Il titolo della notizia di ieri, 1° agosto, è “Due operai morti a Pordenone e Bologna dopo ore di lavoro sotto il sole: avevano 35 e 53 anni” (fanpage.it).
È ormai una “normale fatalità”.
Non ci si fa più caso. L’assassino è il calore, qualcosa di imponderabile. In qualche titolo si scrive, infatti, di “Caldo killer in Friuli, operaio muore dopo aver lavorato per ore sotto al sole”.
No, non ci sto. Non possiamo credere che sia il caldo il vero assassino. A uccidere è il sistema che impone condizioni di lavoro insopportabili. Un insieme di cose, le retribuzioni insufficienti, i ricatti occupazionali, la paura di restare senza lavoro …
Ma quando riusciremo a rendercene conto? Quante centinaia di vite di lavoratrici e lavoratori dovremo ancora piangere per avere coscienza che queste non sono morti per tragiche fatalità ma per condizioni insostenibili che persone (non macchine o cose) vengono, volenti o nolenti, costrette ad accettare?
Si muore per infortunio, si muore per malattia. Si muore per malore dopo ore di lavoro in condizioni insostenibili. Il risultato è sempre lo stesso. Si muore.
Vi sembra un sistema umano? Vi sembra logico? Non si può pensare che, forse, qualcosa non funziona in questo modello di sviluppo che ci fanno credere l’unico possibile? E non si potrebbe pensare che qualcosa d’altro si possa realizzare? Che so, magari un sistema che mette al primo posto la vita stessa dei lavoratori e non il profitto di “lorpadroni”?