La data del 20 settembre per l’election day con elezioni regionali, amministrative e referendum sul taglio dei parlamentari, proposta dalla Commissione Affari costituzionali su indicazione del sottosegretario Achille Variati dopo il confronto con il premier Giuseppe Conte, è stata rispedita al mittente dai parlamentari del centrodestra e dalla Conferenza Stato Regioni, presieduta da Stefano Bonaccini.
Intanto mercoledì pomeriggio a palazzo Ferro Fini il Consiglio Regionale del Veneto ha discusso il Progetto di Legge sulle modifiche alla legge elettorale per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio: se votata la nuova legge anticiperebbe ad almeno 50 giorni prima delle elezioni il termine per pubblicare nel BUR il Decreto del Presidente della Giunta regionale che indice le consultazioni.
“Questa modifica di legge – chiarisce il Presidente del Consiglio Regionale Roberto Ciambetti – serve esclusivamente per portare da 60 a 50 giorni il periodo a disposizione del Presidente della Giunta per emanare il Decreto di indizione delle elezioni. E ricordo, da rappresentante della Lega, che è stata proprio la Conferenza Stato- Regioni a proporre la data del 26 luglio: mi sembra che tra i componenti della Conferenza vi sia anche Nicola Zingaretti, Segretario nazionale Dem. Rammento anche che le regioni dovrebbero godere della massima autonomia in materia elettorale: serve un confronto costruttivo con esse ed è opportuno un allineamento con le altre regioni che vanno al voto nell’anno corrente, anche per poter avviare con loro una proficua collaborazione istituzionale”.
“Penso anche che – conclude Ciambetti – il parere espresso al Governo dal Comitato tecnico scientifico avrebbe dovuto essere più strutturato, tenendo in considerazione l’andamento favorevole della curva epidemiologica e non limitandosi a prevedere in modo generico la conclusione delle operazioni elettorali entro settembre, cosa che peraltro non escluderebbe l’appuntamento elettorale di luglio”.
“Tanta fretta per un semplice adeguamento tecnico non si spiega – è il commento invece del Capogruppo del Partito Democratico Stefano Fracasso – nel giro di cinque giorni esame e voto prima in Commissione e poi in Consiglio, quando potevamo aspettare le decisioni del Parlamento sulla finestra elettorale. Invece si è scelta una forzatura, perché Zaia vuole votare a luglio, altrimenti ci sarebbe una sospensione di democrazia. Fa sorridere sentire un’espressione del genere per un rinvio di tre mesi, non di anni, e quando siamo in un’assemblea democraticamente eletta per discutere di una legge elettorale, quando la Giunta approva delibere e il Parlamento è riunito per convertire un decreto”.
“È singolare, seguendo il ragionamento di Zaia – prosegue Fracasso – che non si possa votare a settembre quando invece si può fare il Festival del Cinema e a ottobre ci sarà il Giro d’Italia. Crediamo che in una situazione come questa, portare alle urne una volta sola gli elettori anziché tre (tra regionali, comunali e referendum) rappresenti la decisione giusta per ragioni sanitarie, economiche e organizzative. La vera sospensione della democrazia, in realtà, è non permettere a tutti di partecipare con le stesse regole impedendo la presentazione di nuove liste o di fare campagna elettorale liberamente, come garantito dalla Costituzione. A ciò si aggiunge il mancato coinvolgimento del Consiglio: sarebbe interessante verificare se l’intera maggioranza vuole davvero votare a luglio”.
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