Decreto sicurezza e unioni civili, lettera aperta di Ciro Asproso al sindaco di Vicenza Francesco Rucco

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Decreto sicurezza
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Preg.mo Sig. Sindaco di Vicenza Francesco Rucco, poiché in questi giorni si fa un gran parlare del Decreto Sicurezza e della protesta messa in atto da alcuni sindaci delle grandi città, tra gli altri, da Orlando e De Magistris, vorrei richiamare la Sua attenzione su una frase che ha per me il medesimo effetto di un boomerang ben lanciato:

“Io invito, al di là del partito, qualunque amministratore locale a seguire la sua coscienza e se ritiene sbagliata questa legge non applicarla”, Matteo Salvini.

No, non è una fake news, queste parole sono state realmente pronunciate dal leader della Lega durante un comizio a Bari, ma nel 2016, e la Legge in questione era quella sulle Unioni Civili. In quell’occasione Salvini arrivò persino a citare Don Milani: “Se una legge è sbagliata si può disapplicare”. Evidentemente la Legge non è sempre uguale per tutti, se ora lo stesso Salvini chiede ai sindaci “obiettori” di dare le dimissioni. Ciò Detto, temo che lo scontro istituzionale in atto rischi d’ingenerare ancor più confusione nell’opinione pubblica, alimentando quel tifo da stadio che è nemico della comprensione e che disorienta la gente comune.

A maggior ragione mi ha molto sorpreso che Lei abbia sottoscritto la lettera inviata al presidente dell’ANCI, Antonio De Caro, da un gruppo di sindaci filo-governativi. In quella missiva si critica De Caro per il solo fatto di aver proposto un “tavolo di confronto per apportare i necessari correttivi (al Decreto Legge, ndr) che così com’è non tutela i diritti delle persone”, e si afferma che il “Decreto Sicurezza contiene norme e principi giusti e condivisibili”.

Io ritengo che il Decreto Salvini sia profondamente sbagliato e incostituzionale, ma qui ci addentriamo nel campo delle opinioni, spetterà quindi alla Corte Costituzionale ristabilire la verità dei fatti. Credo tuttavia che i cittadini vadano ben informati e un sindaco che sa fare il suo mestiere dovrebbe almeno riconoscere che le norme sono controverse, di difficile applicazione e rischiano di innescare una “bomba sociale” che aumenterà ancor più la sensazione d’insicurezza.

Tra le norme più contestate vi è appunto quella che vieta ai richiedenti asilo di essere iscritti nei Registri anagrafici, di avere una residenza, di ottenere la carta d’identità, per intenderci, che li costringe in un limbo burocratico e ad una vita da irregolari senza dignità. Il paradosso per un sindaco è che l’iscrizione anagrafica, in realtà, è il sistema più sicuro che ha un Comune per verificare la presenza di persone sul proprio territorio.

La nuova Legge abolisce inoltre il permesso di soggiorno per motivi umanitari, che veniva riconosciuto in attuazione dell’articolo 10, comma 3 della Costituzione e che dava diritto alla ricerca di un lavoro e all’assistenza sociale. Coloro che hanno tale permesso in scadenza non potranno rinnovarlo, ma non per questo scompariranno dal territorio nazionale. Semplicemente, pur rimanendo in Italia gli sarà negato il diritto di esistere, non potranno proseguire un percorso d’integrazione sociale e lavorativa già avviato, e com’è facile pronosticare, saranno facile preda di persone senza scrupoli e di organizzazioni criminali.

Stessa cosa dicasi per gli SPRAR. Attualmente i richiedenti asilo in attesa di risposta venivano avviati in piccoli Centri diffusi sul territorio e sotto il controllo dei Comuni (in Provincia vi sono molteplici esempi di Comuni virtuosi, tra cui Vicenza), dove ricevevano accoglienza, seguivano corsi di lingua italiana, svolgevano lavori di pubblica utilità.

D’ora in poi potranno accedervi solo i minori non accompagnati e coloro che sono già in possesso della protezione internazionale. Tutti gli altri saranno sbattuti fuori e convogliati nei Centri di Assistenza Straordinaria, dove si pratica una stanzialità inoperosa e senza speranza che non prevede alcun tipo d’integrazione.

Sembra quasi che l’unico scopo del Decreto Legge, al di là del chiaro intento propagandistico, sia quello di alimentare il “circuito dell’odio” e dell’intolleranza.

A dispetto del suo nome altisonante il Decreto rappresenta un grave problema di sicurezza per le nostre città che rischiano di subire gli effetti devastanti di norme cervellotiche e demagogiche. I sindaci più avveduti l’hanno compreso e la richiesta del presidente dell’ANCI, di incontrare il capo del Governo per addivenire ad una possibile soluzione, va incoraggiata e sostenuta con decisione.

In questi anni di profonda crisi e di scarsa legittimità della classe politica, solo i sindaci hanno mantenuto un certo grado di credibilità e di vicinanza al cittadino. Spetta a loro dimostrarsi degni di tale fiducia, accantonando le appartenenze partitiche, contrastando questa deriva ideologica, e lavorando coscienziosamente per risolvere i problemi, anziché crearne di nuovi.

Che poi, è l’unica cosa che conta veramente agli occhi degli elettori.

Ciro Asproso

Consigliere comunale di Coalizione Civica