È almeno dal 2008 che gli editori italiani tirano la cinghia. Solo negli ultimi cinque anni, dal 2013 al 2017, i primi otto gruppi del settore censiti da R&S-Mediobanca – Mondadori, Rcs, Gedi, Il Sole-24Ore, Monrif, Caltagirone Editore, Cairo, Class – hanno tagliato del 29% il costo del lavoro, del 28,3% il costo della carta (anche per effetto della riduzione di tirature e foliazione), del 27% gli altri costi, inclusi quelli di distribuzione. Per l’insieme degli otto gruppi considerati, negli ultimi cinque anni si sono persi 3.301 posti di lavoro e l?organico aggregato è sceso così a 11.886 unità. Gli editori hanno tirato il freno anche sugli investimenti: 13 milioni in meno in cinque anni (-40% sul 2013) con un rapporto sulle immobilizzazioni materiali lorde dell?1,2% nel 2017, il più basso in Europa, che si confronta con un tasso d?investimento del 7,2% in Germania, del 3,4% in Francia e del 2,6% in Gran Bretagna. Nel periodo si sono sopportate perdite nette cumulate per 1,2 miliardi (si è salvato solo Cairo Editore con un saldo positivo nel quinquennio per 38 milioni).
Ma, alla fine, tutto ciò un risultato l?ha prodotto: il margine Ebit, che era negativo del 5,7% nel 2013, a fine 2017 – nella media del campione – era invece positivo del 4,1%, senza sfigurare in Europa. Dove la redditività industriale dei principali gruppi editoriali tedeschi resta inavvicinabile al 9,7%, ma la media italiana è poco sotto la media del Regno unito (4,3%) e ben oltre la marginalità dei gruppi francesi, che si ferma allo 0,3%. Il dato dell?aggregato italiano è però il risultato di situazioni molto differenti, con Cairo che vanta un margine operativo del 12,4% e Rcs del 10,8%, mentre in coda c’è l’editoria economica con Il Sole 24 Ore che riporta nel 2017 un margine Ebit negativo del 19,5% (unica società in peggioramento dal 2013) e Class negativo del 25,2%. Va comunque detto che il saldo finale, beneficiando in qualche caso di operazioni straordinarie, è migliorato per diversi gruppi nell?ultimo anno: gli utili Rcs hanno fatto un balzo dai 4 milioni del 2016 a 71 milioni, Mondadori è passata da 22,5 a 30,4 milioni, Il Sole-24Ore da una perdita di 92,6 milioni a un utile di 7,5 milioni.
Ora i tempi sembrano maturi per cercare di agganciare le prospettive di rilancio che altrove si cerca di cavalcare. I ricavi, per quanto riguarda sempre gli otto gruppi considerati, sono scesi nel 2017 a 3,5 miliardi (di cui 38,6% ricavi diffusionali, 36% ricavi pubblicitari), un quinto in meno rispetto ai 4,3 miliardi del 2013. Il calo, pari al 6% nel 2017, non trova riscontro in Europa, dove si registrano ricavi in crescita del 7,5% in Francia, del 2,6% in Germania e dell?1% in Uk. A trainare in Europa le testate economiche, che hanno registrato entrate in aumento del 3,9% contro la flessione dello 0,5% delle testate generaliste.
In Italia sono scesi più i ricavi da diffusione (-22,2% sul 2013) che quelli da pubblicità (-17,2%). Dati che, considerata la composizione del campione dove pesa un gruppo come Mondadori concentrato sui libri, si discostano dal trend mondiale relativo all?industria dell?informazione. Il rapporto Wan-Ifra segnala infatti per i quotidiani un giro d?affari, a livello globale, sceso ?solo? dell?8,6% in cinque anni a 150 miliardi di dollari – con ricavi diffusionali in crescita nel periodo del 6,8% e la pubblicità calata invece del 23,7%. Le vendite, col 58%, ora sono la voce preponderante delle entrate, dopo il sorpasso sulla pubblicità avvenuto già nel 2014. Di conseguenza il sentire comune nel settore è che occorra concetrarsi maggioramente sulla ricerca e il mantenimento di lettori disposti a pagare per contenuti di qualità, immaginando anche fonti di ricavo diverse da quelle tradizionali.
In un recente sondaggio condotto dal Reuters institute for the study of journalism dell?università di Oxford tra 194 manager dell?editoria emerge che si scommette sugli abbonamenti digitali per accrescere i ricavi nell?immediato futuro, ma dato che finora non si è riusciti a compensare le perdite da stampa (tuttora l?89,5% dei ricavi mondiali dei quotidiani deriva dalla ?carta?), le ricerche settoriali prevedono che nei prossimi anni aumenterà notevolmente il peso delle entrate diversificate rispetto a diffusione e pubblicità.
La diffusione dei quotidiani a livello mondiale è rimasta sostanzialmente stabile nell’ultimo anno (-0,1%), mentre è calata del 15,4% in Italia, dove si sono perse 400mila copie al giorno. Il numero di copie complessivo è sceso a 2,2 milioni (-il 40,5% sul 2013), rappresentando appena lo 0,4% della diffusione mondiale.
di Antonella Olivieri da Il Sole 24 Ore