispettati come terzo sesso, per non parlare dei più ricercati, anche da noi occidentali, Kathoey tailandesi dalle “famigerate” doti sessuali.
Ma se ancora non dovesse bastare a testimoniare che la questione non è biologica, ma etica e, in seconda battuta, politica e culturale, allora rimandiamo Bassan a studiare la normazione anagrafica in tutto il mondo, così magari scopre che in India dal 2009 è possibile indicare sulla carta d’identità il terzo sesso a cui dal 2016 sono riservate delle quote nel mondo del lavoro e dell’educazione e che riconoscimenti analoghi del terzo sesso ci sono in Pakistan, Bangladesh, Nepal, Thailandia, Taiwan, ma anche nei più evoluti Stati Uniti, Australia, Canada, per finire con Austria, Germania, Inghilterra e Danimarca.
Ecco, adesso noi gli spunti per studiare meglio la questione dell’intersessualità a Bassan glieli abbiamo forniti. Ovviamente non abbiamo indicato la bibliografia per non appesantire la nostra rassegna, ma confidiamo nella sua intelligenza e nelle sue capacità, quindi sarà in grado di andarsela a cercare.
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a cura di Michele Lucivero
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Grazie, Giovanni Coviello