Donne libere e non schiave, Mirko De Carli (Popolo della Famiglia): al bando la prostituzione

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Donne schiave della prostituzione
Donne schiave della prostituzione

«La scelta di “vendere sesso” – scrive nella nota sulle donne che pubblichiamo Mirko De Carli, coordinatore alta Italia del Popolo della Famiglia – trova alla sua radice, nella larghissima maggioranza dei casi, fattori che condizionano e limitano la libertà di autodeterminazione dell’individuo, riducendo, talora drasticamente, il ventaglio delle sue opzioni esistenziali.

Può trattarsi non soltanto di fattori di ordine economico, ma anche di situazioni di disagio sul piano affettivo o delle relazioni familiari e sociali, capaci di indebolire la naturale riluttanza verso una “scelta di vita” quale quella di offrire prestazioni sessuali contro mercede» così la Corte Costituzionale sancisce la posizione definitiva dello Stato italiano sul tema della prostituzione attraverso la sentenza 141 del 7 giugno 2019. Queste parole di fatto affossano la strada della legalizzazione avviata da Salvini e riconfermano l’ossatura normativa della Legge Merlin.

La cosa più sorprendente di tutte è che la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sul tema in seguito al processo in corso a Bari riguardante il giro di escort che Giampaolo Tarantini e Massimiliano Verdoscia avrebbero garantito ad alcune feste di Silvio Berlusconi. La Corte d’Appello pugliese aveva ritenuto di mettere in discussione la legge Merlin in quanto lesiva in termini di autodeterminazione dell’individuo.

Nell’epoca in cui la commercializzazione dell’essere umano, trasformato da soggetto a oggetto e da persona a cosa, dilaga non stupisce affatto che torni in auge la possibilità di riaprire le cosiddette “case chiuse”: se siamo una società disposta ad accettare e normare pratiche disumane e violente come l’utero in affitto, l’eutanasia, l’aborto post-nascita, non può che apparire come “normale” la diffusione di bordelli di Stato dove le donne vendono il proprio corpo “emettendo regolare fattura”.

La mia critica non parte e finisce da un presupposto morale, sia ben chiaro. Conoscete quanto sia allergico alla dimensione etica di uno Stato (l’etica riguarda la persona, il popolo non le istituzioni in maniera astratta) e quindi non sono qui a puntare il dito contro la donna che sceglie di prostituirsi: ci sono tante ragioni di carattere economico, sociale e culturale che vanno comprese e, se possibile, contrastate con forza.

Parto dal valore assoluto della disponibilità del proprio corpo come sancito da un testo così importante che ogni tanto andrebbe riletto e riamato, quale la Carta Universale dei Diritti dell’Uomo: non è ammissibile che uno Stato riconosca come lecita la possibilità di “vendere” il proprio corpo. Si può fare business con tutto ma non con la persona.

Se non poniamo dei limiti a questa vera e propria deriva antropologica delle istituzioni e della società, se consentiamo delle “eccezioni alla regola” su cui poi la magistratura può produrre eventualmente sentenze creative capaci di stravolgere (come spesso è già accaduto) il dettato normativo vigente, corriamo il serio rischio di irrobustire una collettività dove i più deboli saranno sempre più deboli e i desideri (soprattutto quelli di chi ha potere e soldi) diventeranno leggi senza alcuna indignazione popolare.

Battersi per condannare uno Stato “pappone” e porre tra i punti dell’agenda parlamentare un serio e deciso contrasto del racket mafioso e criminale che manovra la prostituzione nel nostro paese significa avere il coraggio di difendere la vera autodeterminazione delle donne e promuovere una società dove chi è debole e solo non debba accettare persino che lo Stato lo vessi ma trovi nelle istituzioni un alleato che lo liberi dallo sfruttamento e lo aiuti a trovare una condizione di vita degna e all’altezza dei diritti dell’uomo a cui si ispira anche la nostra Costituzione.

Giustizia è riportare tutte le cose al loro senso, diceva Don Oreste Benzi, e il compito di una buona politica è trovare questo “senso” e non stravolgerlo tanto per far cassa.