Def 2024, cala il Pil e risale il debito: pesa la zavorra Superbonus

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def 2024 Superbonus

Crescita ribassata e debito in salita ma sotto la soglia del 140% per l’impatto “devastante” di 219 miliardi di bonus edilizi: il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al Def 2024 in versione light con le stime a politiche invariate, in attesa di vedere l’evoluzione dei negoziati con la Commissione Ue che a giugno proporrà all’Ecofin l’apertura di una procedura sui conti italiani.

Un passo atteso per l’Italia, che ha chiuso il 2023 con un deficit al 7,2% del Pil, ma anche per la Francia e una decina di partner europei.

Nel 2024 il Pil crescerà dell’1%, con un taglio di due decimali rispetto all’1,2% indicato nella Nadef dello scorso autunno. Nel 2025 la crescita segnerà +1,2% (contro +1,4% della Nadef); nel 2026 +1,1% (1% a settembre). Il deficit è confermato al 4,3% come nella Nadef, calerà poi al 3,7% del pil nel 2025 (era al 3,6% nella Nadef), poi ulteriormente giù al 3% nel 2026 (era al 2,9% nella Nadef). Il debito quest’anno dovrebbe attestarsi al 137,8%, per poi salire al 138,9% nel 2025 e al 139,8% nel 2026, invertendo il trend di lieve discesa della Nadef, anche alla luce dell’aggiornamento dell’Istat del dato del 2023 che indicava un forte calo del debito al 137,3% del Pil. Nel quadro programmatico dello scorso autunno, il debito calava progressivamente dal 140,1% del 2024 al 139,9% del 2025, fino al 139,6% del 2026.

A pesare sullo stock del debito è “l’impatto devastante del superbonus e simili”, spiega il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. ”L’andamento del debito è pesantemente condizionato dai riflessi per cassa dal pagamento dei crediti fiscali del superbonus nei prossimi anni. Questa enorme massa di 219 miliardi di crediti edilizi scenderà in forma di compensazione nei prossimi anni, e diventeranno a tutti gli effetti debito pubblico, anche ai fini contabili”, aggiunge. Da qui l’avvertimento ai furbetti della moneta fiscale. ”Quello che non cessa adesso è la verifica e il controllo della bontà di questi debiti” che ”ha già portato, ad oggi, a circa 16 miliardi di crediti annullati e sequestrati a vario titolo”, scandisce il titolare di via XX settembre.

Il Def ‘light’ risponde all’esigenza – comune ad altri paesi membri – di tenere conto della “rivoluzione” delle regole Ue per le quali ancora mancano le disposizioni attuative. Le previsioni programmatiche, annesse quindi di eventuali spese e/o correzioni, arriveranno con il piano strutturale da presentare entro il 20 settembre e che rappresenta la cornice della manovra 2025. ”Ovviamente la nostra volontà è di presentarlo prima, quando saranno disponibili tutti gli elementi, prima di tutto la traiettoria tecnica che dovrebbe essere resa disponibile presumibilmente nella seconda metà giugno da parte dell’Unione europea” con la procedura per extra-deficit. Il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni nei giorni scorsi aveva indicato la possibile data del 18 giugno.

Per la manovra partirà la consueta caccia alle risorse tanto più che l’Italia sarà sotto procedura Ue che prevede – al netto della trattativa per ottenere le attuanti – un taglio del deficit strutturale di 0,5 punti percentuali. Tra i risparmi per consolidare i conti il governo ragiona a nuove sforbiciate della spesa dei ministeri. “Al ministero – riferisce Giorgetti – stiamo pensando come andare ulteriormente avanti in questa direzione di tagli di spesa, non auspicavamo il disastro del superbonus e questo complica il quadro onestamente”.   Tagli a parte, Giorgetti assicura l’impegno per prorogare il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori anche nel 2025. Nel prossimo piano dovremo “tenere conto del nuovo quadro ma anche degli obiettivi come la decontribuzione che ha restituito un po’ di fiato agli italiani”, dice. ‘”Quando si farà la legge bilancio si troveranno le forme per confermare” il taglio del cuneo che “è la priorità numero ‘uno'”, sottolinea.

A spingere la crescita dovrebbe contribuire l’attuazione del Pnrr che il governo vorrebbe estendere oltre l’orizzonte temporale del 2026. “Ho già chiesto in Europa una proroga: mi hanno sconsigliato, quindi io insisto. Non so se vi siete resi conto che dopo l’approvazione del Pnrr è scoppiata una guerra in Europa. A Bruxelles non vorrei che si facesse come a Roma, che la proroga si decide il giorno prima”, sarebbe invece preferibile decidere con largo anticipo anche “per allentare la tensione e le pressioni sui prezzi”, conclude il ministro.

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