Oggi a 80 anni è morto Pietro Marzotto, sicuramente un grande nome dell’impresa vicentina e non solo, per giunta ammantato di quell’aura di uomo di sinistra anche se ricco per i soldi guadagnati per la sua capacità di intraprendere ma in un’epoca in cui le condizioni degli operai erano così infime che passava facilmente per un messia uno come lui che, dopo l’abbattimento giusto 50 anni fa, il 18 aprile 1968, della statua del padre Gaetano da parte di 6.000 lavoratori di Valdagno, scesi in sciopero per opporsi alle condizioni imposte dall’azienda, cominciò a mettere a loro disposizione villaggi e servizi per farli lavorare meglio (e produrre di più?).
Oggi è morto Pietro Marzotto e di sicuro è giusto dargli merito per quanto di buono ha fatto, ma a questo ci stanno già pensando e ci penseranno i soliti politici, delle cui meritate lodi, che solo il buono ricorderanno, riferiamo a parte.
A noi rimane il “lavoro sporco”: evidenziare, ecco la seconda notizia, che proprio oggi una nota della stessa regione Veneto evidenzia la crisi (fallimento) di due brand come MCS e ICS che facevano parte del gruppo e che, seguendo la filosofia della famiglia, sono stati ceduti a fondi di investimento senza adeguate garanzie per i lavoratori, tanto a incassare ci pensa la proprietà, a cercare di sopravvivere o a morire economicamente tocca ai dipendenti venduti come scatoloni.
Non c’entra in quella cessione, ora senza prospettive per i ceduti, l’uomo più noto della dinastia?
Non lo sappiamo e non ci va di verificarlo, questa volta, la prima, per MCS e ICS perchè altre cessioni per moneta, tra cui quella stessa delle sue quote nell’azienda a quelli che per lui erano familiari poco rispettosi della sua grandezza, sono state da lui fatte o accettate.
E non ci va di verificarlo perchè nel processo in cui, dopo oltre venti anni di ritardi, tecnici e voluti, era imputato per la morte di oltre cento lavoratori della Marlane Marzotto di Praia a Mare, che nessun politico ha mai celebrato come, ad esempio, Luca Zaia o Achille Variati stanno ora facendo con Pietro con i loro comunicati affranti, e lacrimevoli, in quel processo, dicevamo, il fratello Gaetano, pur se lui non imputato, espresse bene la vera linea difensiva di tutti, Pietro Marzotto incluso: “noi eravamo lì (alla Marlane Marzotto, ndr) a curare i nostri soldi, non ci occupavano d’altro“.
E, quindi, da assolvere come furono assolti anche per tanti altri, e forse condannabili, motivi dopo aver tutti insieme versato un obolo risarcitorio ai familiari dei morti di ben 30.000 euro…
Se questo è il valore della vita di una persona, sacrificata al profitto quì dei Marzotto, tra cui allora soprattutto Pietro (e per quì intendiamo anche i morti più o meno occulti per amianto nel Vicentino nelle fabbriche con quela proprietà) e altrove per gli imprenditori con qualunque nome sulla pelle dei lavoratori, noi come elogio funebre gli dedichiamo, col semplice rispetto dovuto ad ogni defunto, le note altrui perchè più umilmente proviamo a ricordare i lavoratori, morti fisicamente o morenti economicamente, che nessuno celebra e piange…