Ddl Affido Condiviso di Pillon, sen. Daniela Sbrollini (PD): “proposte fanno carta straccia del diritto di famiglia. Dietro leggi ci sono persone”

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La Senatrice Daniela Sbrollini insorge “No. Dietro le leggi ci sono le persone. Tutto questo manca al Disegno di Legge del Senatore Simone Pillon che fa carta straccia del diritto di famiglia. Secondo questo DdL i bambini dovrebbero prendere la valigetta e pendolare da una casa all’altra. Con due camerette, due gestioni del tempo diverse, due domicili di due genitori che se lo dividono come fosse una casa al mare in comproprietà, di cui usufruire a mesi alterni. Ma si può anche solo pensare una cosa del genere?

Non credo possiamo ritornare su un principio fondamentale: quando una famiglia scoppia bisogna anteporre l’interesse dei figli a quello dei genitori. Le norme che entrano nelle esistenze delle famiglie dovrebbero sapere che alcuni temi come quelli che riguardano i diritti dei bambini nelle separazioni andrebbero gestiti con la massima cautela e con un principio di imparziale saggezza.” Continua così la Senatrice Daniela Sbrollini.

Dal Ddl capisco che Pillon, fervido animatore del Family Day, fa parte di quella quota di politici che agiscono su input di qualche elettorato rumoroso e non per il bene della comunità. Infatti il Ddl Pillon all’art 11, afferma che “Il minore deve trascorrere tempi paritetici o equipollenti con entrambi i genitori, …. salvo in caso di: violenza, abuso sessuale, trascuratezza, indisponibilità di un genitore; inadeguatezza evidente degli spazi predisposti per la vita del minore“.
E che per un ragionamento, evidentemente di carattere economico, mette a repentaglio il bene dei bambini. Soprattutto se il matrimonio è messo in crisi da storie di violenza domestica. Il DdL prevede “un piano genitoriale educativo condiviso”: è evidente che i firmatari del decreto non conoscano minimamente quelle che sono le dinamiche della violenza, che si esplica, per definizione, in forme di prevaricazione e non certamente di condivisione. Inoltre i bambini vittime di violenza diretta o assistita sono cresciuti con la consapevolezza costante di quanto “sarebbe potuto accadere” e quindi con un senso di profonda disperazione. Hanno sperimentato sulla pelle la loro funzione di “strumento” per l’esercizio del potere del padre sulla madre, sanno benissimo di cosa è capace il padre e giustamente si rifiutano di stare con lui perché hanno paura di ciò che potrebbe accadere.”
“C’è poi un’altra questione che il DDL affronta con un pregiudizio fazioso. Come se la realtà delle famiglie separate fosse paragonabile a una bolletta del telefono, come se la storia di un’unione finita male possa riassumersi nel fastidio di un bonifico. I tempi sono difficili per tutti, il lavoro è sempre più precario e in questo contesto le donne continuano a guadagnare di meno e continuano ad essere quelle che si assentano per la maternità. Vogliamo fare finta che non sia così? E’ certamente necessario tenere però conto delle disuguaglianze che ancora esistono e dei nuovi stili di vita, con un numero crescente di seconde e terze unioni, dove però sia sempre al centro l’interesse del bambino. In questa situazione, nuova rispetto a tempi passati, sono anche i padri-mariti a trovarsi in situazioni difficili, a volte economicamente insostenibili. E la riforma deve capire e tenere presente anche questi nuovi disagi. Il Ddl Pillon disconosce, sottovaluta e rende secondario il problema della violenza contro le donne che ha origine nella persistente disparità di potere tra i sessi. E il decreto aumenta e alimenta questa disparità. Sono più di 20 mila, le donne che ogni anno si rivolgono ai Centri Antiviolenza della rete D.i.Re, e la maggior parte sono coniugate con figli minori. Ciononostante non riesce a dare una risposta nemmeno alle situazioni di disagio dei maschi.
Dal DDL emerge anche il retropensiero che le donne siano generalmente “incapaci” a gestire i soldi dell’assegno di mantenimento del minore, pensiero costante nelle forme di violenza economica dove gli uomini accusano le compagne di essere incapaci nella gestione dei soldi e delle priorità economiche. Un quarto punto terrificante di questo DDL riguarda i tempi paritari di permanenza con l’altro genitore, che non devono essere inferiori di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti e qualora un minore si rifiuti o manifesti disagio, ci si appella all’alienazione parentale, sindrome senza alcuna evidenza scientifica, per limitare o sospendere la responsabilità genitoriale della madre.
Il DdL parla di “un piano genitoriale educativo condiviso”: è evidente che i firmatari del decreto non conoscano minimamente quelle che sono le dinamiche della violenza, che si esplica, per definizione, in forme di prevaricazione e non certamente di condivisione.
Credo anche io che sia giunto il momento di riformare il diritto di famiglia con un intervento complessivo: sono ormai passati 50 anni e le cose sono davvero cambiate. E certamente è opportuno ripensare anche alle norme che regolano gli accordi prematrimoniali e il divorzio diretto. Sappiamo come ogni famiglia rappresenti un “unicum” ed è giusto che per stabilire l’entità di un assegno di mantenimento siano presi in considerazione altri fattori oltre al tenore di vita come il contributo al patrimonio familiare o le possibilità di produrre un reddito futuro fuori dal matrimonio.
Ritengo dunque che il Parlamento possa e debba ripartire stabilendo criteri utili per valutare gli assegni divorzili sulla base della singolarità di ogni situazione famigliare risolvendo le tante iniquità di cui non si può certamente tacere. Questi sono problemi che riguardano decine di migliaia di persone: non si può continuare a oscurare i veri problemi delle famiglie con la propaganda, bisogna che ci mettiamo tutti al lavoro, occupandoci di quello che riguarda la vita quotidiana degli italiani. E dei loro figli.”

 

Sen. Daniela Sbrollini