Due tesi non ortodosse sull’inflazione, Aduc: la strategia barbell

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Questo è l’ultimo della serie di tre articoli nei quali ho presentato due punti di vista opposti sull’inflazione.

Un punto di vista è estremamente negativo ed è stato presentato nel primo articolo. Prevede un periodo di stagflazione, termine che sta entrando nel vocabolario degli investitori non professionisti, la quale distruggerebbe la maggioranza dei portafogli finanziari.

Un punto di vista opposto, presentato nel secondo articolo sottolinea come l’evoluzione tecnologica potrebbe portare a porre fine al problema dell’energia già nel corso di questo decennio, inoltre le banche centrali potrebbero sfoderare uno strumento tecnologico che non è mai esistito da quanto si studia la macroeconomia ovvero le monete digitali delle banche centrali che potrebbero essere programmabili. Questa è una innovazione che potrebbe cambiare completamente le regole della macroeconomia perché consentirebbe alle banche centrali di operare – per la prima volta – anche sulla velocità di circolazione della moneta.

Come si può comprendere meglio leggendo integralmente i due articoli precedenti, ci sono argomentazioni valide e sensate sia per la prima tesi che per quella opposta. In questo articolo vogliamo sfruttare questa situazione per parlare di strategie d’investimento. In particolare trarremo spunto da una strategia nota, chiamata barbell, modificandola proprio alla luce di questi scenari così contrapposti sull’inflazione.

Il focus che vorrei tenere non è esclusivamente sul problema specifico, ma proprio sul concetto stesso di strategia d’investimento.

 

Che cos’è una strategia d’investimento?

Per il lavoro che faccio, ed anche per il ruolo che ricopro da vent’anni nell’associazione di consumatori Aduc come responsabile per la tutela del risparmio, vedo spessissimo i portafogli finanziari di normali investitori non professionisti. L’impressione che si ricava quasi sempre è che si tratti di un’accozzaglia di prodotti messi insieme senza nessuna logica se non quella dei venditori dei prodotti finanziari che devono piazzare i prodotti più costosi (la polizza multiramo, la gestione patrimoniale, i fondi, ecc.).

Una strategia d’investimento costituisce un insieme di regole che rispondono alle tre “Q” degli investimenti finanziari.

1 – Quali strumenti comprare o vendere?

2 – Quanto comprare o vendere, cioè in che proporzione rispetto al complesso del portafoglio?

3 – Quando farlo?

 

Non ci sono strategie certamente migliori di altre. Se non è completamente campata in aria, però, seguire una qualunque strategia è sempre preferibile rispetto ad investire sulla base delle considerazioni del momento, come fa il 95% degli investitori non professionisti. I vantaggi reali del seguire una strategia si possono apprezzare solo alla conclusione di un intero ciclo finanziario. Per questo così poche persone la applicano.

Serve pazienza, merce rarissima nei mercati finanziari.

 

Se mantenute per la durata di un intero ciclo finanziario, tutte le strategie attraversano tre fasi: 1) periodi nei quali le condizioni dei mercati sono particolarmente adatti e sembra che la strategia sia geniale; 2) periodi nei quali il contesto finanziario è avverso e sembra che la strategia sia stupida; 3) periodi nei quali i mercati non sono né particolarmente favorevoli né particolarmente sfavorevoli e sembra che applicare la strategia sia una perdita tempo.

Come si può vedere, per la maggior parte del tempo seguire una strategia d’investimento è faticoso dal punto di vista psicologico.

A parte i momenti nei quali il mercato è particolarmente adatto a quella strategia, serve una notevole forza psicologica per dedicare risorse a progettare e seguire negli anni una strategia d’investimento. L’idea sarebbe aver vissuto delle esperienze (nella psicologia strategica si parla di “esperienze emozionali correttive”) che ci abbiano insegnato quanto sia fondamentale avere e seguire una strategia d’investimento.

Una cosa che aiuta moltissimo alcune tipologie di investitori (1) è fondare la strategia d’investimento su una filosofia d’investimento. Razionalmente è la cosa migliore da fare.

La strategia barbell

La strategia barbell nasce nel mondo degli investimenti obbligazionari.

In questo articolo la voglio prendere come base di partenza per proporre uno spunto (che poi ciascuno, se lo troverà utile, dovrà elaborare e personalizzare sulla base delle proprie caratteristiche) per costruire una strategia d’investimento più ampia, utile ad affrontare questo periodo particolarmente difficile dal punto di vista dell’inflazione.

Nel mondo obbligazionario uno dei parametri chiave è la duration del portafoglio obbligazionario, cioè la durata media finanziaria delle obbligazioni che compongono il portafoglio. Non è importante conoscere nel dettaglio il concetto della duration per comprendere il resto, di seguito userò delle semplificazioni che preciso meglio in nota (2).

Un’obbligazione a tasso fisso che ha una duration pari a 3 (cioè una scadenza intorno a tre anni)  perderà un 3% se i tassi d’interesse (su quella scadenza) dovessero salire di un 1% (e viceversa).  Un’obbligazione a tasso fisso che ha un duration pari a 20 perderà un 20% al variare dell’1% dei tassi (su quella diversa scadenza).

Un portafoglio obbligazionario può avere una duration pari 3 sia investendo il 100% in obbligazioni con duration pari a 3, sia investendo il 10,55% in obbligazioni con duration pari a 20 ed 89,45% in obbligazioni che scadono ad un 1 anno (89,45% per 1 fa 0,89 e 10,55% per 20 fa 2,11, sommando le due componenti si arriva a 3).

Naturalmente i due portafogli non saranno perfettamente uguali né in termini di rendimento (e neppure – precisamente – in termini di rischio perché sono esposti a variazioni di tassi su punti diversi delle curva dei tassi), ma il concetto di base è che i due portafogli tendono ad avere un rischio abbastanza comparabile.

La strategia barbell, la quale prende il nome dal bilanciere che si utilizza per la pesistica in palestra, è una strategia che sceglie di investire sulle duration estreme, cioè quelle molto brevi e quelle molto lunghe al posto di investire sulle duration centrali (come il bilanciere che ha la quasi totalità del peso sugli estremi e la parte centrale pesa pochissimo).

Questa è una strategia considerata particolarmente utile in periodi di rialzo dei tassi, perché, negli anni, le brevi scadenze dovranno essere rinnovate e se i tassi salgono saranno esposte a tassi d’interesse sempre crescenti.

Il famoso investitore-filosofo Nassim Taleb nei suoi libri (in particolare quello sul “Cigno Nero”) ha portato in auge questo concetto estendendolo (ed in parte anche un po’ snaturandolo) al mondo degli investimenti in generale.

La proposta di Taleb è quella di detenere la grande maggioranza degli investimenti in asset più sicuri possibile, ben sapendo che si sacrificheranno rendimenti potenziali.

La parte più piccola, invece, sarà esposta a strumenti con un potenziale rapporto rendimento/rischio molto elevato. E’ il concetto di “opzionalità” tanto caro a Taleb.

La scarsa redditività della parte non rischiosa dovrebbe essere più che compensata dalla grande redditività nel lungo termine della parte a rischio elevato. Avere tanta parte non a rischio in portafoglio consente di correre rischi molto grandi con piccole parti.

Un piano d’investimento ispirato alla strategia barbell

Chi mi legge da più tempo sa che io preferisco distinguere i termini “strategia” d’investimento e “piano” d’investimento. Ho scritto le ragioni di questa distinzione in questo articolo: “Dalle strategie ai piani d’investimento finanziario” (aduc:).

Il concetto di “piano d’investimento” è qualcosa più legato alla vita dell’investitore, mentre la strategia d’investimento è un concetto più legato ai mercati finanziari e ed al rapporto rischio/rendimento, classicamente inteso.

 

Come abbiamo visto all’inizio di questo articolo (e più approfonditamente nei due precedenti di questa serie) ci troviamo in un contesto nel quale potrebbero realizzarsi due scenari profondamente diversi, i quali potrebbero avere effetti contrapposti sul portafoglio finanziario.

Come in ogni cosa nella vita, il primo passo per fare un salto di livello e risolvere un problema apparentemente irrisolvibile è quello di accettare la situazione in essere.

La pura e semplice verità è che nessuno può sapere se tenderà a realizzarsi più lo scenario disastroso della stagflazione prolungata o lo scenario legato all’impatto favorevole delle nuove tecnologie e della possibilità che le banche centrali governino questa difficilissima fase macroeconomica (e geopolitica).

Nel frattempo, l’unica cosa che possiamo fare è accettare che nell’attuale contesto finanziario e macroeconomico “non c’è un posto dove nascondersi”.

In questi primi 4 mesi del 2022 praticamente non si è salvato nessuno. Solo le materie prime hanno avuto rendimenti positivi, ma il complesso del portafoglio è fortemente in perdita, sia per coloro che hanno più obbligazioni in portafoglio (in teoria i profili più conservativi) che per coloro che hanno più azionario.

Questo è il contesto attuale, c’è poco da fare. E’ necessario prepararsi alla possibilità che questo possa durare (naturalmente con fasi migliori e peggiori) da qualche trimestre ad un paio di anni.

Da questo spazio di accettazione della realtà, ciascun investitore dovrebbe fare le proprie valutazione individuali (per questo il concetto di ”piano” e non semplice “strategia”) sul significato che potrebbe avere per i propri obiettivi di vita ed i propri orizzonti temporali un periodo di qualche trimestre/anno di rendimenti reali (cioè aggiustati per l’inflazione) negativi in modo da stabilire i parametri del piano (orizzonte temporale, pesi di portafoglio, tolleranza alle oscillazioni, ecc). Dopo questa prima valutazione, si passa alla parte costruttiva, la quale  consiste nel pianificare come sfruttare questo periodo di discese dei prezzi per modificare il proprio portafoglio finanziario affinché – passata la fase negativa – lo stesso possa recuperare agevolmente la redditività mancata durante la fase negativa.

Anziché concentrarsi, come fa la maggioranza delle persone, nel tentare di evitare ciò che fa paura (“oddio, l’inflazione mi mangia il potere di acquisto”) è molto più efficace capire che queste fasi possono essere sfruttare per “caricare” – come fosse una molla – il portafoglio di opportunità di rendimento futuro.

Il piano per attraversare questo periodo difficile, quindi, potrebbe ruotare attorno all’idea di ridurre fortemente o eliminare del tutto dal portafoglio le componenti  a “ rischio medio” – come le obbligazioni con duration dai 2 ai 7 anni –  portandole in strumenti liquidi o simili (duration ad un anno) per realizzare gradualmente un piano di acquisto della durata di 12/36 mesi in componenti più esposte al rischio sia sulla parte obbligazionaria (duration molto lunghe) sia sulla parte azionaria (azioni che hanno sofferto maggiormente e/o che soffriranno maggiormente in futuro).

Al termine di questa fase, il portafoglio dovrebbe essere “carico” di potenzialità di recupero. Le tipologie di rischio con il quale si dovrà “caricare” il portafoglio saranno determinate dall’andamento dei mercati nei prossimi trimestri e non dalle nostre previsioni. Non c’è bisogno di scegliere quale dei due scenari sarà più probabile, basta accettare l’idea di comprare le attività che saranno scese maggiormente.

Conclusioni

Naturalmente non è possibile scendere troppo nei dettagli in un articolo rivolto al pubblico indistinto. Tutte le variabili principali sono determinate dalle caratteristiche individuali dell’investitore e dal portafoglio attualmente in essere. Ad esempio, qualora vi fosse già molto rischio nel portafoglio attuale si potrebbe pensare inizialmente di ridurlo e successivamente “caricare” gradualmente il portafoglio di potenziali alti rendimenti.

Ho voluto dare uno spunto di partenza per realizzare un piano d’investimento che possa essere adeguato al singolo investitore senza la necessità di tentare di prevedere quale sarà lo scenario macroeconomico futuro. I dettagli di un piano così realizzato si possono affrontare solo a livello individuale o con un professionista specializzato oppure dedicando molto tempo a livello individuale e facendo tante piccole prove ed errori che facciano maturare le esperienze necessarie.

 

Note:

(1) Per certi aspetti gli esseri umani sono tutti uguali, ma per altri aspetti – più di ordine psicologico – sono diversi. Alcune persone tendono ad essere più mentali, altre più tendenti ad agire, altre ancora più tendenti agli aspetti emotivo/relazionali. Ciascuna di queste categorie si divide in altri tre gruppi e poi ancora in altri tre gruppi. Abbiamo così 9 e poi 27 tipologie di esseri umani. Naturalmente, così come ogni foglia di un albero è diversa dall’altra, all’interno della specifica categoria ciascuno ha le proprie individualità.

Per questo non ha senso pensare che una strategia possa andare bene per tutti gli investitori. Investire è qualcosa di estremamente personale, un po’ come mangiare, scegliere un lavoro, stringere una relazione affettiva.

 

(2) La formula della duration è abbastanza complicata, quella più utilizzata è quella espressa da Frederick Macaulay nel 1938 (durata media finanziaria). Non è importante conoscerla, si trova su tutti i siti finanziari o si può calcolare sui fogli di calcolo con la formula “DURATA”, in italiano, o DURATION, in inglese. E’ più utile essere consapevoli che utilizzando la Duration Modificata, che si calcola dividendo la duration per 1 più il tasso di rendimento interno dell’obbligazione, si può sapere quando scende o sale il prezzo dell’obbligazione al salire o scendere del tasso di rendimento interno. Questo è l’aspetto fondamentale da conoscere della duration. Impropriamente, per alleggerire la lettura in questo articolo usiamo il termine duration anche per indicare la duration modificata.

 

Alessandro Pedone, responsabile Aduc Tutela del Risparmio