In un momento in cui l’esplosione delle sofferenze bancarie si è accompagnata alla crisi di una serie di banche tra cui le due ex popolari venete, sono frequenti i casi di debitori che, però, avrebbero motivo di obiettare sui loro debiti non solo per le garanzie associate, spesso azioni azzerate delle banche poi risolte o messe in liquidazione, ma soprattutto per l’annosa questione del calcolo del debito al cui valore iniziale si sommano interessi e commissioni bancarie che la magistratura ha spesso bocciato.
Non dimentichiamo, poi, che a chiedere e ottenere i decreti ingiuntivi a carico dei debitori oggi sono sempre più spesso banche e finanziarie di recupero di crediti acquistati a poco e a volte di origine, come dicevamo prima, in parte se non totalmente contestabili ma con necessità di documentazioni e di strategie di difesa non agevoli da mettere insieme in pochi giorni.
In quest’ambito la legge nascente sulla concessione agli avvocati, in aggiunta ai giudici, di emettere decreti ingiuntivi per giunta opponibili entro solo venti giorni sta trovando l’opposizione di molte associazioni, tra cui, in prima fila, ConfederContribuenti, che in Veneto è presieduta da Alfredo Belluco, suo vice presidente nazionale e storico paladino di quelli che lui chiama presunti debitori.
Ne parliamo con un politico vicentino che da più di un anno si è distinto per il suo particolare interesse verso temi che toccano il mondo bancario e certe sue, diciamo, asprezze.
On. Pierantonio Zanettin, lei esercita la professione di avvocato da ben prima dei suoi quattro mandati parlamentari. Lei quale opinione ha sulla proposta di legge promossa dalla Lega con le firme dei senatori Ostellari, Romeo, Pillon, Pellegrini e Candura?
Dico subito che non condivido né il contenuto, né il principio ispiratore della proposta di legge in esame. Non ravviso alcuna necessità di modificare la disciplina del decreto ingiuntivo, tantomeno ai danni del debitore. I promotori della iniziativa dichiarano di voler ridurre i tempi necessari per il recupero dei crediti, finalità pienamente condivisibile. Ma tutti gli operatori del diritto sanno che le lungaggini maturano nel corso del processo di esecuzione, e non certamente in quello di accertamento del credito, mediante decreto ingiuntivo, che già oggi è sufficientemente celere.
Come pensa si possa intervenire sul dettaglio non marginale dei termini di opposizione ai decreti ingiuntivi ridotti a 20 giorni per tener conto delle esigenze, anch’esse non trascurabili, dei creditori?
L’attuale termine di opposizione di quaranta giorni è del tutto congruo e non può essere ulteriormente compresso. L’avvocato ha bisogno di questo tempo per studiare la causa, cercare i documenti, redigere l’opposizione. Venti giorni sarebbe un termine troppo breve e comprimerebbe eccessivamente il diritto di difesa.
Lei di fatto ci ha già risposto, ma cosa dice a chi invoca la violazione della Carta costituzionale e in particolare gli articoli 3 (tutti i cittadini hanno pari dignità sociale), 24 (tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi) e 111 (la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge)?
Il termine di 20 giorni, ove approvato, sarebbe certamente dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale, per i profili da Lei segnalati, ma probabilmente non supererebbe nemmeno il vaglio del Capo dello Stato in sede di promulga.
A che punto è l’esame della proposta di legge?
La Commissione Giustizia del Senato ha appena concluso una serie di audizioni, che hanno tutte segnalato diverse criticità nel testo in discussione. Sta per iniziare la discussione generale, cui seguirà la fase emendativa. Non si possono fare valutazioni per i tempi della votazione in aula.
Lei che previsioni si sente di fare?
Immagino che il testo sarà sostanzialmente modificato in sede emendativa. Così come è stato presentato non ha nessuna possibilità di andare avanti.