È morto il grande Quino, il papà di Mafalda. Qualcuno si è spinto sino a fare le condoglianze a Mafalda senza sforzarsi di andare oltre. Ma la grandezza di Quino, secondo me, non risiede per niente nella simpaticissima ma facile Malfalda, bensì nelle migliaia di tavole quasi tutte senza parole nelle quali Quino ha riversato la sua straordinaria capacità di osservazione dei fatti e dei comportamenti al fine di infliggerci delle dolorosissime prese di coscienza.
La paradigmatica vignetta che allego ha più di quaranta anni e anche oggi, purtroppo, non sarebbero pochi a non comprenderne la profondità, profondità che è data proprio dal fatto di parlarci senza parole.
Mafalda dice cose simpatiche, perle di saggezza, spesso drammaticamente vere, ma pensateci bene, è anche esageratamente matura per la sua età ed è questo che piace perché, in fondo e per nostra fortuna, non incontreremo mai una bambina così che ci farebbe solo star male non appena apre bocca.
I cartoons di Quino sono invece ricolmi di gente che esiste, che incontriamo, conosciamo e frequentiamo, a volte siamo noi stessi. Sono persone in carne e ossa, spesso non bella gente, ma questo lo sappiamo già, ma lui è riuscito a vedere lati in loro che noi non sempre siamo riusciti a cogliere e capiamo che appartengono al mondo reale. Queste persone noi spesso le incontriamo e lui ci ha messo sull’avviso, fate attenzione.
Tra l’altro Quino ha disegnato Mafalda per soli 10 anni, dal 1963 al 1973, poi basta. E dato che la vena creativa non gli è venuta meno, suppongo che la sua scelta non sia stata dettata dall’inaridirsi delle idee ma dalla scelta di comunicare in modo più diretto e non attraverso una, pur simpatica, intermediaria.