Emergenza medici, Bigon (PD): “serve intervento nazionale ma Regione Veneto può investire di più”

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Anna Maria Bigon (Regione Veneto, PD) medici di famiglia
Anna Maria Bigon (Regione Veneto, PD)

“L’emergenza-medici è oltre il livello di guardia, in Veneto sono ben 562 le zone carenti. Serve un intervento a livello nazionale, visto che è un problema comune, ma la Regione può e deve fare di più, investendo risorse per incentivare la professione nelle zone disagiate e per favorire le forme associative”. È quanto chiede in una nota Anna Maria Bigon, consigliera regionale del Partito Democratico e vice presidente della commissione Sanità, prima firmataria di una mozione sottoscritta dalle colleghe Vanessa Camani e Francesca Zottis e da Andrea Zanoni.

“È una situazione preoccupante, destinata a peggiorare con l’invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento delle cronicità che richiedono una maggiore assistenza, a cui si somma l’avvicinarsi alla pensione di molti professionisti. La soluzione non può essere alzare da 1500 a 1800 il tetto massimo dei pazienti, perché già oggi i medici di famiglia sono sovraccarichi. E il quadro non è migliore per i medici di continuità assistenziale e i pediatri di libera scelta”.

“Il primo passo – sottolinea – è quello di aumentare le borse di studio per la formazione: nelle scorse settimane il ministro della Salute ha dichiarato che l’obiettivo è raddoppiarle, anche grazie ai fondi del Pnrr. Chiediamo alla Giunta Zaia di insistere su questo punto nella Conferenza Stato-Regioni, così come sulla necessità di incentivi per favorire l’accettazione delle assegnazioni in zone periferiche o montane”.

Tutto ciò, però, avverte la consigliera dem, non esclude un ruolo maggiormente attivo da parte della Regione Veneto: “Metta risorse proprie per le indennità aggiuntive destinate a chi opera in territori disagiati, è un riconoscimento doveroso e indispensabile per non lasciare scoperte intere aree. Stesso discorso per la medicina di prossimità: vanno incentivati i Comuni a fornire spazi adeguati per favorire le forme associative e mantenere la presenza dei medici di medicina generale anche nei piccoli paesi”.