Due questioni: lo sbarramento della legge elettorale contro i piccoli partiti e Bellanova (ex Cgil) e Furlan (Cisl) contro revisione del jobs act

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Lavoro e legge elettorale
Lavoro e legge elettorale

Due questioni. La prima: il ministro Speranza (Leu) chiede di ripristinare l’articolo 18 e di “rivedere” il jobs act. Si dovrebbe dire “finalmente” così si discute di lavoro e di diritti … ma subito si scatena l’inferno. Si può capire che Radio24 (quella della Confindustria) si dichiari contraria e che affermi che, visti tutti i problemi che ci sono, sia inutile aprire anche questo in una maggioranza spaccata (vedi prescrizione e concessioni autostradali in primis), ma quello che mi risulta ostico da comprendere (ma che si intuisce chiaramente) è l’assoluta contrarietà, quasi irridente, della Bellanova (ex sindacalista CGIL e ministro dell’agricoltura) e della Furlan (segretaria Cisl).

Se della prima, visto il suo “credo renziano”, la cosa potrebbe essere scontata (anche se incomprensibile visti i trascorsi da sindacalista), per la seconda risulta straordinaria l’affermazione secondo la quale questo argomento (ripristino della “giusta causa” nei licenziamenti) ci riporterebbe al secolo scorso e che c’è “ben altro” da discutere, a partire da 300.000 posti di lavoro a rischio.

Ebbene se ci sono posti a rischio è anche perché i maggiori sindacati (e in primo luogo quello della Furlan) non hanno fatto il loro dovere (che dovrebbe essere la difesa e lo sviluppo dei diritti dei lavoratori) preferendo invece la concertazione con i padroni sempre al ribasso (il “meno peggio” che ci ha portato al “peggio e basta”). In definitiva accettare le loro richieste senza neppure un timido contrasto. Ci spieghino, queste signore, come mai in questi ultimi decenni di assoluta e miseranda resa di fronte al volere di lorpadroni nulla si è risolto a favore dei lavoratori. E rispondano a qualche domanda senza luoghi comuni e tenendo conto che i padroni hanno fatto il loro mestiere.

Perché il lavoro è sempre più precario? Perché le retribuzioni sono così indecorosamente basse da far crescere la platea di lavoratori sotto la soglia della povertà? Ovvero, perché il lavoro non consente più una vita decorosa? E perché i diritti dei lavoratori così faticosamente conquistati e mai regalati sono stati progressivamente cancellati?

Perché si continua a morire di e sul lavoro? E perché nessun padrone viene mai condannato (vuoi per cavilli burocratici, vuoi per la prescrizione)?

Perché chi lavora conta poco o niente nella vita istituzionale che è, invece, piena di politicanti che il lavoro lo hanno visto da lontano? Perché i lavoratori non contano più niente e possono essere licenziati, scartati, buttati via senza che non si possa alzare la testa o protestare perché non bisogna disturbare e, po, “siamo tutti sulla stessa barca”?

Perché i ricchi sono sempre più ricchi, gli evasori sempre più evasori, i corrotti sempre più corrotti e i lavoratori sempre più poveri? E perché gli anziani non possono perché non riescono ad andare in pensione?

Ce lo spieghino, siamo curiosi di sapere.

Certo, non tutto dipende dalla cancellazione, di fatto, dell’art. 18 o dal Jobs Act ma queste ignobili norme di legge hanno forse visto una opposizione sindacale degna di questo nome? E la riforma Fornero sulle pensioni ha visto un minimo di lotta promossa dai sindacati maggiori (ci ricordiamo solo tre ore di “sciopero”)? No, niente di necessario o utile.

Allora, a queste signore che evidentemente hanno rinnegato (se mai l’hanno avuto) il loro ruolo in difesa dei lavoratori, sarebbe da spiegare, a voce alta, che anche se si credono intelligenti o potenti, se credono di essere in qualche misura assolte, non è vero. Sono non solo coinvolte ma anche complici. Anzi colluse con chi sta massacrando sempre di più chi vive del proprio lavoro. Non è chi lotta per maggiori diritti di chi lavora un “vecchio arnese” che ha sposato l’utopia. No. Siete voi che fate parte di quell’insieme che ha accettato di restaurare le ingiustizie presenti non solo nel secolo scorso ma ancora più in là. Siete voi che, di fatto, insieme a chi sfrutta qualsiasi persona o cosa per accumulare ricchezze personali, state creando una società di sudditi e disuguali come quelle che venivano descritte da Dickens.

La seconda: viene proposta una legge elettorale proporzionale con sbarramento al 5% (potenzialmente circa 2.000.000 di voti) con un meccanismo che permette il “diritto di tribuna” (sic). Che altro è se non l’impedimento alle piccole organizzazioni politiche di entrare nelle istituzioni? E magari di rappresentare istanze che i grandi partiti non ritengono più siano interessanti per i loro affari. Che altro è se non il perpetuare della situazione attuale … le stesse facce, gli stessi personaggi inamovibili, gli stessi partiti (anzi quel “partito unico capitalista” diviso in correnti più o meno “liberiste” che fanno finta di combattersi per poi confluire nell’immutabilità di un sistema che cancella i diritti ed elargisce i privilegi a pochi ricchi “signori”)?

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.