Dossieraggi, Meloni frena su decreto: “Legge già fatta”

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Dopo il nuovo caso di dossieraggio, balzato alle cronache, con l’archivio del Viminale bucato e nomi illustri finiti nelle carte dell’inchiesta di Milano, tra Palazzo Chigi e i ministeri più interessati dal dossier – leggi Giustizia e Viminale – i contatti sono costanti e continui: il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è andato ieri a Palazzo Chigi.

Durante l’incontro con la premier, riferiscono fonti di Palazzo Chigi, si sarebbe parlato anche di quanto emerso dall’inchiesta di Milano.

Ma, a quanto apprende l’Adnkronos da autorevoli fonti, l’idea di intervenire con un decreto legge ah hoc allo stato attuale non sarebbe sul tavolo. “Abbiamo già fatto una legge“, la riflessione che viene attribuita alla premier Giorgia Meloni da chi l’ha sentita in queste ore.

Le leggi ci sono, e una stretta ulteriore è stata introdotta a gennaio scorso, quando il governo ha dato disco verde al ddl in materia di reati informatici e di rafforzamento della cybersicurezza nazionale, con pene raddoppiate e multe più salate per chi viola sistemi informatici.

Il che non vuol dire però lasciare che tutto scorra. Riunioni e contatti sono all’ordine ‘dell’ora’ per capire quale sia la strada da battere per arginare un fenomeno che la stessa presidente del Consiglio ha definito potenzialmente eversivo. L’obiettivo è capire cos’altro si possa fare, quali pedine muovere su uno scacchiere ad alto rischio.

A coordinare i lavori, ancora una volta, il sottosegretario con delega ai Servizi Alfredo Mantovano: dopo aver affrontato il caso Albania solo una settimana fa, è nuovamente chiamato a sbrogliare una matassa che molti, nel governo, considerano in conflitto con l’essenza stessa del concetto di democrazia.

Al momento, però, l’idea di un provvedimento ad hoc non sarebbe sul tavolo. Si ragiona piuttosto, riferiscono altri beninformati, di un nuovo sistema alert più efficace e puntuale con una task force già operativa al Viminale. Un sistema, viene spiegato, teso a stanare non tanto gli hacker quanto piuttosto gli ‘infedeli’, ovvero coloro che hanno diritto di accesso al sistema – agenti, funzionari di Tribunali, privati che hanno vinto appalti per poter entrare in possesso di dati – ma usano le loro credenziali in modo indebito e truffaldino.

Facendo scattare l”allarme’ più facilmente, ad esempio di fronte ad accessi ‘massivi’ o investigazioni su persone ‘sensibili’. Ma anche tenendo conto della variabile della ‘territorialità’: se un agente di Trento interroga il sistema su persone che vivono a Palermo, ad esempio, si vedrà costretto a motivare, spiegare cosa ne muove le investigazioni. Se sta indagando su possibili infiltrazioni mafiose a Trento passi, altrimenti scatterebbe l’alert.

Oggi, intanto, a via Arenula è previsto un vertice di maggioranza sul ‘timing’ dei lavori dei diversi provvedimenti in materia di giustizia all’esame del Parlamento. Ma è inevitabile che, con i capigruppo di maggioranza, il Guardasigilli Carlo Nordio affronti anche l’annoso capitolo dei dossieraggi. Sul quale le opposizioni chiamano a gran voce la premier a riferire, ma non dovrebbe essere lei – viene spiegato – a intervenire nelle aule di Camera e Senato.

(Adnkronos) – politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)