Effetto 4 marzo e nei Comuni al voto è resa dei conti, la Repubblica: blitz leghista per Rucco ed è rottura con Fi a Vicenza

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La crisi del Pd, la grande avanzata dei Cinque Stelle e i nuovi equilibri nel centrodestra dopo il sorpasso del Carroccio su Forza Italia si fanno già sentire sul territorio dove il 10 giugno le urne si riapriranno per quasi sette milioni di elettori. Blitz leghista fa saltare gli accordi in Veneto. Rottura con Fi a Vicenza
Vicenza e Treviso. San Donà di Piave, Adria, Villafranca. In attesa che Roma dica se Matteo Salvini e Silvio Berlusconi continueranno a marciare sulla stessa strada o se i percorsi politici dei due leader si divideranno al bivio delle Cinque Stelle, l’alta tensione si scarica sui territori. In particolare nelle Regioni e nei Comuni che, da qui alla fine di giugno, dovranno pronunciare nuovi verdetti elettorali, dopo quelli del 4 marzo.

L’epicentro del terremoto, nell’ultima settimana, è stato il Veneto. Perché in Veneto è andato in frantumi il patto che stabiliva la spartizione delle candidature nei due capoluoghi che a giugno rinnoveranno le amministrazioni comunali.
L’accordo prevedeva la candidatura di un leghista (Mario Conte) a Treviso e di un forzista (Fabio Mantovani) a Vicenza.
Fatto sta che nei giorni scorsi la Lega, valutato il progressivo indebolimento della candidatura di Mantovani, sottoposta a un incessante fuoco amico anche dalle file del partito che lo aveva proposto, ha mandato in mille pezzi l’intesa e si è schierata a favore di Francesco Rucco, messo in campo da Fratelli d’Italia proprio per ostruire il cammino di Mantovani. La mossa ha ovviamente scatenato l’ira degli azzurri, primo fra tutti Renato Brunetta che insieme al coordinatore regionale Adriano Paroli aveva promosso la candidatura di Mantovani, stimato presidente dell’Ordine degli avvocati. Fuoco e fiamme, accuse di tradimento e minacce di rompere l’accordo su Treviso e sugli altri Comuni nei quali sono ancora in corso le trattative per individuare candidature comuni. «Su Vicenza non torniamo indietro», dice Gianantonio Da Re, segretario regionale della Lega, a cinque giorni dalla frattura. Forza Italia, colta di sorpresa dal blitz leghista, deve ancora assorbire il colpo.
Domani (23 aprile, ndr) si riunirà il direttivo regionale e da quel tavolo i dirigenti locali del partito attendono indicazioni. «Quello di Vicenza è un incidente molto grave – spiega Paroli – e serietà vorrebbe che la rottura decisa dalla Lega a Vicenza facesse venir meno anche gli accordi su Treviso. Ma noi vogliamo bene al centrodestra, crediamo che la coalizione unita sia anche per le amministrative la formula che garantisce la vittoria e faremo di tutto per trovare soluzioni anche in un quadro complicato».
La convinzione dei dirigenti locali delle due principali forze del centrodestra è che l’alleanza a Treviso (cementata da mesi di lavoro comune che hanno permesso di recuperare alla coalizione anche l’ex sceriffo Gentilini) reggerà. Si va verso soluzioni unitarie anche a Adria e Villafranca Veronese, dove pure si sono vissute settimane di grande travaglio.
A San Donà di Piave (il collegio elettorale di Brunetta), viceversa, Lega e Forza Italia andranno divise al primo turno. Anche qui è stata la Lega a sparigliare, rimettendo in campo la candidatura della farmacista Francesca Pilla, già tramontata nei mesi scorsi e improvvisamente rispuntata dopo che si era faticosamente trovata un’intesa su un candidato forzista. A Vicenza l’unica chance per vedere il centrodestra unito è la convergenza di Forza Italia su Rucco. Improbabile, ma non impossibile, che Brunetta e Paroli decidano di ingoiare il rospo.
Per quanto circoscritto, il terremoto veneto è comunque la spia della fragilità dell’equilibrio nel centrodestra, sconvolto dai risultati del 4 marzo. Qui, nell’area più ricca e dinamica del Paese, dove la Lega è oltre il 30%, Forza Italia ai minimi termini e i Cinque Stelle lontani dalle percentuali medie nazionali, i dirigenti del Carroccio si sentono titolari del diritto di governare. A Treviso, a Vicenza, così come a Roma. Considerano Forza Italia un partito al crepuscolo e faticano a digerire l’eventuale intesa con i Cinque Stelle del reddito di cittadinanza.
Rivendicano la loro forza, la richiesta di autonomia, di alleggerimento della pressione del fisco e della burocrazia.
Guarda caso gli stessi temi al centro del patto siglato ieri a Trieste tra i governatori leghisti di Lombardia e Veneto (Fontana e Zaia), il probabile prossimo governatore del Friuli Venezia Giulia, pure leghista, Massimiliano Fedriga, e il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, il forzista più vicino alla Lega.
Un asse che, se il 29 aprile si chiuderà con la vittoria di Fedriga, è destinato a spostare ancor più verso la Lega il baricentro dell’alleanza con Forza Italia, che non governa nessuna delle Regioni traino del Paese. Sempre che un’alleanza di centrodestra, tra una settimana, ci sia ancora.

di Roberto Rho, da la Repubblica