Populismo? – Salvini raccoglie il favore delle aree esposte a concorrenza asiatica e automazione. Al sud ha pesato l’austerità sull’exploit 5Stelle
Le elezioni italiane del 4 marzo scorso hanno prodotto due vincitori chiari: la Lega e il Movimento 5 Stelle. Questo risultato è stato letto da molti osservatori come un trionfo dei populisti, legato a un diffuso disagio sociale ed economico. Secondo un nostro studio, però, un’interpretazione del voto basata esclusivamente sul concetto di populismo, di per sé inevitabilmente generico, non basta a comprendere le dinamiche alla base dei risultati.
Lega e Cinque Stelle si presentano, e sono percepite, come forze anti-elitarie alternative all’attuale sistema di potere. Le proposte economiche dei due partiti sono però diverse, e rispondono alle esigenze di elettorati distanti quanto a composizione sociale e geografica. Quali sono, allora, i fattori alla base del loro successo?
Nel dibattito sul populismo ci si è concentrati molto sul ruolo della globalizzazione e dei cambiamenti tecnologici: due fenomeni che producono vincitori e perdenti, generando diseguaglianze e malcontento. Per studiare il ruolo di questi due fattori nel contesto italiano, abbiamo calcolato indicatori che catturano l’esposizione di ogni regione alle importazioni di beni dalla Cina e all’introduzione dei robot nei processi produttivi. Lo stesso fenomeno ha, infatti, un impatto di intensità diversa tra regioni a seconda della struttura produttiva pre-esistente sul territorio. Ciò che conta è la percentuale dei lavoratori impiegati nel manifatturiero, e la loro distribuzione tra i vari settori.
Le importazioni cinesi sono cresciute esponenzialmente dall’inizio degli anni 90 fino alla crisi finanziaria del 2008: il periodo dello “choc cinese”. Questo fenomeno non ha avuto la stessa rilevanza in tutti i settori. Per esempio, le importazioni dalla Cina sono cresciute di più nel settore tessile che nel chimico. Di conseguenza l’impatto dello choc è stato più forte nelle regioni dove storicamente una percentuale maggiore di lavoratori era occupata nel tessile e negli altri settori di forza della Cina, come elettronica e arredamenti. Il nostro indicatore combina i dati settoriali sulla crescita delle importazioni con i dati sulla composizione occupazionale di ogni regione nel 1988, prima dello choc. Tra le regioni più esposte alle importazioni cinesi troviamo il Piemonte, la Lombardia, e il Veneto, quelle meno esposte sono Calabria e Molise.
Lo stesso approccio è stato seguito per calcolare l’impatto dell’adozione dei robot negli ultimi anni, che ha interessato più le aziende alimentari e della ceramica rispetto a quelle del mobile o dell’elettronica. Anche in questo caso troviamo la Lombardia tra le regioni più esposte, insieme all’Emilia Romagna, mentre Calabria e Campania sono all’estremo opposto.
Studi recenti negli Stati Uniti hanno mostrato come sia le importazioni dalla Cina che l’automazione dei processi produttivi generino perdite di posti di lavoro localizzate nelle aree più esposte. In linea con questi risultati, la nostra analisi ha rivelato un nesso causale forte tra l’esposizione regionale all’import cinese, e all’adozione dei robot, e il supporto elettorale per la Lega. Allo stesso tempo, questi due fattori non spiegano il successo dei Cinque Stelle.
Questo dato non sorprende: il movimento guidato da Luigi Di Maio ha infatti ottenuto i risultati migliori al Sud e nelle isole. Sono le zone d’Italia con meno industria, dove l’impatto di globalizzazione e automazione è strutturalmente meno rilevante. Alla base del supporto per i 5 Stelle sembra esserci un disagio economico di tipo diverso, legato al divario crescente tra il Nord e il Sud, che si è acuito negli anni della crisi e dell’austerity. La nostra analisi mostra una relazione significativa tra la percentuale di occupati nel settore pubblico, calcolata in ogni regione prima della crisi, e il voto per i Cinque Stelle. Questo risultato è in linea con l’idea che l’austerity abbia avuto un impatto maggiore nelle regioni dove più forte era il peso del settore pubblico nell’economia. E il Movimento 5 Stelle raccoglie più consensi nelle zone con maggiore disoccupazione e nelle aree dove più alta è la percentuale di giovani inattivi tra i 18 e i 29 anni. Questo indicatore include i cosiddetti “lavoratori scoraggiati”, che hanno perso anche la speranza di trovare un impiego, ed è particolarmente alto in tutte le regioni del Sud e nelle Isole.
Se il disagio economico è alla base del successo delle opzioni populiste, questo disagio ha radici e caratteristiche diverse, che hanno incontrato le proposte economiche divergenti dei due partiti vincitori. Nel caso dei 5 Stelle, la proposta di maggior rilievo è stata quella del reddito di cittadinanza, molto attrattiva per i disoccupati delle aree meno ricche. La Lega ha invece insistito su misure protezioniste contro la Cina e su una tassa per i robot, in combinazione con la “flat-tax” sui redditi. Sono misure rivolte soprattutto a chi un reddito lo ha già e lo vede messo in pericolo dalle trasformazioni globali in atto.
L’unico tratto in comune tra le proposte di Lega e 5 Stelle sembra essere l’insostenibilità dal punto di vista del bilancio pubblico. Non sarà facile trovare una sintesi che possa portare alla creazione di un governo Lega-5 Stelle.
di Massimo Anelli, Italo Colantone, Massimo Pulejo e Piero Stanig, da Il Fatto Quotidiano