Dopo il voto sulla piattaforma Rousseau, che dice sì al suo governo, Mario Draghi esce dalla Camera (dove ha incontrato il presidente, Roberto Fico) e sale sulla macchina che lo riporta nella sua casa, a Calvi dell’Umbria.
Il premier incaricato continua a costruire la sceneggiatura “per sottrazione” che ha caratterizzato queste giornate. Non va subito al Quirinale a sciogliere la riserva, si prende un tempo supplementare.
Al Colle sono pronti già da oggi, ma i tempi dovrebbero essere diversi: dovrebbe salire domani mattina, per giurare poi lunedì e andare in Parlamento martedì. Nel frattempo sta stendendo il programma, sulla base dei resoconti che gli sono stati preparati dai commessi della Camera durante le consultazioni. Ma le incertezze continuano ad alimentare il clima di mistero che aleggia intorno alla sua figura. E la spasmodica attesa della politica, che si trova totalmente disarmata.
Per tutta la giornata di ieri aleggiava un quesito: “Dov’è Draghi?”. Le voci si sono inseguite. Si racconta che sia stato nell’ufficio che ha mantenuto a Bankitalia. Ma a sera fonti a lui vicine smentiscono. In ogni caso avrebbe avuto colloqui (anche telefonici) sia con Daniele Franco, direttore generale, sia con Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Bce. Due “Draghi boys”. Per il primo, si parla di un incarico nell’esecutivo, magari al Tesoro. L’altro resterà al suo posto, perché l’ex presidente ha bisogno di un interlocutore privilegiato alla Bce. Qualcosa del governo in costruzione si sta delineando: i ministeri economici dovrebbero andare tutti a figure tecniche, di stretta fiducia del premier. Il che non restringe la rosa dei nomi, visto che Draghi ha rapporti con tutti quelli che “contano” in Italia (non solo il mondo Bankitalia, ma anche le grandi partecipate di Stato). Per il superministero green il nome di Catia Bastioli, alla guida di Novamont, società leader delle bioplastiche, circola, ma non trova vere conferme.
I politici ci saranno: dovrebbero essere 9. Quali saranno è altra questione. I partiti hanno definito delle rose di massima al loro interno, ma non sono neanche riusciti a presentarle. Più o meno Draghi sa quali sono i desiderata delle forze politiche, ma non ha nessuna intenzione di trattare, ne parlerà solo con il capo dello Stato. Per adesso, non ha neanche chiamato i leader per comunicare le sue intenzioni. Forse lo farà all’ultimo minuto utile. Dunque, per la Lega i nomi indicati sono quelli di Giancarlo Giorgetti (l’unico quasi certo), Giulia Bongiorno e Gian Marco Centinaio. Matteo Salvini durante una riunione con i parlamentari leghisti mercoledì sera ha fatto sapere che lui non ha intenzione di entrare al governo. Per Forza Italia si fanno i nomi di Antonio Tajani, Mariastella Gelmini, Anna Maria Bernini. I Cinque Stelle puntano a Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli. Mentre nel Pd c’è una guerra interna: in pole c’è Dario Franceschini, gli altri due in lizza sono Andrea Orlando, che dovrebbe entrare come figura forte della segreteria e Lorenzo Guerini, che guida Base Riformista, la corrente che ha la maggioranza dei parlamentari dem. Al Nazareno si rimettono a Draghi, pure per dirimere le controversie interne.
La riconferma certa dovrebbe andare a Roberto Speranza alla Salute (per la discontinuità presumibilmente Draghi dovrebbe puntare sulla sostituzione o il ridimensionamento del commissario Arcuri) e Luciana Lamorgese (Viminale). Anche se buone possibilità hanno anche i già citati Di Maio e Guerini. E un ruolo potrebbe spettare anche a Bruno Tabacci, grande tessitore anche in queste ore. Tutto questo però Draghi lo farà sapere a cose fatte. D’altra parte, come ricorda chi lo conosce bene, lui è “uno che conterà moltissimo anche in Europa, con la Merkel in uscita e Macron in disgrazia”. Tradotto in linguaggio nostrano : “Non ce n’è per nessuno”. Almeno all’inizio. Perché poi le trappole della politica nostrana sono infinite.
Wanda Marra sul Fatto Quotidiano