Elezioni in Veneto a luglio? Ciambetti: “si può e si deve”. Fracasso: “tentativo di forzare la mano al Parlamento”

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Votare a luglio si può e si deve”. Così Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto, intervenuto quest’oggi durante i lavori della I Commissione consigliare chiamata ad esprimersi sul Pdl 512 di iniziativa della Giunta che modifica le norme per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale.  Prendendo spunto da quanto dichiarato a Roma dal sottosegretario agli Interni il Achille Variati, secondo il quale “è possibile anticipare il voto di regionali, comunali e referendum a settembre perché il Comitato tecnico scientifico – ha detto Ciambetti citando il sottosegretario –  sconsiglia di andare al voto nel mese di ottobre. Il Comitato scientifico ha fatto osservare al governo che il coronavirus è meno contagioso con le temperature più calde. Tesi questa che per altro in Veneto il presidente Zaia sosteneva da tempo, al pari di altri presidenti di Regione che chiedevano di andare a votare a luglio. Le indicazioni scientifiche non lasciano adito a dubbi. C’è in Italia invece il partito del rinvio, c’è chi non vuole dare la parola agli elettori, c’è chi ha paura delle urne elettorali e lo abbiamo visto ieri, quando dopo le dichiarazioni governo, due partiti di maggioranza Leu e Italia Viva, hanno parlato di emergenza democratica sostenendo che non è possibile effettuare raccolta firme e organizzare la campagna elettorale in agosto, quasi che la democrazia se ne vada in vacanza.  Secondo loro non è possibile neanche votare a settembre: io temo che si voglia rimandare le elezioni sine die L’emergenza democratica è il non andare a rinnovare le assemblee legislative come chiesto dalle Regioni.  In verità – ha rimarcato Ciambetti –  i tempi ci sono e il provvedimento che oggi stiamo discutendo su proposta della Giunta  permette al Veneto di allineare la nostra norma elettorale alle disposizioni nazionali che sostanzialmente garantiscono una ventina di giorni per la raccolta delle firme e il deposito delle liste e delle candidature 30 giorni prima della data delle elezioni: nel pieno rispetto di queste previsioni è possibile andare a votare il 26 luglio e ridare la parola agli elettori. Abbiamo i tempi tecnici e possiamo organizzare il voto senza alcun problema. In realtà c’è chi ha paura di andare al voto, c‘è il partito del non voto che per interessi personali, magari per avere qualche mensilità in più di stipendi, toglie la parola agli elettori. E questo è inammissibile”.

Il capogruppo del Partito Democratico, Stefano Fracasso, commenta il via libera oggi dalla Prima commissione al Pdl 512 che modifica l’articolo 11 comma 2 della legge regionale sulle norme per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio, portando a 50 giorni il limite entro il quale deve essere pubblicato sul Bur il decreto di indizione delle elezioni da parte del presidente della Regione.

La riduzione da 60 a 50 giorni sembra una formalità, ma non è così e nasconde la voglia del ‘voto per pochi’. Con le urne a luglio diventa praticamente impossibile per chi non è rappresentato a palazzo Ferro Fini, presentare liste e partecipare alle elezioni. Così non va bene. Le regole del gioco devono valere per tutti, non per i ‘privilegiati’ già in Consiglio”.

Non è un semplice tecnicismo – sottolinea l’esponente dem – e non è una scelta fatta soltanto per armonizzare il termine con quello di altre Regioni. È il tentativo di forzare la mano: perché si vuole approvare questa modifica prima della decisione del voto alla Camera di mercoledì? Non sono escluse altre indicazioni per facilitare la partecipazione, che anche il Veneto dovrebbe allora recepire. Se la maggioranza non ha intenzione di forzare le regole del gioco può dunque aspettare qualche giorno, altrimenti l’intento è chiaro: condizionare il Parlamento e procedere al ‘voto per pochi’”.

“La scorciatoia di luglio – continua il Capogruppo – oltre a scoraggiare la partecipazione per il timore del contagio, impedirebbe a tanti liberi cittadini di candidarsi per l’impossibilità di fare una campagna elettorale vera, organizzando un’assemblea pubblica o un giro nei mercati e non sui social come vorrebbe Zaia. Ma non tocca a lui decidere le modalità della campagna elettorale.

“La questione – conclude Fracasso – non è voto a luglio o settembre, ma chi può partecipare o no alle elezioni”.

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