Gentile direttore, da quando vi è stato il crollo dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), che Leonìd Il’ì_ Brè?nev, ricordate, aveva dichiarato che avevano realizzato il socialismo reale, la sinistra italiana, orfana di padre, madre e fratelli (Erich Honecker, ad esempio, nella Germania dell’Est) è in cerca di una sua propria identità. Vi aveva provato Achille Occhetto che dimenticò il suo tallone, ovvero lo zoccolo duro del Partito Comunista Italiano che non voleva e non vuole nemmeno oggi sentir parlare d’altro che di comunismo, di lotta di classe.
E per questa abilmente coinvolge con il pugno alzato anche i carrieristi della sinistra e pure quelli della Democrazia cristiana di sinistra passati con i compagni. Memorabile la foto di Achille Variati “alla partigiana”, della Alessandra Moretti a pugno chiuso vicino a Bersani ecc.
Dal 1992 vi è stato un gran movimento all’interno della sinistra italiana, come di consuetudine, e perfino divisioni varie con la prospettiva di rifondare il comunismo, di portare la sinistra al governo per costruire secondo l’antico verbo una società migliore, senza classi, dove tutti avrebbero un lavoro, dove lo Stato sostituirebbe perfino la mamma e Babbo Natale. Il tutto condito in salsa “diritti”, mai “doveri”.
Purtroppo l’errore storico della sinistra italiana soprattutto dal secondo dopoguerra è stato duplice.
Il primo pensare che si potesse, magari con una lunga marcia alla Mao Zedong, raggiungere il potere, e il seconda quello di aver trasformato la critica dell’economia politica che per Karl Marx, basta leggere Il capitale (o più facile Per la critica dell’economia politica, che è il fondamento della stessa prospettiva politica), in critica della politica economica, ovvero l’avversione ai provvedimenti economici dei governi di maggioranza, salvo poi lentamente finire a salvaguardare l’apparto economico messo in piedi dalle cooperative, dette “rosse”, dalle banche proprie (Monte dei Paschi di Siena, Unipol) o vicine, tanto che si è perfino sospettato di collusione con la massoneria.
Ad ogni occasione la sinistra italiana nel suo complesso, pur cercando il Partito Democratico con la conduzione Matteo Renzi di allontanarsene, ha sempre avuto come determinante lo zoccolo duro. Questo è rimasto e il Renzi fu addirittura accusato di berlusconismo e una parte del partito se ne è andata a produrre Liberi e Uguali, sulla scia dei primi comunisti francesi François-Noël Babeuf e Filippo Buonarroti, ma di fatto ben ammirando Vladimir Lenin, Josif Stalin, Palmiro Togliatti, come fa senza alcun ritegno Maurizio Corona, e l’osannato sempre e comunque Enrico Berlinguer che mai rinnegò il comunismo sovietico, anche se ne allontanò, si disse. Neppure Giorgio Napolitano, che ha condotto presidenzialmente lo Stato Italiano a favore solo della sinistra ha mai fatto autocritica.
Eppure fin dalla fine del secolo diciannovesimo Georges Sorel aveva avvertito che il marxismo era una nuova metafisica e che le sue analisi erano superate, visto e considerato che la rivoluzione, predicata come imminente da Marx, non solo non si era realizzata, ma il capitalismo si era addirittura rafforzato. Il successo quasi casuale di Vladimir Lenin nella Russia zarista non fu dovuto a aluna diffusa coscienza di classe marxista-leninista, ma solo alle terribili condizioni socioeconomiche determinate dalla guerra e da altri guai storici. Il partito socialdemocratico cui appartenevano anche i bolscevici, era piccolo, ma il capopopolo con acconce parole, si leggano i suoi discorsi, che oggi chiameremmo populisti, riuscì, impadronendosi e riorganizzando con Lev Trockij l’esercito, a conquistare il potere. Le forze avverse con l’esercito bianco dovettero soccombere, perchè gli Stati che lo sovvenzionavano avevano, dopo il primo conflitto mondiale, tantissimi altri problemi.
Nacque comunque un modello totalitario di Stato che fu propagandato in tutto il mondo e per decenni. Si opposero altri movimenti che riuscirono in Italia, in Germania, in Ispagna a proporre modelli di totalitarismo similari. L’alleanza tra la Germania hitleriana e l’URSS stalinista, che si complimentò con Hitler per la conquista di Parigi oltre che per la spartizione della Polonia che diede inizio al secondo conflitto mondiale, fu l’alleanza dei totalitarismi. Certo poi la Germania e l’URSS divennero nemici e il contributo di sangue dei sovietici per la liberazione dall’invasione nazionalsocialista fu grande, ma ebbe come guadagno l’Europa dell’Est e il diventare l’unico vero riferimento del comunismo internazionale, che guardò sempre fino alla fine a quel comunismo.
L’Italia cercò di svincolarsi, si dice con la svolta di Enrico Berlinguer e la tanto decantata, ma mai compresa da nessuno, via italiana al socialismo, ma il modello rimase quello. Quel modo di vedere la politica, il centralismo democratico elaborato da Lenin, gli slogan di una società senza differenze, dell’abolizione della chiesa cattolica ecc. ebbero durante tutto il secondo dopoguerra per il popolo rosso una loro efficacia che è rimasta tale, tanto che l’essere del Partito Democratico di fatto significa ancor oggi essere “comunisti”. Soprattutto per quegli intellettuali organici sempre pronti perfino nei film ad osannare il Partito (ci ricordiamo certo di sora Lella, la sorella di Aldo Fabrizi in “Un Sacco bello”, alla fine al seggio elettorale inneggiare al comunismo) e basta vedere uno dei tanti film italiani dal 1970 in poi, per vederli strumento di propaganda della sinistra, spesso, a spese di Pantalone, visto che erano finanziati dallo Stato. Non meno partner della sinistra sono stati programmi radiofonici e televisivi anche sui canali di Berlusconi, colui che in un tratto cancellò il quasi raggiunto potere.
Perdurò, comuqnue, sempre la visione dello zoccolo duro.
Infatti non esiste una sinistra italiana moderna e aggiornata nei contenuti, consapevole del nuovo mondo, anzi essa costantemente si richiama al passato, ai contenuti del tempo che fu, quasi sostenendo il dogma del comunismo come inconfutabile esito della storia, nemmeno conscia che l’uomo è anche libero di non essere comunista. Si tratta di una visione, quella marxista, deterministica e meccanicistica, dove l’uomo viver libero non sa e per questo deve avere il capo, ossia il Partito che pensa ed opera per te, (cfr. la nomenklatura sovietica e italiana, dove molti han fatto solo politica per vivere e mai hanno lavorato).
In breve queste sono una parte delle ragioni per cui non esiste in Italia una sinistra moderna. Essa, non è stata capace di fare i conti con il passato e accusa piccoli gruppetti avversari di essere “fascisti”, per resuscitare ad arte un antifascismo che sa più di maniera che non si sostanza. Facile criticare di totalitarismo gli altri e dimenticare il proprio.
Soltanto quando la sinistra lascerà il proprio passato, e ciò vale anche per alcuni gruppi che si dicono di destra, ma è lecito dubitarne, e leggendo il mondo attuale inizierà a cambiare la propria visione del mondo, perchè obsoleta, solo allora si potrà parlare di una nuova prospettiva politica, che, abbandonando i triti concetti di destra e sinistra, potrà delineare nuovi orizzonti per il bene civile che del passato totalitario, qualunque marca abbia, deve poterne fare a meno. Purtroppo la strada intrapresa, forse nel 1992, non è stata nemmeno tracciata, perchè fa comodo il populismo, che piaceva tanto a Lenin e di cui, se la si analizza con serenità, è intrisa proprio la sinistra italiana che lo condanna negli altri, per far dimenticare il proprio.
Si era sperato che la “sinistra” marxista fosse stata abbandonata, ma ancora sopravvive soprattutto in coloro che da essa ricavano il sant’oro politicamente corretto… naturalmente.