Negli ultimi tempi il tema “Energia” è ben presente a livello internazionale. Più recentemente si è aggiunto il tema nucleare in forza dell’attacco contro una centrale nucleare ucraina dotata di un nome fastidioso (per noi) tanto da scrivere che da pronunciare: Zaporižžja. Si dice che è anche la più grande centrale nucleare d’Europa. Un oggetto delicato da guardare con cura. L’idea di bombardarla sembra proprio insensata, ma soprattutto cretina.
Preoccupati della situazione i tecnici AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) hanno chiesto di mandare una squadra per le verifiche del caso. Fortunatamente la proposta viene accettata e le prime conclusioni sembrano essere le seguenti: i reattori non sono stati toccati, ma il “magazzino” delle scorie radioattive sì. Per ora in modo non grave. L’AIEA avrebbe deciso che la visita non sia più occasionale ma si trasformi in una presenza costante di loro tecnici. Auguriamoci tutti che sia proprio così.
Da questa sintetica descrizione dei fatti emerge, a parere di chi scrive, la opportunità di cogliere l’occasione per una riflessione sull’utilizzo di questa tecnica di produzione energetica, per lo meno con riferimento alla tecnologia della centrale ucraina precedente a quelle attuali.
Ci proviamo.
Le caratteristiche generali di questa tecnologia sono, per punti:
- Si recupera energia dalla rottura di un atomo pesante (es. Uranio 235). Da questa Fissione, rottura, si ottengono atomi più piccoli, particelle radioattive, energia. La rottura dell’atomo pesante la si ottiene prendendolo a martellate (bombardamento di neutroni).
- Con l’energia che si ottiene si scalda dell’acqua che diventa vapore in pressione, che fa girare una turbina, che a sua volta fa girare un alternatore. Dall’alternatore, finalmente, otteniamo l’agognata energia elettrica a noi tanto utile.
- Di ciò che resta, atomi più piccoli radioattivi, non sappiamo cosa farne. Sono le scorie radioattive. Pericolose? Molto. Si possono neutralizzare? No. Cosa ne facciamo? Quello che purtroppo facciamo con i nostri rifiuti quotidiani, li nascondiamo sotto il tappeto. In discariche. Ma quella radioattività si può ridurre spontaneamente? Si. Si dimezza in 10, 20, 30 mila anni, dipende dal tipo di atomo. Per noi l’infinito. Come è per noi infinita la cretinata di utilizzare una tecnologia che non sappiamo gestire in ogni suo passaggio.
- Il nucleare da fissione produce CO2? No. E questa è una considerazione non banale.
- Quando una centrale chiude il suo ciclo vitale per raggiunti limiti di età, a smontarla chi ci va? Io no.
Se questi sono aspetti tecnici di una centrale nucleare, esistono anche altre questioni che potremmo chiamare “politiche” su cui è bene porre l’attenzione.
Impianti di questo genere, come abbiamo visto in questi giorni, sono macchine complesse e le minacce “collegate” del cretino di turno rappresentano micidiali armi di ricatto. E tutto per che cosa. Poter disporre di energia elettrica. Che è certo una cosa importante ma che dovremo cominciare a produrcela in modi più saggi. Ricordiamo che dal nostro caro Sole ci arriva una quantità di energia sotto forma di luce, pari a 10.000 volte quella che ci serve a livello mondiale. Di fronte ad una così smodatamente grande fonte energetica, mi pare elementare buon senso smetterla di utilizzare petrolio, metano, radioattività, ecc. e rivolgerci al sole. È un serbatoio senza fine. Fra l’altro è anche democratico perché va dappertutto.
La “catena” per utilizzare la luce solare potrebbe essere: luce solare, fotovoltaico, idrogeno, cella a combustibile, energia elettrica. Filiera semplice, la si può fare di tutte le dimensioni, dipende dal fabbisogno, utilizza tecnologie disponibili da molto tempo (ricavare idrogeno dall’acqua lo si sa fare da un paio di secoli, la cella a combustibile da un secolo). Di grande qui c’è solo la spianata di pannelli fotovoltaici di cui bisogna disporre.
Per avere una idea di massima, si può dire che coprendo il 10% del Sahara di pannelli si potrebbe produrre tutta l’energia necessaria all’intera Europa sotto forma di Idrogeno. Ma ricordo che il 10% del Sahara significa 1 milione di km quadrati. 3 Italie. Non proprio un gran spettacolo. Per non parlare del fatto che non è neppure casa nostra.
Ritornando al nostro nucleare, si può dire che, prescindendo dai non risolti e non risolvibili problemi delle scorie radioattive, la “fragilità politica” di questa produzione elettrica, la porta ad essere una tecnica per lo meno imprudente. Alla sopra descritta fragilità se ne aggiunge un’altra, quella relativa al reperimento della materia prima, l’Uranio, che essendo localizzata in pochi punti, rappresenta un elemento di debolezza, di fragilità.
Questa guerra sta ponendo sul tavolo dell’energia aspetti su cui la nostra riflessione è stata per lo meno scarsa.
Piero Furlan
P.S. Sono graditi, ovviamente, pareri diversi purché argomentati.