Lunedì 20 agosto i funerali a Vicenza del siciliano cattolico Vincenzo Licata morto nel dramma di Genova: il ricordo di una veneta di origine ebraica, sua ex vicina di casa

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Domani mattina (lunedì 20 agosto) alle ore 10:45 Vincenzo Licata sarà ricordato presso la chiesa parrocchiale di Santa Bertilla. Il quattordici agosto Vincenzo ha preso il camion per lavoro e in un certo senso anche per diletto, perché a lui piaceva guidare e viaggiare, non sapendo che quel camion lo avrebbe accompagnato in un viaggio dal quale non avrebbe più fatto ritorno. Ho pensato a lungo prima di scrivere queste righe, io amo i riti semplici ed essenziali e nella cultura ebraica il lutto ha due obiettivi concreti: il rispetto per il defunto (kevod ha-met) e il conforto per il vivente (nihum avelim).

Per Vincenzo, cattolico, invece il rito funebre è più elaborato: in questo specifico caso si prolunga per più giorni, coinvolge collettività di vaste dimensioni che lasciano segni duraturi, Vincenzo, come tutte le quarantatré vittime, è molto probabilmente deceduto per incuria e inadeguatezza altrui ed è appunto per queste circostanze che il funerale continuerà anche a esequie avvenute per tutti.
Conoscendolo, forse lui non avrebbe voluto la riservatezza che vorrei io, ho deciso seppur contro il mio pensiero di dedicargli poche righe. La diversità di stile di vita dovrebbe essere per tutti una sinergia di scambio, invece spesso, rimaniamo ancorati ai nostri stili pensando che solo i nostri siano quelli giusti. Vincenzo Licata lo conoscevo bene, come la moglie Mena e i figli Laura e Stefano.

Siamo stati coinquilini per alcuni anni. Appena sono venuti ad abitare hanno suonato il campanello e si sono presentati. Un buon rapporto di vicinato, con piccole incomprensioni (non quotidiane), come spesso accade in tutti i condomini. Quando una persona viene a mancare, va ricordata nella pienezza del suo ciclo vitale. Io veneta, lui siciliano “Paola, suono a Dueville, vieni a vedere la Banda?“. La mia risposta era un costante, non piacevole, ma almeno sincero “Non ci penso nemmeno un po‘”.

Le Bande Musicali non mi hanno mai appassionato molto, ho dedicato troppo tempo allo stile di vita ebraico e non ho avanzato tempo per altri interessi. Una volta lo invitai io a un concerto di musica Yiddish, ma mi disse che non poteva venire perché impegnato fuori città con la Banda nella quale suonava anche Salvatore, un ex poliziotto, quasi a significarmi che lui una scusa reale l’aveva.

Il nostro era un rapporto di vicinato sano, di quello di altri tempi, quando scendevi al piano di sotto o salivi al piano di sopra per chiedere il sale, qualche spezia… insomma qualcosa che ti mancava in casa. Non era un prestito, restituirlo diventava un atto di offesa. Adesso non chiediamo più ai vicini di casa, ma andiamo al supermercato perché i negozi sono sempre aperti. Per i religiosi i negozi sempre aperti sono simbolo di perdita di fede, per me invece sono il simbolo di un’era che prima ci ha dato e poi ci ha tolto tutto.

Entrambi, quando abbiamo lasciato il condominio, ci siamo persi di vista, perché io mai ho risposto al suo invito di andare a vedere la casa nuova…. Se passavo davanti, ero sempre di corsa, uno scambio di saluti al cancello e via… Noi dobbiamo imparare a fermarci di più, a rivalutare vecchie abitudini, dobbiamo fare ora quello che pensiamo di fare, forse, domani. Ci hanno insegnato che “fast è bello“, niente di più sbagliato, dobbiamo ritornare allo “slow”, al lento… Ci sono cose nella vita che non ammettono tempi frenetici, che hanno bisogno di un loro tempo fisiologico, dobbiamo rigenerare valori perduti e ristabilire un rapporto armonico con noi stessi e con gli altri, dobbiamo ricreare un tempo umano, fatto di rapporti con gli altri e di dialogo, perché quando ci si accorge che si è perso il tempo dell’incontro, spesso non si può più recuperare, perché avviene qualcosa che è ben al di sopra dei nostri poteri.

Alla famiglia tutta di Vincenzo le mie condoglianze e quelle di VicenzaPiù con la consapevolezza che nessuno di noi potrà mai provare il dolore che provano i famigliari, ma con la speranza di essere almeno un po’ di conforto. Il dolore che si prova quando scompare un congiunto è il dolore di chi ha condiviso una vita assieme, diverso e più atroce di quello di chi ha condiviso momenti di vita insieme.