Draghi: alla ricerca del tempo (scuola) perduto, Agorà. La Filosofia in Piazza: la ventata di “novità” del nuovo governo

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La DaD per Wu MingFoundation
La DaD per Wu MingFoundation

Di Michele Lucivero e Andrea Petracca

E, insomma, ci aspettavamo tutti delle grandi novità, un cambio di direzione dal nuovo corso degli eventi politici italiani dopo lo sgambetto che Renzi ha messo a Conte, ma già il fatto che questo nuovo governo (tecnico) del prof. Mario Draghi metta tutti d’accordo lascia perplessi e fa pensare a momenti in cui l’opposizione era annullata da regimi totalitari, che poi questa cosa l’abbia non solo pensata, ma anche detta Giorgia Meloni, la cosa ci getta nella più totale confusione.

Ad ogni modo, l’Italia prova a ripartire, le borse risalgono al solo sentir pronunciare il nome di Mario Draghi alla guida del nostro Paese, ma intorno alla questione “scuola” c’è effettivamente un bel po’ di confusione, almeno questa è l’impressione che ci lasciano le dichiarazioni – riportate – del Presidente del Consiglio incaricato Draghi sulla necessità di rimodulare il calendario scolastico per «recuperare i giorni di scuola persi».

Ovviamente le dichiarazioni non sono passate inosservate e da più parti si è gridato alla lesa maestà della Scuola che, ricordiamolo, #non si fermae, in effetti, non si è fermata perché nell’anno scolastico 2020/2021 scuola dell’infanzia, primaria e media inferiore sono state sempre in presenza, mentre per le superiori, dopo i primi mesi in presenza, si sono attivate le modalità a distanza con le varianti del 75%, 50%, on demand, ecc.

Tuttavia, noi, che non abbiamo istanze reazionarie da proporre, né tantomeno pensiamo che Draghi, dall’alto del suo profilo di banchiere di fama mondiale, come prima dichiarazione su un tema tanto caldo, come quello dell’istruzione, abbia scientemente voluto richiamare il sempreverde luogo comune del profdipendentepubblicofannullone, quantomeno per non porsi sulla linea retta che parte da Mussolini e passa per Brunetta, ci siamo chiesti: ma Draghi cosa avrà voluto dire? Cosa sono questi giorni di scuola persi di cui parla?

Di certo i docenti, consapevoli dell’immane lavoro svolto (sia in presenza che a distanza) e del compito arduo affrontato, vale a dire ripristinare una parvenza di normalità in questo nuovo mondo pandemico, che ovunque sgretola certezze consolidate, non possono e non devono pensare che la frase metta in discussione le loro capacità o il loro spirito di servizio.

A pensarci bene, ripercorrendo quelle che sono state le tappe del lavoro degli insegnanti, i fatti dicono che quando è esplosa la pandemia a febbraio 2020, la scuola in presenza, quella fisica, l’unica esistente sino ad allora, ha chiuso effettivamente i battenti, ma si è prontamente aperta l’epoca della didattica a distanza, certo raffazzonata, con tutti i mezzi a disposizione, senza che fosse normata, senza orari. Certo, questi sono i fatti, ma poi, parafrasando quel noto professore a Basilea, che rispondeva al nome di Federico Nietzsche, proprio i fatti spariscono dietro alle interpretazioni, per cui è facile che non si sia capito bene cosa abbiano fatto i docenti in tutto questo tempo in cui i ragazzi non sono andati a scuola, sempre che, in generale, si sia compreso quello che è il compito specifico degli insegnanti.

E, mentre i morti cominciavano a cadere copiosi sotto i colpi della pandemia, i docenti si facevano carico del loro ruolo di educatori e, senza nulla di straordinario o eroico, ma con semplice spirito di servizio, trasportato nella situazione di emergenza, si cimentavano nella modalità, ignota fino ad allora, della video-conferenza. Quando poi l’anno si è chiuso è stato un sollievo per tutti: insomma, la didattica a distanza toccava nervi scoperti della scuola pubblica, era in effetti un palliativo, tant’è che non consentiva di valutare gli alunni per evidenti motivi, per cui tutti promossi e non ne parliamo più.

Ma, allora, se Draghi non rivolge i suoi strali contro i docenti, non è che per caso ci sta dicendo che la DaD (Didattica a Distanza) o DDI (Didattica Digitale Integrata), o DoD (Didattica on demand) semplicemente non è efficace per tutti, e specialmente per i più fragili? Ma, quindi, finora cosa abbiamo fatto?

Intanto dobbiamo ringraziare i nostri politici, perché, dopo il personale sanitario, hanno pensato di inserire nel piano vaccinale tutti i docenti, finalmente! Certo, non ci inoculano quello dato ai sanitari, cioè l’americano Pfizer Biontech. Noi avremmo preferito il Soberana, solo per l’idea che si tratti di qualcosa di molto simile ad un CubaLibre, oppure lo Sputnik, per le palesi simpatie sovietiche dei professori, invece ci inietteranno quello inglese AstraZeneca, che, dicono, non sia efficace contro le varianti, ma dicono anche che non vada bene per la popolazione sopra i 55 anni.

Ecco, ci chiedevamo: ma Draghi si è, per caso, informato dell’età media della popolazione docente in Italia? Lo sa Draghi che oltre 300.000 docenti italiani hanno più di 54 anni?

Ma poi, a ripensarci, la scuola è fatta soprattutto dai ragazzi e dalle ragazze, magari poteva essere prioritario vaccinare loro, perché se non sbaglio non sono venuti a scuola perché il problema era costituito dai loro assembramenti sui mezzi di trasporto, non nella scuola…insomma una vera confusione!


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a cura di Michele Lucivero

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