Diego Nota, alla ricerca musicale della Ciociaria perduta

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Diego Nota in concerto
Diego Nota e la sua band in concerto

Diego Nota è un artista della scena indie, di origini Ciociare, già cantante e compositore negli Ultimavera, band nata agli inizi degli anni 2000 a San Giovanni Incarico. Diego ha poi sentito la necessità di potersi esprimere più liberamente, e ha intrapreso la sua carriera solista. Producendo, a parere di chi scrive, uno dei migliori dischi degli ultimi decenni del panorama cantautoriale italiano: Anarchia Cordis (2013). E ripetendosi ancora con Esercizi per Scomparire (2018), che è anche arrivato a farsi notare da RadioRai. Non poco per un cantautore indie, che fa dei concerti live la sua unica maniera per farsi conoscere.

Ciò che rende le canzoni di Nota di altissimo spessore è la cura dei testi. Testi mai scontati, sempre in bilico tra serio e il surreale, sempre profondi e contemporanei, sempre a raccontare la vita (e la sopravvivenza) degli sconfitti.

Oh madre sconosciuta insegnami a pregare

Nel nome dell′ingegno e non di una morale

Che in questa sporca società non ho trovato un ruolo

Insegnami ad amare l’inganno della vita

Bella mia, scappiamo via, non c’è rimasto nulla.

Soltanto un po’ di terra e il bianco della luna (DA: ANARCHIA CORDIS)

L’aspetto linguistico è curato fino alla poesia.

C’è una porzione di luna piena che splende sulla tua schiena
Illumina la tua pelle indifesa illumina la tua pena
Come l’increspatura del mare batte sopra lo scoglio (da: PIANGONO LE RAGAZZE)

E comunque sempre a cantare i tormenti umani

Le donne che tremano sugli altari in preda all’ansia dell’avvenire

Non hanno tempo di riposare ma prima o poi le vedrai dormire

Lasciamole dunque piangere un poco

Se il loro dormire somiglia a uno sfogo

Lasciamole dunque accendere un fuoco se

La fiamma si spegne in un rivo di sangue… (da: RADIO SILENZIO)

Diego è ora a preparare il suo terzo disco, che è in uscita nella prossima primavera. Abbiamo provato a capirne di più della sua vita e della sua arte. Ammesso che l’una possa essere disgiunta dall’altra.

Piero Ianniello: Nasci come musicista nelle lande ciociare. Sei ancora legato a questi luoghi? Come pensi abbiano influenzato la tua arte?

Diego Nota: Quando ho iniziato a scrivere canzoni, il legame con il territorio in cui vivevo era fortissimo. I luoghi diventano simbolici e la struttura dei testi spesso e volentieri si reggeva proprio intorno ad essi: vedi Santodromo, Lunazioni, Scene della vita di provincia; in queste canzoni il territorio oltre che a svolgere delle funzioni spaziali strutturali, di cui ne ho parlato qui, si tinge anche di venature fantastiche in cui i luoghi della vita di tutti i giorni vengono descritti con sfumature “meravigliose”.
Ai paesaggi della Ciociaria, specie quelli nel paese in cui ho vissuto fino a dieci anni fa (San Giovanni Incarico) e dove ho passato l’infanzia (San Donato Valcomino) sono fortemente legato; ma ci terrei ad aggiungere un altro fondamentale legame che mi ha influenzato nella scrittura, si tratta questa volta di un uomo, di un pilastro della letteratura italiana, Tommaso Landolfi, nato nel nostro territorio ciociaro, a Pico Farnese. E’ stato lo scrittore che più mi ha influenzato nella stesura dei testi, soprattutto perché nei suoi racconti è presente il nostro territorio, descritto in una maniera unica.

P.I.: Poi però hai scelto di migrare per altri lidi. Roma, Milano, e poi?

D.N.: Fino a circa dieci anni fa ero convinto che la musica avrebbe potuto essere la mia professione definitiva e che le mie canzoni sarebbero state il mio stipendio. Non è andata proprio così, ecco perché mi sono trasferito. La Ciociaria è un posto incantevole, ma purtroppo (non ho dati alla mano) c’è un alto tasso di disoccupazione. Questo mi ha spinto a trasferirmi e cercare lavoro altrove.
Ovviamente continuo a scrivere canzoni, a suonarle dal vivo e ad avere una band, composta da persone che per esigenze di cui sopra hanno tutte un lavoro parallelo a quello del musicista. La professione del musicista è dura, spesso c’è chi afferma di avercela fatta, senza specificare alcuni elementi fondamentali, come ad esempio agevolate situazioni economiche antecedenti all’inizio del percorso musicale. Per quello che mi riguarda, ho sempre avuto forti difficoltà a dover lavorare solo con la musica.

P.I.: Da queste parti rimane una sorta di impossibilità per gli artisti di esprimere la propria arte. Quanto meno se si ambisce a livelli qualitativi più alti. Cosa pensi si potrebbe migliorare, e chi ne potrebbero essere gli attori?

D.N.: Sì è vero. Specie negli ultimi anni esprimere la propria arte diventa quasi impraticabile. Mancano i locali. La causa non è riconducibile alla pandemia, poiché anche prima di essa la musica dal vivo aveva subito una brusca frenata. Percorrendo la provincia da Cassino a Frosinone, non esistono locali in cui suonare dal vivo e, ad essere sincero, anche quando in passato sulle dita delle mani si contava qualche locale in più, nessuno di essi offriva delle condizioni dignitose ai musicisti.
Se fai ad un gestore di un locale la stessa domanda che hai fatto a me, ti risponderà che a causa delle spese che deve affrontare non riuscirebbe mai a dare ad un gruppo qualcosa di più significativo di un panino e una birra. Quindi il problema della carenza di musica dal vivo in provincia non dipende dai gestori dei locali, e non dipende neanche da chi gestisce il territorio. L’unica soluzione, a mio avviso, è il rilancio di un certo genere musicale.
Ti faccio un esempio spero calzante. Nell’edizione 2021 di x Factor c’è una band originaria di Ceprano. Se questa band dovesse affermarsi a livello nazionale ne gioverebbe anche il territorio; i ragazzi inizierebbero a prendere spunto da loro, tornerebbero a suonare la chitarra (strumento che le generazioni attuali hanno appeso al chiodo),  innescando un processo che tra qualche anno potrebbe trasformarsi in un ritorno della musica suonata nelle cantine.

P.I.: E in generale, sul piano sociale, cosa ne pensi della situazione del Basso Lazio?

D.N.: Il primo flagello che mi viene in mente è lo smaltimento dei rifiuti. Il basso Lazio, e più precisamente la zona del basso Liri, e più precisamente San Giovanni Incarico, vive una situazione definitivamente compromessa per quanto riguarda l’inquinamento ambientale. Abbiamo una discarica in espansione ed un inceneritore a due passi dalle nostre case. Da anni c’è un aumento delle malattie tumorali. La salute dell’ambiente incide definitivamente sulla salute delle persone, e questo dalle mie parti si verifica ormai da anni.
Il fiume Sacco entra con il suo carico di immondizia industriale nel lago di Isoletta San Giovanni Incarico, poi deposita il veleno accumulato nel suo percorso da Colleferro in poi, e poi si incontra con il fiume Liri: ne viene fuori un mix letale (il tutto finisce poi nel Garigliano, n.d.a).
Il nostro territorio è stato definito ormai compromesso. Mi dispiace per chi sta crescendo i propri figli in questi posti, e mi dispiace che la maggior parte delle persone, me compreso, siano impotenti davanti a questo scempio. Siamo arrivati in un punto di non ritorno, in cui ormai sembra impossibile modificare la situazione esistente. Non vorrei mai essere nei panni di chi gestisce questo territorio, non dormirei la notte. Sarebbe giusto dare spazio alle arti e creare i presupposti per uno sviluppo culturale migliore, ma se le persone si ammalano definitivamente a causa dell’inquinamento, queste tematiche sembrano passare immediatamente in secondo piano.

P.I.: Parliamo ora dei tuoi dischi. Dopo Anarchia Cordis e Esercizi per scomparire, stai ora preparando il tuo terzo disco. Quando uscirà, e cosa possiamo anticipare ai lettori?

D.N.: Sarà un disco composto da sei tracce. Credo che lo farò uscire solo in vinile. La data di pubblicazione è prevista per la prossima primavera. Sinceramente ancora non so dirti quale sia il filo conduttore tra una canzone e l’altra, ammesso che ci sia. E’ sicuramente un disco diverso dagli altri, più melodico, più vicino al cantautorato classico per quanto riguarda le linee melodiche, ma distante da esso musicalmente perché ricco di sintetizzatori e arpeggiatori.
Non sarà un disco che vuole fare l’occhietto al rap, alla trap, all’ hip hop ecc.
Ecco … per rimanere in tema, credo sia un disco scritto da una persona che si è allontanata dal suo territorio di nascita e che sta perdendo riferimenti spaziali conosciuti, ma ne sta scoprendo altri. Potrebbero essere interessanti le evoluzioni strutturali riguardo ai nuovi spazi.
E’ un disco a cui tengo molto, e rispetto al precedente lavoro (nato in quattro città diverse e scritto durante quattro trasferimenti) questo è un disco sedentario, cosa che porta ad una riflessione e ad una scrittura diversa. Qualcosa sicuramente è cambiato, io sono sicuramente cambiato. Ho un approccio con la musica più gioviale: non è più una rabbiosa necessità, ma una piacevole compensazione tra il rumore di fondo della quotidianità ed il silenzio della mia stanza quando sono pronto per scrivere e comporre.

P.I.: Chi sono i musicisti che ti accompagnano?

D.N.: Sono un gruppo di immigrati come me. Ci siamo conosciuti in età adolescenziale in Ciociaria, quando ancora i gruppi indie rock suonavano nei locali. Ognuno di noi faceva parte di altri progetti, ma dopo molti anni ci siamo ritrovati tutti a Roma e abbiamo formato la mia attuale band, composta da Maurizio Minnucci, che suona la chitarra, il pianoforte e gestisce le basi con un campionatore;  Marco Vallecoccia al basso, ai synth e alla voce; Gianluigi Nocella alla batteria. Siamo un gruppo affiatato: ci compensiamo a vicenda, ognuno sembra aver capito alla perfezione il ruolo dell’altro, nessuno ci rimane male se suonando qualcosa di sbagliato viene chiamato in causa con punizioni corporali. Tutti sono in accordo per un bene comune: la finalizzazione del brano.

P.I.: Rimarrà la stessa attenzione sul piano dei testi, che ha caratterizzato i tuoi precedenti lavori?

D.N.: Credo di sì. Almeno spero. Ma a me non piace restare aggrappato al passato, i testi del prossimo disco si staccano da quelli vecchi, sono completamente diversi: più vicini a quello che succede tutti i giorni. Opposti ai miei testi precedenti proprio per la necessità di avere un contatto con la realtà più forte rispetto ad un tempo che non esiste più.
Se in passato un luogo diventava un non luogo, uno spazio generava visioni e simbologie, oggi probabilmente lo stesso luogo è il palcoscenico di una presa di coscienza. La voce che viene dal profondo del cuore, le sensazioni percepite dal subconscio escono fuori in parole che grossomodo sono le portavoci di un intimità che si è sempre voluta nascondere dietro le funzioni narrative. La mia scrittura era paragonabile ad un depistaggio, nel quale i significati erano sempre nascosti nell’ombra. Nei testi dell’ultimo disco non ci sono depistaggi; non esistono supporti all’allegoria, e tutto quello che voglio dire lo dico senza troppe sofisticate chiavi di lettura.
Ho avviato un processo che potrebbe esser interpretato come di banalizzazione della scrittura, invece non è così: quando il significato si avvicina al significante senza frizione, senza cuscinetto, senza ammorbidente, il risultato non è la banalità, ma il realismo.

P.I.: Potremo contare su nuovi concerti nelle zone del Basso Lazio? Dove ti chiamano a suonare, di solito?

D.N.: Non voglio essere un disfattista. Ma durante il tour di “Esercizi per scomparire” (mio ultimo lavoro) sono davvero scomparso dalla Ciociaria. Abbiamo suonato in lungo e in largo per lo stivale, affrontando belle e brutte serate, ma in Ciociaria non abbiamo mai suonato. Non ci sono più locali dove si suona dal vivo.
Questo è veramente un dispiacere per me e per tutti i musicisti della zona. Spero vivamente che da qui alla prossima stagione qualcosa cambi. Vorrei poterti dire che faremo la presentazione del disco in un nuovo locale del basso Lazio. Lasciamo aperta questa domanda e con il piglio giusto speriamo in qualche cambiamento positivo …