Attaccare in ogni sede chi vi scrive, un giornalista inviso perché indipendente, anche da lei e da quelli come lei, pare l’attività principale di Elena Donazzan, assessore all’istruzione, alla formazione, al lavoro e pari opportunità in quota Zaia, visto che è uscita dal suo partito, Forza Italia, per cercare casa altrove.
Ora Elena di Pove, dopo aver fondato un mini movimento, è parcheggiata in Fratelli d’Italia anche se non abbiamo capito (e con noi molti altri suoi iscritti leggendone i commenti sui social e negli incontri più o meno pubbliciì) perché, se escludiamo qualche momentaneo ed effimero calcolo elettorale della presidente Giorgia Meloni.
Pur cambiando partito (nel PdL amava Giancarlo Galan ed era sdegnata con noi che segnalavamo con sufficiente anticipo sui fatti successivi questa infelice amicizia con chi poi patteggiò una pena di due anni e sei mesi per le tangenti sul Mose) rimane, però, costante la sua abitudine di lanciare strali e avvocati contro i colleghi di Giorgia Meloni, che è anche giornalista professionista, negandosi prima alle loro domande quando non adulatorie.
Se la “sodale” politica (solo?) del “doge di Venezia”, Lia Sartori, amava dire (cfr. Renzo Mazzaro nel suo I padroni del Veneto) che per zittire i giornalisti bastava denunciarli più volte “visto che non hanno i soldi per difendersi“, ben la imita con noi l’assessore all’istruzione (che mai ha completato i suoi studi), alla formazione e al lavoro (settore in cui pende da fine 2016 un’inchiesta presso la procura della Repubblica di Venezia è alla base di varie sue denunce nei nostri confronti) e alle pari opportunità (una contraddizione in termini di Zaia che l’ha scelta per tutti fuorché per… chi non è duro e puro come gli obiettori di coscienza, il popolo LGBT e chi professa una famiglia diversa da quella benedetta dal matrimonio, che, tra l’altro, la politica in cerca di partito non ha ancora abbracciato).
Se, però, l’assessore dell’era Galan e del suo successore Zaia pensa di zittirci, qui siamo noi a cercare la sua simpatia e a dichiararci “duri e puri” pur di avere pari opportunità con lei, formati come siamo al duro lavoro e ben istruiti dalle norme deontologiche nel nostro Ordine che in dodici anni mai ci ha sanzionato: finché avremo una tastiera e un avvocato amico continueremo a fare il nostro lavoro, sempre documentandolo e, se del caso, subendo, ingiuste, condanne come quelle spesso comminate a colleghi che hanno denunciato scandali come quelli del Mose e delle truffe bancarie, che, poi, si sono puntualmente materializzati.
Ma per la gentile assessore all’istruzione, alla formazione, al lavoro e pari opportunità non solo faremo questo, magari evitando qualche aggettivo a cui poi si attaccano i suoi legali e i giudici di turno dimenticando i sostantivi, cioè i fatti, che ci sono accanto agli aggettivi, ma reagiremo ogni qual volta, d’ora in poi, ci attaccherà proditoriamente usando i mezzi che lei ci ha insegnato, finalmente da buon assessore all’istruzione.
Abbiamo, quindi, dato mandato al nostro legale, avvocato Marco Ellero, di querelarla sulla base di queste nostre segnalazioni a lui inviate.
1 – Il giorno 15 luglio il Coordinamento regionale di Fratelli d’Italia del Veneto inviava, insieme e dopo numerosi altre attestazioni di partiti, associazioni e cittadini una nota stampa di “vicinanza e solidarietà al direttore di Vicenza più Giovanni Coviello per le vicissitudini di natura giudiziaria che lo hanno purtroppo coinvolto…”.
2 il 16 luglio Elena Donazzan, componente dello stesso Coordinamento, particolarmente legalmente accanita contro lo scrivente Giovanni Coviello, responsabile di seguire le sue vicende non solo con ossequio e deferenza, inviava questo messaggio al cosiddetto Gruppo Whatsapp” del coordinamento stesso, messaggio che si è subito moltiplicato come destinatari, uno dei quali, tra i tantissimi a noi vicini, ce lo ha subito sottoposto: “Chiedo al Coordinatore di dare spiegazioni. Il sig Coviello è pluricondannato e in particolare nei miei confronti con una sentenza di condanna in via definitiva in sede penale ed una condanna in sede civile per diffamazione con risarcimento danni di 30 mila euro che devolverò in beneficienza (…ienza?, ndr) quando li otterrò se lo otterrò visto che risulta nullatenente. Se il coordinatore regionale personalmente vuole schierarsi con un condannato contro un esponente di partito, chiedo le dovute spiegazioni”.
3 del gruppo fanno parte una trentina di componenti: dirigenti nazionali, tra cui il senatoreIgnazio La Russa, noto avvocato italiano, l’on. Giovanni Donzelli, responsabile nazionale organizzazione, l’on Francesco Lollobrigida etc., tutti i parlamentari di FdI eletti in Veneto, il Coordinatore regionale Sergio Berlato, consigliere regionale del Veneto, già europarlamentare e rieletto in attesa di conferma tecnica, Elisabetta Gardini, già europarlamentare, tutti i membri dell’organo, tutti i Coordinatori provinciali, i consiglieri regionali ed i responsabili regionali delle consulte tematiche.
4 – il contenuto del messaggio chat riferisce di Giovanni Coviello, oltre che come “nullatenente” (come se questa fosse una colpa e non un merito in questo mondo di soldi per pochissimi e povertà per le moltitudini) in riferimento a una condanna civile subita senza poterle fare opposizione per mancanza di fondi proprio in una controversia con la Donazzan, anche e, peggio, come “pluricondannato” senza specificare né la tipologia né l’entità delle condanne e facendomi immaginare, come direbbero lei e il suo avvocato a parti invertite, come “un pericoloso pregiudicato” magari per truffe, furti, omicidi…
5 tali condanne sono tre e sono “multe” penali (per importi di 800, 750 e 1000 euro) per un reato, quello della diffamazione a mezzo stampa, a cui va facilmente incontro un giornalista che si occupi costantemente di inchieste e il sottoscritto Coviello lo fa da 12 anni senza mai aver subito al riguardo sanzioni deontologiche dall’Ordine dei Giornalisti del Veneto e venendo per ciò apprezzato da centinaia di migliaia di lettori oltre che da partiti, associazioni e gruppi che contrastino l’illegalità (è autore di inchieste sulle banche venete, sul sistema Galan, sulla Pedemontana Veneta, sulla Fondazione Roi …)
Nel dettaglio le multe sono relative a questi fatti:
a – 800 euro comminati, con sospensione condizionale della pena, il 20 gennaio 2014 a me non come autore ma come direttore responsabile (omesso controllo) per aver denunciato i possibili conflitti di interesse tra l’allora pm di Vicenza, Paolo Pecori, e due suoi figli avvocati in Vicenza con uno dei due anche assessore al legale e al patrimonio che si dimise dopo il nostro articolo (pochi giorni fa il giudice Miazzi si è più che correttamente “astenuto” dal processo BPVi solo perché un partner della moglie tutela legalmente l’ex dg della banca Sorato, il pm Pecori mantenne la sua carica per decenni a Vicenza…)
b – 750 euro comminati il 28 dicembre 2015 allo scrivente, che non si opponeva al decreto penale dovendo centellinare le risorse da “nullatenente”, per aver diffamato l’assessore usando il suo stesso linguaggio (Donazzan definì un ladro “magrebino di merda” ed esaltò la giustizia diretta esercitata dall’allora suo compagno per ciò venendo additata dai giornali nazionali come non fulgido esempio di comportamento istituzionale).
Da questa “condanna” a 800 euro il giudice onorario del tribunale Luigi Giglio partorì la condanna per danni a cui Donazzan lega la sua “beneficienza” ma ineseguibile per la sproporzione non solo, a nostro parere, con l’entità reale della danno ma anche con le nostre risorse (tra danni da liquidare, parcelle legali e costi di pubblicazione su tre quotidiani oltre 100.000 euro per lo scrivente nullatenente e per il precedente editore da tempo costretto alla liquidazione) e per impossibilità tecniche del suo dispositivo (ci impone di pubblicare la sentenza anche su VicenzaPiù cartaceo che non esiste più dal dicembre 2015, di cancellare il relativo twit, cosa che non possiamo fare perché non avevano all’epoca un account twitter, e, cosa allucinante, di “non scrivere più”!)
c – 1.000 euro con decreto penale per la querela della Regione Veneto successiva alla mia pubblicazione di una decina di articoli di cronaca sul dossier alla base dell’inchiesta ancora in corso della procura di Venezia e della Guardia di Finanza a cui la stesa regione fornì parte dei documenti (“Un autogol” definì la querelaGiuseppe Pietrobelli su IlFattoQuotidiano.it ). Anche a tale decreto abbiamo scelto di non opporci perché il costo sarebbe stato maggiore del danno e perché preferiamo controbattere alla Donazzan e ai suoi colleghi di querela che per i fatti sanzionati con mille euro ci hanno portato in tribunale di nuovo…
6 i toni e i contenuti della chat, facilmente ascrivibile alle attività costanti della Donazzan tese a limitare l’attività giornalistica, e i destinatari di prestigio della chat arrecano un danno consistente allo scrivente…
A giorni al querela sarà depositata e vedremo anche se una volta la giustizia di Vicenza, a chiediamo contestualmente a che punto sono i nostri precedenti esposti per una serie di minacce non solo della Donazzan, terrà conto non solo degli attacchi contro di noi ma anche dei nostri tentativi di difesa.
Della libera stampa.
Una domanda finale alla collega giornalista Giorgia Meloni: va tutto bene così?