Emanuela Orlandi, la giustizia vaticana apre una nuova inchiesta

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Caso Emanuela Orlandi: il promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi e  la Gendarmeria hanno deciso di riaprire le indagini.

Lo si apprende da fonti di stampa. Alla base della decisione ci sarebbe la denuncia presentata ai PM del Vaticano dal fratello di Emanuela Orlandi, Pietro. Una querela che risale a settembre 2019 e che comprenderebbe le chat tra due persone “vicinissime a Papa Francesco”, che parlano di un dossier in Vaticano sul rapimento della 15enne.

In passato si è provato più volte a indagare sul caso, senza mai arrivare a una soluzione. Molte tracce, piste, mediatiche o meno, sintetizzate in maniera dettagliata oggi da LaRepubblica.it.

Proprio il quotidiano nazionale ripercorre quelle che, negli anni, sono state le piste accreditate a vario titolo sulla scomparsa della 15enne, avvenuta il 22 giugno 1983, mentre rientrava a casa dopo le lezioni di musica. Sentieri che, in un modo o nell’altro, portano al Vaticano. Del resto la famiglia si è sempre detta convinta del fatto che proprio nella Santa Sede, se non il o i colpevoli, ci sia chi sappia cosa è successo.

Tra le tracce seguite nel corso di 40 anni di indagini e misteri, c’è anche quella cosiddetta “dei festini sessuali” con alti prelati. Che è poi la stessa che ha rilanciato appena un mese fa Alessandro Ambrosini, giornalista e blogger vicentino, autore di Nottecriminale, e trattata dal Giornale di Vicenza.

In una intervista concessa al quotidiano vicentino, Ambrosini riferisce di aver registrato le confessioni di un ex componente della banda della Magliana, vicino al boss Renatino De Pedis, notoriamente tirato in ballo nel caso Orlandi. L’uomo, ignaro di essere registrato, riferisce che Emanuela Orlandi sarebbe stata coinvolta in un giro di “molestie su minori in Vaticano da parte di alti prelati”.

Una confessione che lo stesso giornalista vicentino dice di prendere con le pinze ma – se ne è detto certo – “contiene dei pezzi di verità“. Ambrosetti ha anche precisato che soltanto ora (a dicembre scorso, ndr) sarebbero maturati i tempi per rendere pubbliche queste registrazioni.

“Non dico il nome del mio interlocutore – ha detto nell’intervista a Gdv – perché non spendibile per il pubblico, ma – ha aggiunto – se i magistrati me lo chiedessero non avrei nessun problema a farlo“.

Dopo 40 anni il caso di Emanuela Orlandi non ha ancora quella “verità certa ed unica” richiesta dai famigliari. Ipotesi mediatiche a parte, un po’ di luce potrebbe venire dall’inchiesta vaticana che – come ipotizza La Repubblica – avrebbe l’avallo, se non l’input, delle autorità superiori, fino allo stesso Papa Bergoglio.