Sull’attesa, per anni messianica, degli indennizzi a dir poco dovuti il 3 gennaio scrivevamo, sotto il titolo «Soci BPVi terrorizzati dal “condizionale” del GdV: “dalla UE arriverebbe un no agli indennizzi”», che «il GdV, dando tecnicamente voce a due ipotesi contrastanti, ha infarcito di condizionali quanto stabilito da una legge (emanata all’interno della manovra, controfirmata dal presidente della Repubblica dopo essere stata appena approvata con l’assenso dell’Europa) e ha insinuato il dubbio (da terrore!) che gli indennizzi possano saltare proprio per volontà delle autorità europee...».
Le supposizioni del GdV, dei media main stream e di certi politici
Ci ripromettevamo, quindi, dopo le prime osservazioni, di «spiegare come lavorare tutti insieme per far prevalere l’indicativo trasformando almeno gran parte dei condizionali e dei fantasiosi terrori, forieri di tragedie umane irreparabili se non si facesse di tutto per cancellarli, in responsabili sicurezze come da legge, ricordiamo, approvata ed emanata e con una UE che ha “bollinato” la manovra e che non potrà eccedere nella sua conflittualità, se il “sistema”, incluso quello mediatico, non le darà spago. Magari sollecitandone l’attenzione contro i soci BPVi già colpevolmente azzerati pur di dare una spallata al governo non gradito, soprattutto per la sua componente gialla…».
Ebbene i dubbi del collega del giornale di Confindustria (collega «che conosciamo come professionale ma non di certo, non ce ne voglia, addentro a dettagli che noi pensiamo di conoscere un pizzico di più dopo quasi nove anni di lavoro ininterrotto sul tema (il nostro primo articolo preoccupato sulla BPVi è del 13 agosto 2010, cfr. “Vicenza. La città sbancata“» e «con la competenza che ci è stata riconosciuta anche dal sottosegretario al Mef, Alessio Villarosa, che per tre volte ci ha voluto incontrare al MEF e non certo per interviste…»), sono riassunti in questa frase:
Obiezioni UE?
«Dall’opposizione ne sono convinti: i tecnici del Mef (il ministero dell’Economia e delle finanze) saprebbero già che l’Europa avrebbe bocciato il provvedimento considerando la sua attuazione impraticabile poiché contraria alle normativa comunitarie. La prova sarebbe in uno scambio di lettere e documenti tra Bruxelles e il direttore generale del Tesoro, responsabile del dipartimento-Banche del Mef, Alessandro Rivera. Da qui l’opinione che il provvedimento sia una sorta di bluff da giocarsi poi contro l’Europa in vista delle prossime elezioni…».
Alessandro Rivera, l’arma brandita
Benissimo raccogliere le voci, un po’ azzardato farlo riportando acriticamente, e senza verifiche, il nome di chi, addirittura «il direttore generale del Tesoro, responsabile del dipartimento-Banche del Mef, Alessandro Rivera», si sarebbe fatto… sfuggire delle lettere e dei documenti scambiati con Bruxelles con la bocciatura preventiva del fondo di indennizzo, alimentato non certo da tasse pubbliche e che non incide sul famigerato rapporto deficit/Pil, “sacro” all’Europa della finanza.
Il fondo e la UE
Non incide questo fondo, oggi di circa un miliardo cinquecento settantacinque milioni, quelli, guarda caso, stanziati per gli indennizzi, perché proveniente dai fondi dormienti già iscritti in un capitolo di finanziamento e spesa, quello dei denari riservati alle vittime di reati finanziari, contemplati come risarcibili dalle autorità europee, e istituito dall’ex ministro berlusconiano Giulio Tremonti con la legge 266 del 23 dicembre 2005, i cui decreti attuativi, non dimentichiamolo e non trascuriamolo, sono arrivati solo tre anni e mezzo dopo per l’opposizione feroce del solito sistema, che oggi vorrebbe azzerati, dopo i soci, anche gli indennizzi e di cui certi media e certi politici sono portavoce o megafoni, consapevolmente o a loro insaputa.
Criticità al MEF
Ci soffermiamo oggi su questo aspetto, quello del firmatario di lettere e documenti boccia fondo, per i risparmiatori terrorizzati, prima di tornare a breve su alcuni aspetti tecnici.
Dopo che il Capo di gabinetto dello stesso Ministero, Roberto Garofoli, nominato da Giovanni Tria ma inviso al M5S così come il ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, si è (è stato) dimesso per una storia di conflitto di interessi, volete che il terzo dei prescelti dal neo ministro in continuità col predecessore Pier Carlo Padoan, il cui solo nome fa rabbrividire i risparmiatori delle banche con lui defunte, il fresco direttore generale Rivera, anche lui non gradito dai 5 Stelle, abbia giocato a farsi male rendendo possibile identificare la sua manina su qui presunti documenti?
Per chi non lo sapesse Rivera (basta cercare sul web e leggere, ad esempio, quanto scrive al link precedente il CorSera) è «figura di riferimento dell’Italia in tutti i negoziati di natura economico-finanziaria a Bruxelles, e lo resta. Da anni e anche in questi giorni è sempre alla ricerca di compromessi con la Commissione Ue sugli impegni del Paese…», tra cui quello complessivo tra il premier Giuseppe Conte e l’Europa sulla manovra, che “comprende” come un tutt’uno gli indennizzi.
La strumentalizzazione
E allora, come è più che probabile, lo suggeriamo al nostro giovane collega, quel ruolo di Rivera lo ha suggerito come credibile protagonista del boicottaggio implicito degli indennizzi a chi, politica in via di estinzione genetica e (dis)informazione main stream, anch’essa morente, vuole screditare e distruggere il lavoro fatto dal M5S e per suo conto dal sottosegretario Alessio Villarosa con gli altri componenti del governo, alcuni, bisogna dirlo, di sicuro meno attivi come Matteo Salvini e Massimo Bitonci, anche perché dati, loro sì ma noi speriamo di no almeno nel caso specifico, come più vicini al “sistema”?
Il ruolo di Brunetta, Codacons Veneto e PD
Non pensiamo, quindi, che il dr. Alessandro Rivera possa aver gradito le voci fatte circolare su di lui, e amplificate non solo da GdV ma dalla stampa di sistema, da un veneto come Renato Brunetta, col beneplacito del Partito Democratico e di alcune associazioni sue fiancheggiatrici che, qui, e solo qui, Luigi Ugone aveva purtroppo ragione, comprendono il Codacons Veneto di Franco Conte, amico e difensore strenuo di Achille Variati (questo ci doveva bastare come campanello di allarme ma ci ha abbindolato, lo confessiamo), anche lui politico di lungo corso (con famiglia annessa) ed ex consigliere comunale di Venezia in quota PD.
E Franco Conte ha, anche, oltre ad altri “interessi” professionali e associativi, un genero, anche lui veneto, Andrea Ferrazzi, senatore del Partito democratico, quel partito che ha promosso la legge 205, architrave progettuale della legge attuale, di cui l’allora premier ancora in carica Paolo Gentiloni non ha avuto la forza e la volontà di emanare i decreti attuativi già bollinati, e da noi svelati.
Le contraddizioni
Eppure Codacons e Pd sostenevano, non senza ragioni, che la 205 andava attuata subito e senza indugi perché, pur se con solo 100 milioni a disposizione in 4 anni invece che gli attuali 1.575 in tre (il 2018 è passato invano per colpa di Ugone, don Torta, Arman & c.), il primo “indennizzato” sarebbe diventato un precedente giuridico utilizzabile da tutti e tale da far incrementare i fondi col meccanismo già allora individuato, quello dei fondi dormienti, e ora esplicitato dalle norme contenute nella legge di bilancio 2019.
I fatti ad oggi
Ecco, quindi, che “l’opinione che il provvedimento sia una sorta di bluff da giocarsi poi contro l’Europa in vista delle prossime elezioni…” riferita dalla stampa come la denuncia di un disegno diabolico del M5S (con la Lega, ripetiamo, che ora dovrà essere molto chiara al riguardo e totalmente leale non solo con i pentastellati ma più ancora con i risparmiatori azzerati) va solo così corretta: “il desiderio dell’opposizione che il provvedimento per gli indennizzi venga bocciato dall’Europa, grazie anche ad averne sollecitato nuovamente l’attenzione, per attaccare il governo gialloverde, dovrà essere respinto con ogni forza”.
Pierantonio Zanettin, la parte “buona”
In ciò concordiamo col deputato vicentino, Pierantonio Zanettin, quando afferma «Sicuramente il provvedimento previsto per il rimborso dei risparmiatori delle Popolari è positivo, anche per avere facilitato la possibilità nella presentazione delle domande. Non vorrei che qualcuno volesse “usare” ancora i risparmiatori a scopi elettorali…» “censurando”, lo diciamo esplicitamente, quanto ha ufficialmente aggiunto al giornale di Confindustria Vicenza condividendo le “preoccupazione” (elettorale) del partito suo e, purtroppo, di Brunetta) e riportando, ecco il motivo della… censura pro veritate, quanto ha detto a noi direttamente a voce (e non per telefono…) e guardandoci in volto sabato 29 dicembre al Caffè Il Cigno a Roma:
«Da vicentino non posso che sperare che questa legge sugli indennizzi venga attuata al meglio e quanto prima possibile per ridare i risparmi e la dignità ai miei concittadini e, di conseguenza, a tutti i risparmiatori ingannati dalle banche interessate al provvedimento. Opererò di conseguenza, per quanto di mia competenza da parlamentare “anziano”, e mi auguro che eventuali asperità della formulazione della legge vengano smussate in sede di emanazione del relativo decreto attuativo previsto entro il 31 gennaio 2019″.
Questo decreto è uno dei 161 da emanare ad attuazione della legge di bilancio… tanti da poter permettere a qualcuno di giocare al massacro creando difficoltà agli indennizzi.
Qualcuno ha bluffato? Qualcuno sollecita la UE e il sistema ad intervenire?
Noi vigileremo e vi informeremo, sempre, tanto più che i rumors aumentano, facendo felici coloro i quali preferiscono lo scontro con l’Europa, che si soffermerebbe sull’inesistenza di un lodo o di una decisione terza, che era previsto, invece, dalla 205, alla soluzione per i soci azzerati!
Vero Matteo Salvini e funzionari con manine retrattili?
N.b. Articolo scritto il 7 gennaio alle 0.49, aggiornato nelle ultime due frasi oggi, 14 gennaio, alle 21.15