Si è tenuta il 24 Ottobre nella splendida cornice della Scuola Media di Villaganzerla di Castegnero la presentazione dell’evento “Donnasicura #Difendiamola” promosso dall’amministrazione comunale di Castegnero in collaborazione con Ju-Jitsu Team Vicenza.
Sala gremita di spettatori, di ambo i sessi per quello che è stato il preludio all’evento (una giornata formativa gratuita) che si terrà il 10 Novembre dalle 9 alle 18 alla palestra comunale di Villaganzerla. Il primo a prendere parola è stato il Sindaco Marco Montan che ha introdotto l’evento spiegando come la manifestazione si colloca all’interno di tre Giovedì che le istituzioni hanno voluto dedicare a fenomeni sensibili tra cui la ludopatia e i disturbi legati all’alimentazione. Il Sindaco ha anche aggiunto che la conoscenza delle tecniche di autodifesa è sì, importante ma non per questo bisogna pensare di essere supereroine, bensì al contempo conviene agire sempre con cautela e avere fiducia nelle istituzioni.
E’ stata poi la volta della vera promotrice dell’evento, la dottoressa Nadia Scarzello assessore al sociale e alla sicurezza di Castegnero che ha spiegato come l’evento sia nato in maniera del tutto casuale, con una chiacchierata informale con una guardia particolare giurata (Mauro Galdi, ndr) all’Ospedale San Bortolo di Vicenza dove l’assessore da dieci anni è coordinatrice dell’unità di pronto Soccorso. Attraverso slide proiettati su uno schermo sono state illustrate le caratteristiche dell’evento e delle statistiche sulla violenza di genere.
“Innanzitutto – spiega la dottoressa Scarzello – il nostro intento è quello di aiutare la donna sul territorio rispettando le leggi”. Si fa poi riferimento alla convenzione di Istanbul che nel 2011 ha sancito che “E’ da considerarsi reato qualsiasi violenza e minaccia anche nel privato che sia essa fisica, sessuale, psicologica o economica”. Prosegue la dottoressa: “Dopo la Turchia che nel 2012 è stato il primo paese a ratificare e far diventare legge questo documento, è stata poi la volta dell’Italia nel 2013”. Viene poi mostrato uno slide con dati allarmanti: secondo un’indagine del Censis fatta nel nostro paese, solo il 12,4% delle donne che subiscono violenza decidono di denunciare. Questo perché, soprattutto nel privato, spesso l’amore e la soggezione verso l’aggressore, fa tendere la donna al perdono, minimizzando l’accaduto e considerandolo un’incidente di percorso. Ciò perché si ha semplicemente paura di ritorsioni, o perché non si vuole provocare scandali con tutto quello che ne consegue. Nonostante il dato di denunce basso la violenza di genere è in netto aumento. Sempre questa ricerca stabilisce che una donna su tre ha subito almeno un atto di violenza.
Dall’inizio dell’anno sono stati 120 i femminicidi di cui 92 si sono consumati nel focolare domestico, quello che dovrebbe essere il luogo in cui una donna dovrebbe sentirsi più al sicuro. Sui 48.377 reati sessuali denunciati nel 2018 nel 90% la vittima è una donna. A questi dati si vanno aggiungendo anche le 8.414 denunce di stalking. Questo è il quadro italiano ma se espandiamo l’orizzonte all’estero vediamo che la situazione non migliora. Viene mostrato infatti un altro slide dove l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la violenza di genere: “Un gravissimo problema di salute pubblica. Ogni anno nel mondo causa più vittime di malaria ed incidenti stradali messi insieme”. L’intervento dell’assessore si conclude con due precisazioni. La prima è che solo con misure di prevenzione si può ridurre questo aberrante fenomeno e la seconda è un monito che è diventato lo slogan dell’amministrazione comunale:
“Basta donne picchiate o uccise da piccoli uomini”. Fortunata e inattesa la presenza di Roberto Minervini, sostituto commissario della Polizia di Stato, responsabile della 2^sezione che si occupa di reati ai danni della persona e responsabile della squadra mobile presso la Questura di Vicenza. L’intervento dell’ex ispettore non era in scaletta ma la dottoressa Scarzello, notandolo tra il pubblico, ha chiesto in nome dell’amicizia che li lega di dire qualche parola per avere anche il punto di vista dell’ordine costituito. Minervini non si è fatto pregare ed ha focalizzato il suo discorso su alcuni aspetti tecnici, come ad esempio gli smartphone di ultima generazione che non consentono di fare numeri di emergenza se non il 112 (numero di emergenza europeo) o il 911 (numero di emergenza americano). Per le donne vittime di violenza esiste il numero di pronto intervento 1522 che però in caso di telefono bloccato non è possibile comporre. Ha inoltre spiegato che l’atto persecutorio è riconosciuto quando c’è un’attività di stalking reiterata nel tempo ed è punita penalmente dall’articolo 612bis del codice penale. Si è inoltre soffermato su come la personalità dell’individuo può essere devastata dall’accumulo di piccole cose. Per assicurarsi di essere chiaro alla platea non ha lesinato sull’utilizzo di termini coloriti.
“Non tutte le forze dell’ordine purtroppo sono preparate a fronteggiare queste situazioni. – ha spiegato Minervini – L’ospedale in questi casi può fornire un supporto fisico e psicologico importante. Una denuncia può partire anche senza un certificato medico che esplichi un danno fisico. Dopo le dovute indagini e appurato il reato, il soggetto indagato riceve un ammonimento perché ci sono anche persone che non si rendono conto di essere violente”. Molto importanti sono state anche le spiegazioni su alcuni cavilli legali.
Ad esempio in caso di atto persecutorio una donna ha tempo 6 mesi per sporgere denuncia, laddove si figuri anche un reato di tipo sessuale il tempo limite diventa 12 mesi, ma ci sono spesso donne che per una vita intera si portano il peso dentro senza riuscire mai a confidarsi con nessuno.
“Se noi vediamo un incidente d’auto ci fermiamo perché non possiamo fare diversamente, sarebbe omissione di soccorso, ma ci mettiamo in sicurezza per non creare intralcio e facciamo intervenire gli esperti del 118. Quindi aiutiamo ad aiutare – conclude Minervini – facciamo sempre attenzione ai segnali di allarme, prima che la violenza si consumi. La prevenzione in questi casi è fondamentale. Non dimentichiamo che non tutte le denunce possono partire d’ufficio quindi spesso le forze dell’ordine sono impossibilitate ad intervenire. In questo la donna vittima deve essere forte e far cadere quella corazza di omertà che si crea per difendersi e rivolgersi alle sedi preposte. Esistono anche case di ricoveri che ospitano e supportano donne vittime di violenze”.
La parola viene poi ceduta a Stefano Mucignato, presidente del team Ju-Jitsu di Vicenza, a cui va il compito di chiudere la serata. Mucignato presenta il vero e proprio evento che si terrà il 10 Novembre. Una giornata gratuita di nove ore in cui chiunque, di qualsiasi sesso ed età potrà imparare le basi di alcune tecniche di auto difesa dell’antica arte marziale del Ju-Jitsu che come spiega lo stesso Mucignato “Fonde insieme le più importanti arti marziali orientali. Non è uno strumento di attacco, ma di difesa. Non a caso il Ju-jitsu viene integrato nell’addestramento delle forze di polizia. Non conta la disparità fisica o l’età. Una bambina può mettere a tappeto un uomo perché ciò che conta è l’allenamento e la tecnica”. Con alcune mosse praticate insieme ai suoi allievi Mucignato mostra praticamente come alcuni elementi dell’aggressore possono essere dei vantaggi per chi deve difendersi. L’esempio esposto è stato quello di un aggressore che ha un bastone in mano che deve essere visto come un prolungamento del braccio. “La potenza fisica – chiude Mucignato- è relativa. Più è forte l’avversario e più facile è neutralizzarlo”.
A margine dell’evento, dopo gli applausi e i ringraziamenti abbiamo chiesto a Mucignato: Dopo la giornata del 10 Novembre come intende proseguire il percorso di rendere sicure le donne? Con altre giornate del genere. D’ altronde non è la prima che facciamo. Negli scorsi mesi e da diversi anni portiamo la sicurezza per la donna in vari comuni del vicentino. C’è il progetto di estendere queste iniziative anche ai ragazzi che sono vittime di bullismo che è un altro tema delicato perché spesso i bambini sono chiusi in loro stessi. Ci deve essere una coesione tra genitori e figli magari instituendo una sorta di “password”, una parola in codice che il genitore dice al figlio per fargli capire quando una cosa è sicura e si può fare e quando no”. Soddisfazione da parte del pubblico che sicuramente contiamo sarà più numeroso all’evento vero e proprio.
Un’iniziativa lodevole per un tema troppo spesso sottovalutato.