Cari amici, oggi 24 settembre 2019 il Corriere della Sera dedica una pagina intera al disastro annunciato di Hasankeyf (antico gioiello della Mesopotamia) che scomparirà a causa di una diga voluta da Erdogan. Forse se la denuncia partiva da così autorevole desco un po’ prima, qualcosa si poteva fare. Quaderni Vicentini, per mano dell’ottimo amico e collega Gianni Sartori, aveva già descritto e denunciato nel numero 2/2019, intorno a giugno scorso. Non male come anticipazione. Ma noi siamo minuscoli.
VicenzaPiù vi propone questo articolo se non lo aveste già letto.
La diga di Ilisu in Turchia
Un crimine ambientale che annienta un gioiello della Mesopotamia antica, la città di Hasankeyf, e toglie case e territorio a 50 mila persone
di Gianni Sartori, da Quaderni Vicentini di giugno 2019
Probabilmente quando leggerete questa nota le acque avranno già inghiottito definitivamente (data prevista il 10 giugno) la città di Hasankeyf. La diga idroelettrica di Ilisu lo richiede. Questo gioiello della Mesopotamia e della Storia, antico di oltre 10 mila anni, è in sintonia con 9 dei dieci criteri adottati dall’Unesco, ma si trova
– sfortunatamente vien da dire – nella regione a maggioranza curda di Batman (sud-est della Turchia). Sottoposto quindi ad altri criteri, quelli della politica anti-curda dei governi turchi.
Come per il Vajont e per Itoiz (Paesi Baschi) la realizzazione di questa diga comporta irreversibili danni collaterali, sia ambientali che sociali. Oltre alla scomparsa di un patrimonio archeologico insostituibile, dovremo assistere alla distruzione della biodiversità
– soprattutto quella faunistica – in un’area che la stessa Turchia nel 1981 aveva classificato “zona di conservazione naturale”. E ancora: deforestazione, erosione del suolo (con possibilità di scosse di terremoti locali) e definitiva riduzione degli abitanti alla condizione di sfollati e profughi interni.
Era possibile intervenire per proteggere Hasankeyf?
Domanda ormai puramente accademica, temo. Va comunque ricordato che qui si sono sedimentati reperti e testimonianze di Sumeri, Assiri, Babilonesi, Bizantini, Omayyadi, Abbàssidi, Urtuqidi,Curdi. Le sue oltre 5 mila grotte e cavità e i suoi circa 300 tumuli non sonoancora stati adeguatamente esplorati e studiati. Ma da ora in avanti i loro segreti, tutte lepossibili scoperte e rivelazioni archeologiche, sono destinati a rimanere tali per l’eternità.
La riduzione dell’afflusso delle acque del Tigri alimenterà anche il degrado delle zone umide edelle paludi del sud dell’Iraq, già colpite dal cambiamento climatico.
Inoltre, con questa ennesima diga – una potenziale “arma impropria di guerra” – Ankara prenderà ancora più saldamente il controllo totale delle risorse idriche e sarà in grado diridurre alla sete – magari per ragioni geo-politiche – parte dell’Iraq.
Beatrice Raso di Meteoweb ha scritto: “Solo una piccola parte dei siti archeologici intorno ad Hasankeyf è stata scavata finora in una corsa contro il tempo degli archeologici che temono che i reperti storici andranno persi per sempre una volta che le autorità daranno il via libera per le inondazioni nelle prossime settimane. Le autorità locali stanno anche lavorando per salvare gli importanti siti storici di Hasankeyf spostandoli gradualmente. Un monastero islamico del XII secolo, un bagno turco di 800 anni fa e il mausoleo Zeynel Bey di 650 anni fa sono già stati spostati al nuovo Hasankeyf Cultural Park. Gli archeologi ritengono che la storia di Hasankeyf sia iniziata 12.000 anni fa, sulla base dei resti neolitici trovati nelle grotte circostanti. Nel corso dei secoli, mentre il Tigri diventava un importante crocevia per la Via della Seta, la città è passata nelle mani di Assiri, Ayyubidi e Ottomani. Gli ambientalisti temono anche che il delicato ecosistema del bacino del Tigri, casa di alcune delle civiltà più primitive, verrà alterato per sempre.”