Dal primo di luglio è stato cancellato il blocco dei licenziamenti (che resta attivo per il settore tessile). Questo viene decretato da un testo di sette righe firmato da governo e parti sociali (sindacati confederali CGIL, CISL e UIL compresi). Una semplice “presa d’atto” che impegna i firmatari a raccomandare di utilizzare fino a 13 settimane di cassa integrazione gratuita prima di licenziare. In pratica si è liberi di mandare a casa lavoratrici e lavoratori diventati inutili esuberi perché nulla, in definitiva, vincola i cosiddetti “datori di lavoro” a salvaguardare né chi lavora né il lavoro. Così Confindustria ottiene quanto richiesto (e ringrazia).
Da subito inizia l’espulsione di chi lavora dal “mondo produttivo”. E “lorpadroni” spesso multinazionali e fondi di investimento, entità quasi astratte senza un volto o un nome e cognome, in pochi giorni chiudono imprese produttive che lavorano e mandano a casa più di mille persone. Le fabbriche hanno un nome: ABB, Gianetti ruote, GKN, Whirpool, Timken … e Bekaert con lo stabilimento abbandonato e 110 lavoratori in attesa di licenziamento.
È la crisi, dicono … colpa del covid e, poi, il settore dell’automotive deve essere ristrutturato … riconvertito per via dell’elettrico … e dobbiamo contare le nuove tecnologie che sostituiscono chi lavora … è necessario licenziare liberamente perché solo così ripartirà l’economia e, dopo, si potrà assumere.
Per esperienza, quello del rilancio dell’economia che significa che chi lavora deve pagare e assumersi tutti i costi della crisi, è la solita litania dei padroni. La stanno utilizzando da sempre, con queste stesse frasi hanno cancellato la scala mobile e impoverito i lavoratori. Licenziano per guadagnare di più. E questa volta, come altre del resto, lo fanno tramite mail o con un messaggio che arriva sul cellulare di chi viene licenziato.
Il governo si gira dall’altra parte, ha fatto il suo “dovere” ottemperando a quanto richiesto da Confindustria. In definitiva, tolto il blocco dei licenziamenti, “lorpadroni” lo possono fare. Esponenti del governo si rammaricano della forma utilizzata per licenziare, non della sostanza che è “inevitabile”. E la firma dei vertici sindacali di CGIL, CISL e UIL su quella “presa d’atto”, in pratica, toglie forza a eventuali forme di lotte. E, poi, pensano “lorpadroni”, non ci si è, forse, abituati al fatto che i lavoratori subiscono perché sono divisi e frammentati in mille individualismi? Vedrete ci sarà qualche protesta e poco altro …
Tutto finito? No. Questa volta pare proprio di no. Perché le lavoratrici e i lavoratori, considerati alla stregua di numeri, questa volta alzano la testa e si organizzano. Presidiano le fabbriche, le loro fabbriche. Si uniscono. Alla GKN di Campi Bisenzio costituiscono un collettivo di fabbrica, chiedono solidarietà e la ottengono. Nasce un movimento come non si vedeva da anni. Torna la passione.
Viene lanciata una parola d’ordine forte “INSORGIAMO!” che racchiude la determinazione a non subire, a prendere direttamente in mano il futuro, a lottare per difendere il loro lavoro e quello di ognuno.
Così, il 24 luglio 2021, davanti a Campi Bisenzio si è svolta una grande manifestazione con migliaia di lavoratrici e lavoratori a sostegno della lotta della GKN. Migliaia e migliaia di persone che, in un caldo soffocante, si sono riunite nella zona industriale, di fronte alla fabbrica presidiata. Sono sfilate di fianco ai capannoni dove spiccavano striscioni di solidarietà alla lotta della GKN che è diventata lotta di tutti. Migliaia di bandiere e striscioni che dimostravano qualcosa al quale non si è più abituati: l’unità dei lavoratori è possibile a prescindere dall’appartenenza sindacale o partitica. L’importante è l’obiettivo. Una unità di azione che significa consapevolezza di contare e di poter avere la forza necessaria per ottenere risultati concreti.
“INSORGIAMO!”, si è urlato a voce alta. Bisogna continuare la battaglia. Questo è solo l’inizio. La presa di coscienza che non sia necessario né normale subire le imposizioni del padrone e del suo governo. E che non è vero che si parte sconfitti, che la firma su quella “presa d’atto” è stata un errore che indebolisce, certo, ma che si può rimettere in discussione tutto. Soprattutto che si deve attuare la Costituzione e garantire un lavoro sicuro, garantito e ben pagato e che è necessario che la priorità sia questa e non il profitto e la ricchezza di “lorpadroni”.
Ieri si è aperto uno spiraglio di speranza, consci che è necessario sapere che nulla ci sarà regalato ma che è possibile, con la forza dell’unità e della partecipazione, difendere i diritti che si sono conquistati e conquistarne di nuovi. Per tutti.