Donazzan spiazzata: altri se la prendono con i magrebini nella caccia ai colpevoli dell’omicidio del carabiniere Mario Cerciello

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Il post di Donazzan contro il delinquente bendato
Il post di Donazzan contro il delinquente bendato

Sarà stata presa  in contropiede Elena Donazzan che i lettori dei quotidiani nazionali conobbero più ancora che come assessore all’istruzione del Veneto come fiera accusatrice di “un magrebino di m…” che rubò  due bici, una sua, l’altra del suo Vittorio, un “patriota camerata“, così lo definì, che “becca tre magrebini, si fa giustizia da solo e riporta a casa le bici…“.

La bufala degli assassini “nordafricani” – sotto titola, infatti, Il Fatto l’articolo a firma di Stefano Caselli che di seguito vi proponiamo – alimentata senza problemi anche dal ministro dell’interno (e da Gentiloni)“.

In un’Italia in cui impunemente un rappresentante delle Istituzioni usa quel linguaggio (“magrebino di m…“, “patriota camerata“) e inneggia alla “giustizia fai da te”  e noi veniamo massacrati in tribunale per averla imitata, Donazzan in fondo è assessore all’istruzione, solo per l’epiteto “di m…“, oggi registriamo almeno un passo avanti delle politica povese.

Privata dello spunto su “nord africani” e “magrebini” da Salvini, che non l’ha voluta nel suo partito forse per non venirne scavalcato nelle esternazioni, e, addirittura, da Gentiloni (ora Lega e PD sono uniti anche in questo oltre che per la Tav…) e magari messa sul chi va là dalla nostra querela a suo carico per il suo linguaggio offensivo nei nostri confronti, Elena Donazzan si limita a commentare così l’episodio collegato a uno degli arrestati per l’omicidio: “Le anime belle e buone ora si indignano per un delinquente bendato, con Enrico Mentana che scrive pure che non c’è nulla che possa giustificare questo trattamento! …“.

Delinquente bendato che, biondo come è fotografato, almeno nero non è… facendo sospirare di sollievo nord africani e magrebini contro cui magari già si era scatenata la caccia da parte di patrioti camerati dell’assessore Donazzan lanciati sulle loro tracce questa volta non da lei ma da chi per loro chiedeva subito anche lavori forzati, che non sappiamo ora se verranno pretesi anche per i due statunitensi coinvolti nelle indagini anche su strane connessioni di italiani tutte da verificare.

Direbbe papa Francesco: poveri fratelli d’Italia.

Eppure quelli con la F maiuscola con lei almeno sono stati accoglienti…!

A RUOTA LIBERA – NESSUNA CERTEZZA, MA TANTE PAROLE

Caccia al colpevole: nel dubbio diciamo che sono magrebini

LA BUFALA DEGLI ASSASSINI “NORDAFRICANI” ALIMENTATA SENZA PROBLEMI ANCHE DAL MINISTRO DELL’INTERNO (E DA GENTILONI)

“Devo esternà! Devo esternà!”. Così urlava, all’alba degli Anni 90 del secolo scorso, uno strepitoso Corrado Guzzanti nei panni dell’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, schiavo della sua necessità di “esternare” su ogni cosa. Colpiva, allora, l’inusuale e spesso inopportuna verbosità del capo dello Stato. Oggi quell’imitazione farebbe molto meno ridere: il dichiarativismo compulsivo, si sa, è da tempo la cifra della politica social e – ovviamente – non poteva fare eccezione la tragedia del vicebrigadiere Marco Cerciello Rega.

La prima agenzia che da notizia dell’omicidio è delle 8:58 e già in quelle poche righe (ed è uno dei punti ancora da chiarire di questa vicenda) si parla di un colpevole “probabilmente nord africano”. La parola “nordafricano” causa al ministro dell’Interno il riflesso condizionato del dottor Stranamore, ma invece che stendere il braccio lui mette mano alla tastiera vergando il tweet della “caccia al bastardo” a cui augura “lavori forzati in carcere a vita”, perché – come avrà modo di specificare in una strepitosa “intervista” a Unomattina Estate poco dopo – “è troppo facile uccidere e poi stare sdraiati sul lettino”.

Unomattina, appunto. Le notizie sono ancora del tutto frammentarie, eppure durante la trasmissione Rai condotta da Roberto Poletti, già biografo di Matteo Salvini, un giornalista in collegamento informa (non sono ancora le 10 di mattina) che si sta dando la caccia a due “magrebini senza fissa dimora”, che presumibilmente “vivono nelle baraccopoli lungo il Tevere”, fuggiaschi membri di “bande dedite a scorribande criminali per il centro di Roma in cui detengono il monopolio del malaffare” che avranno probabilmente “trovato rifugio in qualche giaciglio di fortuna presso connazionali magrebini”, senza dimenticare che i nordafricani “usano le armi corte e sono molto abili nel maneggiare i coltelli”. Amen.

A quel punto interviene in diretta Salvini, che senza aspettare gli sviluppi delle indagini accredita senza problemi le prime versioni, minaccia di “prendere a calci” uno per uno gli irregolari entrati in Italia e financo resiste alla bordata del conduttore Poletti che lo incalza con un “Quindi ministro, sta dicendo a chi ci ascolta che la musica è cambiata?”. Nella fake news casca anche l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: “Aveva 35 anni –twitta –   accoltellato a morte stanotte durante un controllo su due sospetti nordafricani. Onore alla vittima”

La bufala dei colpevoli africani viene poi alimentata in rete nel pomeriggio (come ieri ha ricostruito Wired) da gruppi Facebook e Twitter amministrati da militari dell’Arma e della Guardia di Finanza (box a lato). Poi la svolta, i colpevoli sono due americani, che non dormivano in baraccopoli lungo il Tevere ma in un lussuoso albergo a 100 metri dal luogo del delitto. Un caso risolto a tempo di record grazie al lavoro (silenzioso) degli investigatori.

Ventiquattr’ore dopo, nessun imbarazzo, anzi. In fondo Salvini non fece un passo di lato nemmeno quando – era il dicembre 2018 – con il suo consueto tweet di prima mattina rischiò di compromettere un’operazione della Procura di Torino contro la mafia nigeriana, scatenando le ire dell’allora procuratore Armando Spataro. Il vicepremier, invece di scusarsi, invitò Spataro “ad andare in pensione”, ben sapendo che la cosa sarebbe effettivamente accaduta dopo poche settimane.

E quindi, avanti con i tweet: “Sperando che l’assassino del nostro povero carabiniere non esca più di galera – ha scritto ieri Salvini – ricordo ai buonisti che negli Stati Uniti chi uccide rischia la pena di morte. Non dico di arrivare a tanto, ma al carcere a vita (lavorando ovviamente) questo sì!”. E poi, il momento dadaista. Un video in cui un malcapitato lamenta di essere stato aggredito da otto persone su cui giganteggia la scritta: “Passante aggredito da gruppo di immigrati”. Il ministro così commenta: “Roba da matti… L’altra sera a Reggio Emilia quest’uomo è stato riempito di calci e pugni da un gruppo di immigrati. Io non cambio idea: per chi non scappa dalla guerra ma la guerra ce la porta in casa, TOLLERANZA ZERO. Punto”. Il video è difficile da contestualizzare (probabilmente si riferisce ai tafferugli provocati da un gruppo di gambiani alla Stazione di Reggio dopo la morte di un loro connazionale travolto da un treno), ma tanto basta per scagliarsi contro lo straniero. La timeline dei social di Salvini (tra gattini randagi, tenere foto di famiglia e insulti alla “zecca comunista” Carola) è un continuo enfatizzare i fatti di cronaca che hanno come protagonisti immigrati. Avanti così, fino al prossimo “bastardo” (altrimenti si rischia di parlare di rubli).

Un ministro dell’Interno dovrebbe avere più contegno e stile? Risposta evidente, ma purtroppo domanda inutile. Funziona. E forse nemmeno Guzzanti riuscirebbe a farci ridere imitando Salvini.