
(Adnkronos) – Qualcuno ha evidentemente spiegato a Donald Trump che con i dazi si stava facendo male da solo. Con quali argomenti può essere riuscito nell’impresa, spingerlo alla sospensione di tre mesi appena annunciata? Ce ne sono tre che possono essere ipotizzati quasi senza alcun rischio di errore. Primo, Trump è un fanatico sostenitore dei dazi per abbattere il gigantesco debito americano. La reazione dei mercati finanziari e la prospettiva di una guerra commerciale aperta e globale hanno però subito innescato il fattore che rende vana questa strada: l’inaffidabilità e l’incertezza può spingere i grandi investitori internazionali a non comprare più debito americano, vanificando a monte il principale obiettivo del presidente americano. Secondo, il principale slogan trumpiano sbandierato in queste settimane, “presto saremo nuovamente molto ricchi”, è stato messo in crisi dall’evidenza dei fatti. Se ne sono accorti subito gli americani che hanno titoli a Wall Street, sono la maggioranza pari al 62% della popolazione, ma l’ha capito anche l’altro 38%, la quota di americani più indebitata e totalmente disinteressata alla globalizzazione e a quello che avviene fuori dagli Stati Uniti, perché si è già concretizzato il rischio di una recessione da dazi, che li colpirebbe con il rialzo dei prezzi e che li costringerebbe a tagliare i consumi. Terzo, il consenso della grande finanza e della grande impresa, che pure per convenienza aveva scommesso sul secondo mandato trumpiano, è rapidamente venuto meno, così come si è sgretolata la compattezza di facciata dei repubblicani americani. A questo si legano anche le crepe evidenti e le faide interne nel circolo più stretto dei presunti fedelissimi, da Elon Musk in giù. (Di Fabio Insenga) —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)