Al prestigioso forum Ecomondo, la piazza che quest’anno sarà completamente virtuale dove si incontrerà a livello nazionale a partire da domani 3 novembre e per una settimana la community della green economy, si parlerà anche di Vicenza e, in particolare, della discarica di Grumolo delle Abbadesse e di un innovativo metodo per garantire una corretta ‘stabilizzazione’ degli impianti di stoccaggio di rifiuti non riciclabili o riutilizzabili. L’impianto gestito da SIA, la società partecipata da CIAT e AIM, sarà oggetto di una relazione curata dagli ingegneri Stefano Busana, progettista e consulente ambientale, e da Giulia Dal Corso di AIM Ambiente, e affronterà gli effetti del contenuto d’acqua e delle eterogeneità sul controllo e sul miglioramento della mineralizzazione dei rifiuti solidi urbani nella discarica di Grumolo. L’intervento è previsto proprio per il 3 novembre, all’interno di un’intera giornata dedicata al monitoraggio geotecnico delle opere per la difesa del territorio e la tutela dell’ambiente, a cura del Comitato tecnico scientifico Ecomondo e dell’Associazione geotecnica italiana (AGI).
Il monitoraggio geotecnico è un tema di grande attualità e molto interessante sul piano delle conseguenti applicazioni, legato com’è alla notevole casistica di situazioni critiche, sia in relazione agli argini fluviali e ai versanti in frana, sia alle opere per la tutela dell’ambiente, come le discariche controllate e gli interventi di bonifica dei siti contaminati.
Infatti, nella gestione sostenibile delle discariche, un tema molto attuale e non ancora ben sviluppato è la loro ‘stabilizzazione’, ossia il controllo di quanto avviene dopo che l’impianto ha raggiunto la sua massima capienza, non riceve più materiale e rimane apparentemente inattivo, sebbene i processi naturali e chimici continuino ancora a lungo negli anni, periodo in cui è fondamentale assicurare un adeguato controllo al fine di scongiurare conseguenze sull’ambiente circostante.
L’attuale normativa impone al gestore di occuparsi della manutenzione, sorveglianza e controllo della discarica completata per tutto il tempo in cui essa potrebbe comportare dei rischi per l’ambiente e fissa una durata minima per tale periodo pari ad almeno 30 anni. Il gestore della discarica ha, però, la necessità di stimare con maggior precisione la durata della fase post-operativa, al fine di accantonare correttamente i fondi sufficienti per le attività di manutenzione, monitoraggio e controllo, per garantire la massima protezione dell’ambiente nel periodo in cui la discarica, sebbene chiusa, non sia ancora completamente stabilizzata e potrebbe produrre emissioni non trascurabili. Per minimizzare il rischio di eventuali impatti ambientali, la gestione sostenibile della discarica deve quindi essere finalizzata fin dalla fase operativa a far sì che il rifiuto conferito si stabilizzi prima possibile. Spesso tale processo, però, non avviene in modo uniforme nell’intero corpo discarica, poiché in alcune zone non sussistono le giuste condizioni di umidità affinché il rifiuto si degradi e stabilizzi.
Ciò comporta la possibilità che i processi di degradazione, responsabili di eventuali rischi per l’ambiente, se non gestiti e trattati, ripartano quando ormai la fase post-operativa è ritenuta conclusa e la discarica non è più controllata. Lo studio che sarà presentato ad Ecomondo, contenuto nella tesi di laurea di Giulia Dal Corso, riporta una procedura di monitoraggio semplice ed economica per individuare le zone della discarica in cui è necessario intervenire per far accelerare o far ripartire il processo di stabilizzazione dei rifiuti. Il lavoro prende in considerazione il caso reale della discarica per rifiuti urbani residui di Grumolo delle Abbadesse, ma potrà essere applicato anche ad altre discariche, poiché si basa su dati normalmente monitorati, come ad esempio la produzione di percolato e di biogas, nonché la qualità di quest’ultimo nei singoli pozzi di estrazione.
A partire da tali informazioni, e tramite l’elaborazione di un modello matematico di produzione del biogas, è stato possibile osservare che il processo di stabilizzazione stava rallentando ed individuare quelle aree che soffrivano per mancanza di umidità. Lo studio, infine, propone la realizzazione di alcuni campi prova per definire le metodiche e le tecniche più adatte ed efficaci a sanare il deficit di umidità, nonché i parametri chiave per il dimensionamento e la gestione di tale sistema finalizzato a far ripartire e accelerare la stabilizzazione del rifiuto.