Decreto sicurezza bis: ecco cosa prevede

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Il decreto che contiene “disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”, noto alle cronache come decreto sicurezza bis (un primo decreto sicurezza è stato approvato nel novembre scorso), dopo il voto della Camera attende il passaggio in Senato per la definitiva conversione in legge. Ma dato che i termini di scadenza sono molto stretti e che il testo è stato blindato dai partiti di maggioranza (come dimostra la questione di fiducia posta a Montecitorio), è del tutto ragionevole ritenere che a Palazzo Madama non saranno apportate variazioni rispetto ai 18 articoli approvati dai deputati.
Il provvedimento si occupa prevalentemente di immigrazione e di manifestazioni pubbliche. E’ soprattutto sul primo tema che si è concentrata la comunicazione politica dei proponenti, all’insegna di una “stretta” sulle operazioni di soccorso operate in mare dalle Ong, che a ben vedere risultano essere il bersaglio sostanziale del decreto.

La legge di conversione, peraltro, ha ulteriormente aggravato gli aspetti punitivi del testo originario che pure già aveva sollevato molte critiche da parte di giuristi, operatori, associazioni e organismi internazionali.

La sanzione pecuniaria per il comandante della nave “in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane” potrà andare da un minimo di 150 mila a un massimo di un milione di euro (da 10 mila a 50 mila euro era la previsione di partenza). Ci sarà la confisca immediata dell’imbarcazione (quindi non dopo la reiterazione del reato) e l’arresto in flagranza del comandante in caso di “resistenza o violenza” contro nave da guerra. L’imbarcazione sequestrata potrà essere subito affidata in via cautelare a polizia, capitaneria di porto o marina militare e, se la confisca sarà confermata in via definitiva, diventerà proprietà dello Stato.
Dal punto di vista istituzionale, il decreto convertito in legge introduce due novità rilevanti e molto controverse per quanto riguarda le competenze degli organi dello Stato. Stabilisce infatti che il ministro dell’Interno possa “limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale” per ragioni di ordine e sicurezza ovvero quando si possa presupporre che sia stato compiuto il reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Per le indagini su questo tipo di reato – ed è la seconda novità – la competenza giudiziaria passa alle procure distrettuali antimafia, che potranno disporre anche intercettazioni e operazioni sotto copertura.

Negli articoli in cui si affronta la questione dell’ordine pubblico, si introduce una nuova fattispecie di reato, che punisce “chiunque, nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, utilizza – in modo da creare concreto pericolo a persone o cose – razzi, fuochi artificiali, petardi od oggetti simili, nonché facendo ricorso a mazze, bastoni o altri oggetti contundenti o comunque atti ad offendere”.

Viene vietato l’uso di caschi e di ogni dispositivo che impedisca il riconoscimento delle persone e si prevedono aggravanti per tutta una serie di reati che vanno dalla resistenza a pubblico ufficiale alla devastazione e saccheggio, dall’interruzione di pubblico servizio a “violenza e minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti”.
Per quanto riguarda l’ambito sportivo, il decreto prevede soprattutto un allargamento del Daspo. Il divieto di accesso viene infatti previsto per «coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza», anche se i fatti sono avvenuti all’estero.
Tra le tante voci critiche della società civile che si sono espresse pubblicamente sul decreto, da segnalare in particolare quella del Tavolo Asilo Nazionale, di cui fanno parte alcune delle principali organizzazioni impegnate nell’accoglienza, come le Acli, la Comunità di Sant’Egidio, il Cnca, il Centro Astalli, la Comunità Papa Giovanni XXIII e molte altre. Le associazioni del “Tavolo” , si legge nell’appello, sono “profondamente preoccupate per come il governo sta affrontando il tema dei diritti delle persone migranti, del loro salvataggio in mare, dell’accoglienza nei territori” e ritengono necessario ribadire che, “come previsto dalla nostra Costituzione, l’Italia debba promuovere politiche inclusive e di accoglienza, anziché contrastare chi salva vite umane”.