Digitale e gas serra delle TIC, Aduc: dipende da ciclo di vita, da estrazione materie prime a fabbricazione, trasporto, uso e smaltimento

226
Digitale, gas serra e inquinamento
Digitale, gas serra e inquinamento

No, non escono gas serra dai nostri computer, tablet, cellulari, reti televisive e centri elaborazione dati, vale a dire dal settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) – scrive nella nota che pubblichiamo Primo Mastrantoni di  Aduc (qui altre note Associazione per i diritti degli utenti e consumatori su ViPiu.it, ndr) –.
L’apporto di gas serra dalle TIC è indiretto, connesso al loro ciclo di vita, dalla estrazione di materie prime, alla fabbricazione, al trasporto, all’uso e allo smaltimento.
Secondo uno studio della rivista Patterns, il settore TIC produce globalmente più gas serra di quelle emesse dall’aviazione civile. Infatti, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione generano tra il 2,1% e il 3,9% delle emissioni globali di gas serra, a fronte del 2,5% dell’aviazione civile.
Un paradosso? Vediamo.
Un esempio ci sembra utile per migliorare la comprensione.
La fabbrica che produce cellulari ha bisogno di energia elettrica che è prodotta da centrali; i mezzi di trasporto dei cellulari (navi, treni, autotreni) hanno bisogno di combustibili; la ricarica dei cellulari è effettuata con connessione all’impianto elettrico, il quale funziona perché ci sono stabilimenti che producono energia elettrica, ecc. Di conseguenza, indirettamente, tutto il sistema collegato ai cellulari produce gas serra. Ad oggi, il numero di Sim nel mondo ha raggiunto la cifra di 8 miliardi, dei quali il 70% è relativo agli smartphone (cellulari con funzione di computer palmari), il che implica più circuiti integrati, schermi e fotocamere. Si può, quindi, comprendere quanto concorra alle emissioni di gas serra la produzione e l’uso dei cellulari.
I tre componenti principali delle TIC, centri elaborazione dati, reti e dispositivi per l’utente, hanno un impatto diverso sulla quantità di emissioni che, secondo studi effettuati, variano dal 18 al 41% per i centri elaborazione, dal 22 al 35% per le reti e dal 31 al 57% per i dispositivi personali.
Da tener presente che, nei prossimi anni, il traffico dei dati continuerà a crescere, sicchè, la richiesta di centri di elaborazione dati e servizi di rete aumenterà e con essi la domanda di energia. In compenso, il passaggio agli smartphone diminuirà i flussi da computer e tv.
“Le emissioni del settore stanno progredendo di circa il doppio di quelle globali”, avvertono gli autori dello studio. Con questi ritmi il digitale potrebbe rappresentare il 35% delle emissioni totali.
Dunque, che fare?
Tutti gli analisti concordano sul fatto che le emissioni TIC non si ridurranno senza grandi sforzi concertati, che comportino un’ampia azione politica e industriale. Il risultato di tale esigenza è stato l’Accordo di Parigi, firmato da 195 Paesi. Nel 2019 la Commissione europea ha presentato il Green deal europeo, il piano per rendere l’Europa climaticamente neutrale entro il 2050.
Alcune soluzioni appaiono semplici come quella di fornire energia da fonti che non emettono gas serra che, però, a loro volta, presentano aspetti problematici, come l’impatto ambientale e l’intermittenza nella fornitura elettrica del fotovoltaico e dell’eolico. Altra fonte è il nucleare di quarta generazione, da realizzare, e il nucleare solare che ha tempi più lunghi di attuazione.
In sintesi, non ci sono risposte immediate. Occorre sperimentare e utilizzare le tecnologie che abbiamo a disposizione, senza preclusioni ideologiche, per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050.
(Dal quotidiano LaRagione del 20.10.2021)

Primo Mastrantoni, Aduc