L’anarchismo conoscitivo come prospettiva per il progresso del sapere e della società umana: oltre la tirannia del dogma.
«Se si chiede una giustificazione per ogni cosa, si deve esigere anche una giustificazione della conoscenza a cui si sono inizialmente riferiti i punti di vista che richiedono fondamento. Ne deriva una situazione con tre alternative, tutte apparentemente inaccettabili: in altre parole, un trilemma»[1]. Il filosofo Hans Albert descrive così le premesse a un paradosso che chiama “Trilemma di Münchhausen”. Secondo questo paradosso tutta la nostra conoscenza si basa o su un assioma dogmatico o su un regresso all’infinito o su un ragionamento circolare. Il trilemma di Albert non ha solo conseguenze nell’analisi dei fondamenti della scienza, ma ha anche un forte impatto etico. Lo stesso Albert evidenzia come si dovrebbe rinunciare a ogni dogma e a verità definitive non solo nel campo della fondazione della scienza ma anche della morale[2].
Il filosofo fa l’esempio del “mentire”, dato che è generalmente accettato come moralmente sbagliato. Infatti, egli evidenzia come ogni tentativo di giustificazione sia inconsistente: o si ricorre al dogma “mentire è sbagliato” o si ricorre a evidenziare le conseguenze dell’azione, per poi cercare di giustificare queste ultime fino a un regresso all’infinito o, infine, la si giustifica con un ragionamento circolare del tipo “mentire è sbagliato perché porta a dire le bugie alle persone”. Inoltre, se “mentire è sbagliato” è accettato come dogma, allora si dovrebbe, di fronte alle SS che chiedono di consegnare gli ebrei durante il periodo nazista, non mentire, condannandoli a morte atroce. Mentire alle SS è moralmente sbagliato? Secondo Albert se la risposta è no, allora “non mentire” non è un dogma etico.
È dunque morta la verità? Sicuramente è sotto attacco e, senza pretese di competenze e di esaustività dell’argomento, vorrei portare alcuni esempi di “attacco alla verità”. Siamo quindi sicuri che la pretesa di arrivare a verità ultime sia valida e desiderabile?
Un esempio di attacco all’idea classica della verità la fornisce Werner Heisenberg, con la sua interpretazione della fisica quantistica. Heisenberg ha elaborato il principio di indeterminazione, che stabilisce l’impossibilità di conoscere con certezza e contemporaneamente la posizione e la quantità di moto di una particella subatomica. La teoria fisica di Heisenberg ha quindi minato uno dei principi fondamentali sia della filosofia che della fisica classica: il determinismo. Infatti, questo principio introduce all’interno della fisica il concetto di probabilità e nega che possiamo determinare ogni cosa con certezza. «L’ontologia del materialismo poggiava sull’illusione che il tipo di esistenza, la “realtà” diretta del mondo intorno a noi, potesse essere estrapolato sul piano atomico, questa estrapolazione è invece impossibile»[3]. Così Heisenberg critica il determinismo materialista, concezione secondo cui tutto è determinabile e studiabile dalla scienza. Il sapere dell’uomo è limitato, la verità in questa situazione può essere solo raggiunta sul piano della probabilità. Sempre rimanendo in campo fisico, oltre al determinismo è anche la causalità che viene attaccata. Persino l’idea che esistono sempre cause a un fenomeno è stata messa in dubbio e contestata da alcune interpretazioni della fisica quantistica.
La limitazione del sapere umano è stata però messa in evidenza dal matematico e logico austriaco Kurt Gödel, che ha formulato i teoremi di incompletezza: secondo il primo teorema di Gödel nessun sistema matematico potrà mai arrivare ad avere la verità assoluta ed esisterà sempre una proposizione non giustificabile all’interno di quel sistema. Non possiamo quindi descrivere tutto con il linguaggio matematico, perché la matematica è di per sé incompleta.
Se persino la nostra conoscenza scientifica non può avere fondamento ultimo; se persino la causalità è stata messa in dubbio; se persino la matematica si è auto dichiarata incapace di verità assolute, allora la verità è destinata a morire? Il filosofo e matematico inglese Bertrand Russell si è interrogato su questo tema: «La scienza poteva essere creata soltanto da uomini che già avessero questa convinzione [che esiste un ordine della natura], e perciò le fonti originali della credenza devono essere state prescientifiche»[4]. Russell evidenzia l’origine superstiziosa della scienza, che riteniamo possa farci superare la superstizione stessa.
Il problema della fondazione è qualcosa di ancora irrisolto, anche se secondo Russell per rimanere razionali e continuare ad avere fiducia nella scienza e nel sapere umano l’unica strada è quella di uno scetticismo metodologico che decostruisce e contesta continuamente i suoi fondamenti. «William James soleva predicare la “volontà di credere”. Per mio conto io preferirei predicare “la volontà di dubitare”. Nessuna delle nostre opinioni è perfettamente vera: tutte hanno almeno una penombra di vago e di falso»[5]. Sempre Russell sostiene quindi che abbiamo bisogno di uno scetticismo che interroghi le fondamenta stesse del sapere, anche se la “soluzione” a cui arriveremo non sarà mai certa in quanto siamo umani e già questo è una condanna: siamo condannati a rimanere nella nostra limitatezza in quanto la nostra conoscenza e interpretazione del mondo sarà sempre umana. Se poi ci chiudiamo nella prospettiva che esista una verità ultima del reale, sbarriamo definitivamente le strade all’avvenire umano. Come ha evidenziato Hans Albert non potremo mai arrivare a una conoscenza certa e il problema del fondamento della conoscenza resta. La soluzione che è stata proposta è quindi l’abbandono del dogma e del concetto stabile e fisso di “verità”. «La scienza è un’impresa essenzialmente anarchica: l’anarchismo teorico è più umanitario e più aperto a incoraggiare il progresso che non le sue alternative fondate sulla legge e sull’ordine»[6] scrive il filosofo della scienza Paul Feyerabend, sostenendo una critica anche del metodo e della sua fondazione, che chiama anarchica anche se non implica l’essere anarchici politicamente come lui stesso evidenzia. Riuscirà l’umanità allora ad abbracciare uno scetticismo aperto e ad abbandonare il dogma rimanendo razionale e ragionevole o ritornerà sempre alla sicurezza dell’autorità e dell’ordine?
[1] H. Albert, Treatise on critical reason, Princeton University 1985, pag. 18
[2] Intervista a H. Albert, 1995: https://youtu.be/NnvzgiZ3y6Y
[3] W. Heisenberg, Fisica e filosofia, Il saggiatore, Milano 1994, pag. 172
[4] B. Russell, Saggi scettici, TEA, Milano 2021, pag. 57
[5] Ivi, pag. 202
[6] P. Feyerabend, Contro il metodo, Feltrinelli, Milano 2002, pag. 24.
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a cura di Michele Lucivero
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