Enrico Hüllweck, il sindaco muratore: “la passione innanzitutto”

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Enrico Hullweck
Enrico Hullweck

(Articolo da Vicenza Più Viva n. 295sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Medico, politico, giornalista, scrittore, poeta, difensore dei diritti, della deontologia, dell’arte e della cultura, dell’ambiente e dell’infanzia… Ma soprattutto sostenitore delle donne, a partire dall’amatissima moglie e dalla madre che “bloccò” e sposò un ufficiale tedesco.

Quando per un’intervista non ti danno appuntamento in campo neutrale, ma ti invitano a casa, già un passo oltre lo zerbino hai la possibilità, semplicemente guardandoti in giro, di catturare parte dell’anima di chi ti ha aperto la porta. In questo caso vale doppio, perché le pareti piene, le librerie traboccanti, l’arredamento elegante, un tripudio di statue, vasi, fiori e piante, tappeti, ricordi e opere d’arte trasmettono un’atmosfera a dir poco intensa.
Proprio come la vita, e la personalità, di Enrico Hüllweck, poliedrico e instancabile personaggio di spicco a Vicenza e non solo. A rendere armonico quel mix di antico e moderno, di bellezza e funzionalità, di testimonianze e progetti c’è innegabilmente il tocco di una donna, sua moglie – l’architetto Lorella Maria Bressanello – che non ho il piacere di incontrare, ma che è presente nell’aura tutt’intorno e molto anche nelle parole dell’intervistato.

Enrico Hüllweck con Elisabetta Canalis e Gianna Nannini
Enrico Hüllweck con Elisabetta Canalis e Gianna Nannini

Per raccontare il dottor Hüllweck (ndr: dal tedesco Heiliger Weg, ovvero Via Santa, singolare coincidenza per uno che è eternamente impegnato con passione in qualche crociata) ci vorrebbe un’intera biografia, o meglio un’autobiografia, che invece è forse una delle poche cose a cui ancora non si è dedicato e, per i cui dati ufficiali completi, rimandiamo umilmente al QR code in fondo.
Ricordarlo come sindaco “iperattivo” di Vicenza sarebbe, comunque, facile, ma il suo bagaglio di esperienze sul piano medico, umano, sociale, politico, giornalistico e culturale è immenso. Laureatosi con il massimo dei voti e lode in Medicina e Chirurgia all’Università di Padova nel 1970, ha poi brillantemente conseguito ben quattro specializzazioni, tra cui quella in pediatria, la sua passione, che praticherà negli ospedali di Montecchio Maggiore e Arzignano tra il 1971 e il 1994 ottenendo l’idoneità a primario ospedaliero. E svolgendo contemporaneamente anche attività libero-professionale che fa ancora oggi (ndr: nel magico ambulatorio accanto a casa, sovraffollato di peluche di ogni taglia, giocattoli vari, sagome dei beniamini dei cartoon, fatine e cavalli a dondolo). Nel 1994 si dimette per candidarsi al Parlamento dove viene eletto deputato con la Lega per poi passare a Forza Italia alla caduta del primo governo Berlusconi. Nel 1998 diventa primo cittadino di Vicenza, ruolo che coprirà per 10 anni. A pochi mesi dalla scadenza naturale, nel febbraio del 2008, lascia l’incarico perché chiamato di nuovo al Parlamento, dove, da non eletto, è stato capo della segreteria politica del Ministero per i beni e le attività culturali, cominciando la sua vita da pendolare tra Roma e Vicenza, tra i “problemi dei grandi” alla Camera e quelli dei suoi piccoli, adorati pazienti nel suo fiabesco ambulatorio.
Come sempre però a noi interessa raccontare l’uomo dietro i fatti.

Con Berlusconi
Con Berlusconi

Partiamo proprio dai bambini. Si riscontra sempre più una certa asetticità (non intesa microbiologicamente) nel rapporto medico-paziente, per non parlare di una relazione talvolta addirittura malata e violenta come raccontano le cronache recenti, mentre il lato umano dovrebbe essere imprescindibile. Nel suo caso si intuisce un grande amore per i bambini e il rispetto delle loro fragilità, non credo sia solo un fatto generazionale, tipico di chi viene da tempi in cui fare il medico era diverso.

No, infatti. Mi sono sempre piaciuti i bambini. Mi è venuto naturale “sceglierli” e mi ci sono dedicato per una vita intera, con l’intenzione di continuare a farlo ancora a lungo. Fino a una ventina di anni fa ho prestato volontariato a Lourdes e lì ti arrivano le malattie più strane, rare con, da parte di chi ne porta la croce, un fardello pesantissimo di speranza.
Vedi cose terribili e senti una grande responsabilità. La sofferenza non ha età, ma i piccoli sono così indifesi… Mi onora aver ricevuto, nel 2000, dall’Unicef il titolo di Difensore Ideale dell’Infanzia.

Parliamo delle altre sue creature, quelle che come sindaco ha lasciato
in eredità a Vicenza.

Ho avuto la fortuna di essere confermato e quindi di avere l’opportunità di concretizzare quanto promesso. Tra i tanti cambiamenti a livello urbano e urbanistico tengo molto alla realizzazione del Teatro Comunale e del nuovo Tribunale oltre all’aver fatto approvare in Consiglio comunale la costruzione dell’Università di Vicenza. Ho anche fatto restaurare la Torre Bissara, la Biblioteca, la Basilica, il Municipio, il Monte di Pietà… Dico sempre che da sindaco ho fatto il muratore! Scherzi a parte, mi vanto soprattutto di averlo reso possibile senza alcun esborso da parte dei vicentini. Avevo la mania, chiamiamola così, di chiedere i
soldi alle istituzioni, mai ai cittadini.
Per quanto riguarda il Teatro nuovo, senta che cosa mi inventai. Essendo imparentato, per ramo paterno, con i Benso di Cavour e nel mio ruolo di sindaco, avevo buoni contatti in Piemonte, quindi mi recai dal presidente della Centrale del Latte di Torino e lo misi in allerta sul fatto che quella di Bolzano voleva “calare” sulla città che guidavo, con il rischio che si espandesse in tutto il Veneto.
Lo invitai quindi a batterli sul tempo: vennero, acquistarono il terreno per costruire la nuova Centrale del Latte di Vicenza, ci lasciarono in eredità la vecchia (ndr: ora oggetto di un ambizioso piano di riqualificazione e riconversione) e mi diedero i soldi, miliardi delle vecchie lire, per realizzare il teatro. Direi che portai a casa capra e cavoli.

Restando in tema teatro, anche qui parliamo di un (vecchio) amore.

Altroché. Da ragazzo ero attore in compagnie amatoriali. A 19 anni, andai in scena a Montecchio Maggiore da solo (produzione, regia e recitazione) con una serata Shakespeare, che mi vide impegnato con Macbeth, Riccardo III, Romeo e Giulietta e Amleto. Da sempre amo la cultura e l’arte a tutto tondo. Sono anche stato iscritto all’Albo dei Giornalisti del Veneto e ho avuto modo di fondare e dirigere varie riviste a carattere scientifico, culturale e sindacale, ma soprattutto ho avuto modo di adoperarmi per la crescita culturale della mia città e anche per quella nazionale.

Forse non tutti sanno che lei scrive poesie. Stando alle parole vergate di proprio pugno e incorniciate nel suo ambulatorio, pare lo ignorasse anche Silvio Berlusconi, che la ringrazia per averlo omaggiato di uno dei suoi libri affermando appunto “non sapevo di avere un amico poeta!”

Si, la poesia è la mia personale espressione artistica. Un “vizio” di famiglia, ereditato da mio nonno paterno. Mi è particolarmente caro il volume Lorma, che ha la prefazione di Vittorio Sgarbi (ndr: che lo definisce poeta genuino, intenso e libero, come non ci si aspetterebbe da chi è ad alto rischio di essere “inquinato” dalla vita politica attiva), ispirata alla bellezza di ciò che mi circonda e al fascino misterioso della femminilità.

In tempi in cui, colpa anche di cronache terribili così come di stereotipi discutibili, femminismo e lotta per le donne sembrano aver messo in ombra la femminilità, lei continua con garbo ed eleganza ad esaltarla, non certo solo secondo i canoni estetici.

Assolutamente. La donna è un universo a sé, meraviglioso. A partire da quella che ho sposato in seconde nozze, senza il cui sostegno non riuscirei a fare tutto quello che faccio e a essere quello che sono. In tutto il volume (ndr: Lorma sta per Lorella Maria) si può percepire la mia ammirazione per l’universo femminile, senza cadere però nel banale, mantenendo anzi uno spirito ironico che lo rende vero (ndr: si legga la poesia Il segreto).
A rendermi ancora più credibile, ci metto la scienza: è dimostrato che le bambine cominciano a parlare due mesi prima dei maschietti e fin da piccole sono attente a più particolari. Ci aggiungo la politica: sono d’accordo con chi sostiene che la profonda crisi attuale del Vaticano potrebbe essere facilmente risolta aprendo il sacerdozio alle donne.

La mamma di Enrico
La mamma di Enrico Hüllweck

Come vi siete conosciuti lei e Lorella e come siete arrivati al matrimonio, che non possiamo non ricordare legato a un famoso aneddoto che riguarda la sua amicizia con Berlusconi?

Quando sono stato eletto sindaco, Lorella lavorava come dirigente in Comune, all’Urbanistica. Per me che muovevo i primi passi a Palazzo Trissino, è stata una valida
guida. Lavorando insieme ci siamo innamorati e nel 2003 ci siamo sposati. In effetti è proprio come raccontano: saputo delle nostre intenzioni Berlusconi, che doveva farmi da testimone, stabilì lui data e ora in base alla sua complicata agenda.
Ci sposammo, in Duomo, il 14 marzo 2003, nel pomeriggio. Tre mesi prima di morire, ci invitò ad Arcore per festeggiare il nostro ventesimo anniversario. Stava bene eppure mi disse parole che oggi suonano come un testamento: “Enrico, se l’Italia vuole crescere, deve smetterla con le baruffe tra partiti e si deve cominciare a cooperare”. L’ultima cosa che mi ha detto è “Vorrei maggiore unità fra tutti, indipendentemente dal colore politico”. E io condivido appieno. Soprattutto oggi che quella che viene definita come una crisi profonda della politica mostra la recessione in secondo piano delle ideologie, sempre più sfumate in nome di un impegno e un lavoro direttamente sui fatti.
Io non sono nostalgico, la vedo anzi come un’opportunità per collaborare per il fine, anche tra schieramenti opposti.

Ecco, appunto. Glielo chiedo senza colorazione, senza connotazione e soprattutto senza provocazione. Lei ha un cognome tedesco, suo padre era un ufficiale, oggi (ndr: 27 gennaio) è la Giornata Mondiale della Memoria. Che cosa ha voglia di dirmi a questo proposito?

Che quella è stata e rimarrà sempre una pagina drammatica della storia. Che quello che viene fatto perché l’uomo non dimentichi mai è tutta buona pratica, perché la gentilezza è sempre e comunque buona pratica. Oddio (ndr: puntualizza tra il divertito e l’intenerito) a volte anche no: pensiamo a come si sono innamorati i miei genitori…
Carlo, mio padre, tedesco per parte di padre ma discendente dei Benso di Cavour per parte di madre, una Lazzarini, arrivò con le sue truppe nel 1944 a Villaganzerla, intenzionato a sequestrare la scuola per alloggiare i soldati, mia madre -che insegnava lì-, ancora col suo  grembiule da maestra, uscì di corsa dall’edificio, corse loro incontro e prese a pugni papà, che, scioccato da tanto coraggio, non ebbe altra scelta che arrestare quella donna impetuosa, e bellissima, o innamorarsene. Buona la seconda: i soldati si fermarono solo qualche giorno, mio padre per sempre, abbandonando l’esercito tedesco e la divisa. Tornando a noi e allo sterminio degli ebrei, da amante dell’approfondimento quale sono, invito anche a contestualizzare nel clima socio-politico ed economico quell’abominio. Non è certo una giustificazione, ma Hitler -di madre ebrea- dall’Austria giunse in Germania bramoso di nascondere le sue origini e di essere accettato, e trovò un Paese in cui le banche erano in mano agli ebrei, tra i cui rigidi protocolli c’era anche l’arresto per chi andava in rosso sul conto, e in cui montava una forte antipatia nei loro confronti. Hitler quindi cavalcò il malcontento e sfruttò la crisi economica, cominciando a intraprendere azioni antiebraiche, che poi diventarono vere e proprie azioni criminali su cui viene ancora oggi da piangere pensando alle sofferenze di quei poveri ebrei assassinati.

Ci fermiamo qui consapevoli di aver solo tratteggiato uno schizzo di Enrico Hüllweck, tanto, anche se avessimo occupato tutto questo numero di VicenzaPiù Viva con la sua storia e, ancora di più, le sue storie, nel frattempo ne avrebbe scritto e ne scriverà altre, tra politica del fare, bambini da curare, donne da ammirare, cultura da coltivare, sorrisi da dispensare.