I risultati dell’indagine condotta da Apindustria Confimi Vicenza su un campione di 200 PMI vicentine: il 95% delle PMI è favore ad una ripartenza vincolata però a qualche forma di tutela supplementare. Solo il 25% prevede di chiudere l’anno in utile
Mentre continua la discussione sui tempi e sulle possibili modalità della “riapertura”, alcuni dati significativi arrivano dall’indagine condotta in questi giorni da Apindustria Confimi Vicenza su un campione di 200 PMI vicentine, appartenenti a tutti i principali settori manifatturieri presenti nel territorio.
Innanzi tutto, circa la metà è rimasta effettivamente aperta nell’ultimo mese: la maggior parte di queste in quanto attiva in settori strategici o comunque in filiere collegate a questi ultimi, ma non manca una decina di aziende che hanno continuato a operare esclusivamente attraverso lo smart work. In ogni caso, anche chi sta lavorando lo sta facendo a ritmi fortemente ridotti, tali da rendere difficile la prosecuzione dell’attività in queste condizioni. Così, a meno di cambiamenti significativi, praticamente unanime è il ricorso agli ammortizzatori sociali: li ha già attivati o si appresta ad attivarli l’85% delle 200 imprese intervistate. E tra quante vi stanno facendo o vi faranno ricorso, circa il 35% lo farà per tutti i dipendenti e una percentuale simile lo farà per almeno il 50% degli addetti.
Circa il 50% delle PMI ha già attivato invece gli strumenti per sospendere mutui e i prestiti bancari, percentuale probabilmente destinata a salire rapidamente considerando che oltre il 70% delle aziende intervistate sta già riscontrando difficoltà di incasso dei pagamenti. Nonostante queste difficoltà, tuttavia, le PMI vicentine dimostrano un grande senso di responsabilità nei confronti dei propri fornitori: solo il 15% delle aziende per il momento ha dilazionato i pagamenti ai fornitori.
Su come il Governo ha gestito fino ad oggi l’emergenza, il lockdown incontra il favore del 65% degli imprenditori, anche se un ulteriore 25% avrebbe preferito assumersi la responsabilità di tenere aperto nel rispetto dei protocolli di sicurezza.
Volgendo lo sguardo al futuro, tuttavia, le previsioni si fanno più cupe: circa il 20% prevede di chiudere l’anno in forte perdita, un ulteriore 55% con una perdita contenuta o in pareggio; dunque solo il 25% delle PMI intervistate prevede comunque un utile a fine anno.
Anche per questo motivo, tutte le PMI sostanzialmente auspicano la riapertura dopo il 14 aprile, ma sempre tenendo in primo piano la sicurezza. Ecco perché il 45% concorda sulla necessità di subordinare la riapertura all’implementazione di un protocollo aggiornato e condiviso (es. obbligo di test sul personale ogni tot giorni, etc.), mentre un altro 25% ritiene più sicuro aprire su base territoriale, in funzione del diverso livello di diffusione del contagio e quindi di rischio; e ancora, un 15% si limita a chiedere un allargamento dei codici Ateco permessi e la prosecuzione del lockdown per tutti gli altri e un altro 10% suggerisce invece il coinvolgendo dei lavoratori a scaglioni su base anagrafica, partendo dai più giovani. Solo un 5% non ritiene più necessarie forme particolari di restrizioni.
«Questi dati – commenta Flavio Lorenzin, presidente di Apindustria Confimi Vicenza – confermano da una parte l’enormità del danno già subito dalle PMI, dall’altra però mostrano anche il grande senso di responsabilità delle nostre imprese, sia nei confronti dei collaboratori, perché praticamente tutte chiedono sì la riapertura, ma condizionata a qualche forma di tutela, sia nei confronti dei colleghi imprenditori, perché nonostante difficoltà finanziarie già evidenti la maggior parte sta facendo tutto il possibile per onorare i pagamenti ai fornitori. Credo che questo sia l’unico atteggiamento possibile: in questo momento storico il nostro essere imprenditori ci impone una presa di coscienza ancora più forte rispetto a quello che è – e che deve essere – il nostro ruolo nella società. Oggi più che mai siamo chiamati alla responsabilità di essere protagonisti e garanti della sicurezza dei nostri collaboratori, della continuità delle nostre imprese, delle filiere produttive e, in ultima analisi, dell’intero sistema economico del nostro Paese. Dobbiamo però essere consapevoli che il nostro impegno imprenditoriale deve essere indirizzato al benessere del territorio e che le nostre decisioni e atteggiamenti condizioneranno la ripresa economica più di ogni provvedimento di legge. Soprattutto dobbiamo essere consapevoli che questo è, una volta di più, il momento di provare al mondo quale sia lo spessore dell’imprenditoria vicentina e veneta».
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