Il divorzio tra passato e presente in Italia, Vicenza si adegua alla media nazionale: nel 2023 86 divorzi o separazioni e 243 matrimoni

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divorzi: ben 86 a Vicenza nel 2023, ma solo 243 matrimoni
Nel 1974, l'87,7% degli italiani votò contro l'abrogazione del divorzio

Vicenza si adegua alla media nazionale dei divorzi. Nel 2023, a fronte dei 243 matrimoni, ci sono stati ben 86 divorzi o separazioni. Mentre oltre 23mila Vicentini prediligono ad oggi la soluzione del “Meglio non sposarsi e andare a convivere” costituendo le cosiddette “coppie di fatto”. A livello europeo, l’Italia è uno dei Paesi dove ci si sposa meno. Ma non solo. I divorzi in Italia sono in netto aumento. Dalla pubblicazione dell’Istat “Noi Italia 2023” si può dedurre il valore medio nazionale del tasso di divorzi (14,1).

Questo è il risultato del rapporto tra il numero di divorzi rilevati a livello nazionale e il numero di elementi della popolazione presi in considerazione (in questo caso 10 mila): ci sono cioè 14,1 divorzi per ogni 10.000 abitanti. Tuttavia il metodo di calcolo qui usato non ricalca quello convenzionale. Per il calcolo di un tasso infatti, al denominatore dovrebbe esservi il numero di persone (in questo caso la popolazione italiana) entro cui si è rilevato il numeratore (in questo caso il numero di divorzi in Italia).

Nonostante questa difformità, dovuta forse a un desiderio da dare maggior visibilità al numero crescente di divorzi, la pubblicazione “Noi Italia” rimane un interessante quadro d’insieme dei diversi aspetti economici e sociali dell’Italia, tenendo anche e soprattutto conto delle differenze regionali. Fatta questa premessa, non sorprende che nella medesima rilevazione sia possibile trarre anche l’incidenza regionale di divorzi. Nella “classifica regioni” si trova al primo posto la Sardegna, seguita dalla Liguria, mentre le regioni con i matrimoni più duraturi rimangono la Basilicata e la Provincia Autonoma di Bolzano.

Il 2021 è stato l’ ultimo anno in cui, nella penisola italiana, le separazioni sono state meno di 100mila. Allora il loro numero complessivo si attestava a 97.913 (con un aumento del 22,5% rispetto al 2020). Nello stesso anno, i divorzi sono stati 83.192 (anche in questo caso in aumento rispetto agli anni precedenti). Quest’ultimo dato viene giustificato dall’entrata in vigore nel 2015 della legge sul “divorzio breve” che ha facilitato i modi e affrettato le tempistiche per ricorrervi.

La storia del divorzio

 Il 1º dicembre 1970 con la legge numero 898 anche detta “Fortuna-Biasin”, il divorzio entrò nell’ ordinamento giuridico italiano. Tale legge porta il nome del deputato Loris Fortuna. Questo parlamentare socialista con l’aiuto del Partito Radicale sensibilizzò in quegli anni in maniera decisiva l’opinione pubblica tramite numerose manifestazioni. Mentre sul fronte politico, fece continua pressione sui parlamentari laici e comunisti ancora incerti, per indirizzarli verso l’approvazione.

Solo quattro anni dopo, nel 1974, l’ 87,7% degli aventi diritto si recarono alle urne per pronunciarsi su un referendum abrogativo inerente alla “legge divorzio”. Il 59,3% degli elettori italiani votarono no, lasciando la legge in vigore.
Successivamente, la normativa originale venne modificata. Furono accelerati i tempi necessari per la sentenza definitiva di divorzio (che passò da cinque a tre anni). Inoltre, da lì in poi il giudice poté esprimersi immediatamente a favore dello scioglimento del vincolo, rimandando a tempi successivi solo la definizione delle condizioni accessorie.

Il divorzio nel sistema giuridico italiano

Una particolarità del divorzio nel sistema giuridico italiano è la sua necessità di essere sempre preceduto da una separazione formalizzata. Con la legge numero 55 del 2015, i tempi da far intercorrere tra separazione e divorzio si sono abbreviati. In caso di separazione giudiziale (la procedura che consente a un coniuge di separarsi contro la volontà dell’altro), il divorzio può avvenire dopo un anno. Mentre qualora sussista separazione consensuale (risultato di un accordo tra i due coniugi), è possibile ottenere il divorzio dopo soli sei mesi. A questa norma generale fanno eccezione casi puntuali come per esempio le  cause penali e il divorzio o nuovo matrimonio di un coniuge straniero all’estero.

Ancora, è possibile proporre le domande di separazione e di divorzio nella stessa procedura. Questa scelta legislativa deriva dal fatto che in Italia molte coppie hanno residenze anagrafiche separate per motivi (per esempio finanziari o fiscali) che prescindono dalla crisi del loro rapporto matrimoniale. Per questa ragione, a differenza di quanto previsto in ordinamenti come quello tedesco, è invece necessaria una separazione titolata. Ad oggi, inoltre, la legge italiana consente una sentenza/decisione immediata sullo stato di separazione. In aggiunta a questi mutamenti legislativi, dal 1º marzo 2023 la domanda di divorzio si può proporre già nella procedura di separazione e diventa accessibile dopo il passaggio in giudicato della separazione.

Insomma, se una volta ci si separava quasi esclusivamente per gravi problematiche, oggi invece la coppia si separa e poi divorzia perché esposta a molte altre difficoltà relazionali. Ad oggi, tra le ragioni principali di separazione o divorzio si ritrova il tradimento ma anche la gelosia per i rispetti ruoli professionali e, soprattutto, le difficoltà di gestione del quotidiano, specialmente in presenza di figli. In parallelo a tutte queste possibili spiegazioni, si assiste a un forte indebolimento delle tradizionali motivazioni all’unità coniugale. Ragioni come la presenza di figli, il valore etico attribuito alla promessa matrimoniale, i vincoli religiosi, le convenzioni sociali non sembrano più richiamare all’obbligo percepito in passato di costudire – anche chiudendo più di un occhio –  il focolare familiare.

Il risultato si rivede tanto nell’aumento delle separazioni e poi dei divorzi di coppie di ogni età, quanto nella crescita esponenziale delle rapporti affettivi “di fatto” concepiti come unica soluzione a un vincolo matrimoniale meramente formale e dunque non necessario.