Grazie alla partnership in atto da tempo con la nota agenzia di stampa, ViPiu.it ospita qui la maratona sulle elezioni europee. Guidata dal direttore di Adnkronos Davide Desario e dai vicedirettori Fabio Insenga e Giorgio Rutelli, la maratona “La notte delle elezioni europee” racconta dalle 22 di stasera, domenica 9 giugno, quindi da un’ora prima della chiusura dei seggi, i risultati e le conseguenze del voto sul piano politico, economico e sociale.
Daremo spazio, oltre all’evoluzione dei risultati, ai temi più importanti per la prossima legislatura europea, con il contributo di politici, manager ed esperti.
Riprendiamo, intanto da VicenzaPiù Viva n. 8 in edicola e online del 24 maggio, l’articolo
Parlamento, Consiglio, Commissione. La struttura triangolare dell’UE: proviamo a conoscerla
Le elezioni europee del 2024 sono cruciali per determinare la composizione e l’orientamento politico delle principali istituzioni dell’UE, riflettendo l’importanza del voto in una struttura governativa complessa e influente.
Di Salvatore Borghese
Analista politico Quorum/YouTrend
Le elezioni europee dell’8 e 9 giugno sono senza dubbio l’appuntamento elettorale più importante del 2024 per il nostro Paese. In realtà si tratta di un’elezione importante per tutta l’Unione Europea – ovviamente – ma anche per il mondo, in un anno che peraltro si contraddistingue per un numero da record di cittadini chiamati alle urne (si vota in Europa, ma si voterà anche negli USA a novembre, e si sta votando in queste settimane in India).
In Italia, però, si ha la sensazione che le elezioni europee non siano poi così rilevanti. In effetti, sia l’opinione pubblica sia la stessa classe politica tendono a considerarle come una sorta di “secondo tempo” delle elezioni politiche. Di recente, una importante esponente di un partito di maggioranza ha definito esplicitamente le elezioni europee “una sorta di elezioni di midterm (metà mandato, ndr), un tagliando per il Governo”. Naturalmente, non è così. Gli elettori europei – italiani compresi – si recheranno alle urne, tutti insieme negli stessi giorni, per eleggere un unico Parlamento. Ma la vera incognita, per molti cittadini, è: in che modo il loro voto potrà avere un impatto concreto sulle istituzioni che governano l’Europa?
Per cosa si vota?
La domanda è legittima, e il dubbio comprensibile. Quando andiamo a votare per le elezioni comunali, ad esempio, è molto facile capire per cosa stiamo votando: scegliamo di votare per il candidato che vorremmo diventasse sindaco della nostra città, e possiamo anche votare una lista ed esprimere delle preferenze per eleggere i consiglieri comunali da cui ci sentiamo più rappresentati. Lo stesso meccanismo, altrettanto semplice e intuitivo, lo vediamo alle elezioni regionali, quando votiamo per un candidato presidente e per i candidati al consiglio regionale. In entrambi i casi, prima di andare a votare, sappiamo già che il candidato sindaco (o presidente) che otterrà più voti sarà eletto Sindaco (o presidente della Regione) e governerà la città (o la Regione) per 5 anni – salvo “disavventure”, come la cronaca, anche attuale, ci ricorda.
Anche quando si vota per le elezioni politiche nazionali la situazione è molto comprensibile. Si vota – formalmente – per eleggere le due Camere che formano il Parlamento italiano, ma ormai da molti anni gli italiani si aspettano anche che sulla base di quel voto si formi poi un Governo che rispecchi le loro preferenze. A tal punto che, non poche volte, questo concetto è stato distorto parlando di “governo non eletto dai cittadini” da parte di chi voleva criticare – negandone la legittimità – quegli esecutivi frutto di accordi più o meno trasversali, o comunque non coincidenti con le coalizioni che si erano presentate ai cittadini al momento delle elezioni.
Una struttura triangolare
Questo avviene perché l’Italia ha, come noto, una forma di governo parlamentare, dove cioè i cittadini votano per eleggere un Parlamento, il quale a sua volta dà (o toglie) la fiducia a un Governo. Molti altri paesi europei hanno una struttura simile, con poche eccezioni (tra cui la Francia, dove i cittadini eleggono direttamente anche il Presidente, che è a capo del governo). Ma l’UE non è uno Stato, quindi come può il suo Parlamento indirizzare la linea politica delle istituzioni europee? Innanzitutto, è vero che l’UE non è uno Stato, ma non è nemmeno una “semplice” organizzazione internazionale: è a tutti gli effetti un sistema “ibrido”, che per certi aspetti ha poteri e regole simili a quelle degli stati. Uno di questi aspetti è proprio il sistema istituzionale, che però – a differenza degli stati con una forma di governo parlamentare, come l’Italia – non vede il Parlamento in posizione centrale. Le istituzioni dell’UE sono invece articolate su una struttura che potremmo definire “triangolare”.
Per capire come funziona questa struttura triangolare, può essere utile fare un paragone con gli Stati Uniti d’America. Gli USA sono un sistema presidenziale, dove c’è un capo del governo (il Presidente) eletto direttamente dai cittadini, così come i due rami del Congresso (il parlamento americano): la Camera, in cui ogni seggio rappresenta un numero simile di elettori, che rappresenta idealmente “il popolo”; e il Senato, in cui per ognuno dei 50 stati americani, indipendentemente dalla sua popolazione, vengono eletti due senatori, e che quindi si basa su una forma di rappresentanza degli stati, più che dei cittadini.
Parlamento, Consiglio, Commissione
Se si vuole, l’Unione Europea ha una struttura non troppo diversa: le tre istituzioni che compongono il “triangolo” sono la Commissione, il Consiglio e (appunto) il Parlamento.
Cominciamo proprio da quest’ultimo, che, come si è detto, è eletto a suffragio universale diretto dagli elettori di tutti gli stati membri: ciascun paese aderente all’UE elegge un numero di europarlamentari proporzionale alla sua popolazione, e questo perché il Parlamento europeo è pensato per rappresentare (proprio come la Camera negli USA) il popolo, e non gli stati – tanto che i parlamentari una volta eletti si organizzano per gruppi sulla base all’affiliazione politico-ideologica, e non in base alla nazionalità.
Il Consiglio è invece l’organo che rappresenta gli stati: la sua composizione varia a seconda del contesto, ma in ogni caso è formato dai capi o dai rappresentanti dei governi di ciascuno Stato membro. Quando si riuniscono i capi di governo (nel giornalismo si parla di “vertice” europeo) il Consiglio ha una funzione di impulso e coordinamento delle attività generali dell’UE, mentre ha una funzione più operativa quando si riuniscono i ministri (o i sottosegretari) di ciascuno Stato membro nelle diverse materie: ad esempio, tutti i 27 ministri delle finanze (è il cosiddetto “EcoFin”), oppure tutti i 27 ministri della salute, o degli interni, o degli esteri. In questo caso, il Consiglio vota per approvare (o per respingere) le proposte della Commissione: in certi casi, le decisioni devono essere prese all’unanimità, con il risultato che ogni singolo Stato membro dispone di un potere di veto in grado di bloccare decisioni importanti (si pensi alle difficili votazioni per concedere aiuti europei all’Ucraina, bloccate a lungo dal veto dell’Ungheria guidata dal filorusso Viktor Orban). Per molti versi, quindi, il Consiglio è l’organo più “potente” dei tre, pur essendo privo di una visione comune visto che è composto da figure che rappresentano i propri paesi (e i rispettivi governi), e quindi con sensibilità nazionali, e soprattutto politiche, anche molto diverse.
Infine, la Commissione equivale, in un certo senso, al governo di un paese in un sistema parlamentare: il suo Presidente (che oggi è Ursula von der Leyen) deve avere un voto di fiducia del Parlamento per entrare in carica, e può essere in qualunque momento costretto a dimettersi se il Parlamento approva una mozione di sfiducia. Gli altri membri della Commissione (i Commissari) vengono indicati dai governi di ciascuno Stato membro, ma devono sottoporsi anche loro a un attento processo di scrutino e approvazione da parte del Parlamento. Una volta in carica, la Commissione ha il compito di tutelare l’interesse dell’Unione Europea nel suo complesso, coerentemente con gli orientamenti del Parlamento e con gli impulsi provenienti dal Consiglio. La Commissione ha potere d’iniziativa legislativa, gestisce il bilancio (ad esempio l’erogazione dei fondi europei) e assicura il rispetto degli impegni presi da parte dei governi nazionali (ad esempio per quanto riguarda la disciplina sui conti pubblici o il rispetto delle direttive comuni). Poiché è legata al Parlamento da un rapporto di fiducia, proprio come un governo nazionale, ha anche un orientamento politico: ad esempio, gli attuali commissari sono in qualche modo affiliati ai tre principali gruppi parlamentari che formano la maggioranza a sostegno della Commissione guidata da Ursula von der Leyen: popolari, socialdemocratici e liberali (429 seggi su 705 totali).
Un voto decisivo per il futuro
Quindi, dal punto di vista dei cittadini, le elezioni europee saranno fondamentali soprattutto per quanto riguarda questo lato “democratico” del triangolo: il loro voto servirà a tutti gli effetti a determinare l’indirizzo politico della futura Commissione, mentre dall’altro lato saranno i governi dei singoli stati membri (anch’essi eletti democraticamente, ma in occasione delle diverse elezioni nazionali) ad avere l’ultima parola sulle decisioni più importanti, attraverso le votazioni del Consiglio.
Se pensiamo alle sfide del prossimo futuro che l’Europa ha davanti, dalla difesa comune alla transizione ecologica, passando per le norme sull’intelligenza artificiale e sulle politiche alimentari alla luce delle nuove tecnologie, si capisce bene come tutto questo avrà conseguenze dirette, e anche molto importanti, sulla vita quotidiana di tutti i cittadini. Altro che “sondaggione” sulla politica nazionale o “tagliando di midterm” per il governo attualmente in carica, insomma: le elezioni europee saranno a tutti gli effetti un appuntamento democratico di fondamentale importanza per l’Europa e per tutti i suoi cittadini.