Decreto rimborsi, Il Sole 24 Ore: niente filtri preventivi

281

Veneto e banche regionali. Rush finale per il provvedimento che muove i 100 milioni stanziati dalla manovra

Mentre il contratto M5s-Lega promette di rivedere il bail-in e di allargare ai piccoli azionisti la platea dei risparmiatori traditi con diritto al rimborso, al ministero dell’Economia si prova il rush finale per approvare il decreto chiamato ad avviare gli indennizzi per chi è incappato nella risoluzione delle quattro banche regionali (già interessate dal primo salva-risparmio) e nella liquidazione coattiva di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Con una novità importante: il provvedimento, nella sua ultima versione, non fisserebbe requisiti patrimoniali o reddituali per accedere ai rimborsi. 


La domanda, in pratica, sarebbe aperta a tutti i risparmiatori colpiti, a patto di aver ottenuto dall’arbitro Anac o da un giudice la certificazione del danno subito imposta dalla legge. Il testo è stato preparato dal Mef nelle scorse settimane, la sua corsa è stata poi rallentata dal confronto tecnico negli uffici del governo, ma dopo un’ultima riunione ieri mattina prova ora a sfruttare quelli che dovrebbero essere gli ultimi giorni di «gestione degli affari correnti» dell’esecutivo Gentiloni.
Il provvedimento deve muovere i 1oo milioni in quattro anni messi a disposizione dall’ultima manovra per limitare i danni prodotti dalle banche saltate, ovviamente con un occhio di riguardo per i due istituti veneti che non erano stati interessati dalla prima tornata dei rimborsi. Trai compiti più delicati
IL MECCANISMO
Il governo evita di fissare condizioni di reddito patrimonio per l’indennizzo. Essenziale il fattore-tempo per accedere al fondo del decreto, spiega il comma 1107 dell’ultima manovra che l’ha previsto, c’era quello di individuare i «requisiti» dei risparmiatori da sostenere. Nel caso delle quattro banche regionali andate in risoluzione, per esempio, era stato deciso di aprire la via al rimborso a forfait solo a chi non superasse i 35 mila euro di reddito o i 100 mila euro di patrimonio mobiliare, imponendo agli altri la strada dell’arbitrato Anac. Nel nuovo fondo, il riconoscimento arbitrale o giudiziario del danno subito è una pre-condizione posta dalla legge, e questo aiuta il ministero a evitare di arrampicarsi nell’individuazione di puntuali requisiti soggettivi, attività delicata per un governo in uscita.
Se questa impostazione non sarà ritoccata in extremis, il fattore tempo diventerà fondamentale anche per i risparmiatori che ambiscono all’indennizzo.
Il fondo mette infatti a disposizione 100 milioni in quattro anni, una somma (anche se raddoppiata rispetto allo stanziamento iniziale) che lo stesso governo Gentiloni ha definito a suo tempo importante per iniziare ma insufficiente per venire incontro a tutti. Il rimborso sarà quindi possibile «fino a concorrenza delle risorse» disponibili, con una clausola indispensabile per ottenere il via libera della Ragioneria generale e non creare una platea di aventi diritto, e quindi una spesa potenziale, impossibile da quantificare a priori. Nelle intenzioni corali di tutta la politica, questo sarebbe solo il primo passo, e il contratto M5S-Lega prevede di finanziare le prossime misure anche pescando dal bacino delle polizze dormienti, che secondo l’Ivass può valere fino a 190 miliardi. Ma questa è un’altra storia, ancora da scrivere.  

di Gianni Trovati da Il Sole 24 Ore