Equo Compenso, Walter Mauriello (presidente di Meritocrazia Italia): una garanzia di libertà e indipendenza

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Lo studio delle utilità della disciplina dell’equo impone una riflessione preliminare sul concetto di ‘equità’. Allargando la prospettiva, decidere secondo equità vuol dire realizzare una ‘giustizia del caso concreto’; oltre il rigore dell’anacronistico ‘dura lex sed lex’, l’equità consente di costruire la regola applicabile sulle particolari esigenze e di superare controproducenti formalismi interpretativi.

Con riferimento alla questione del compenso professionale, il richiamo all’equità dovrebbe consentire di definire il corrispettivo non sulla base di tabelle imposte, ma in relazione alle speciali caratteristiche dell’incarico professionale.

Il principio ha fatto il suo ingresso nell’ordinamento italiano con l’art. 13 bis, l. n. 247 del 2012 (introdotto dall’art. 19 quaterdecies del decreto fiscale n. 148 del 2017, poi convertito nella l. n. 172 del 2017).

Secondo la previsione, nel caso di incarico legale, su convenzioni unilateralmente predisposte, conferito da imprese bancarie e assicurative nonché da imprese non rientranti nella categoria delle microimprese o delle piccole e medie imprese, come definite nella raccomandazione 2003/361/CE, il compenso è da intendersi «equo» soltanto «quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale e conforme ai parametri previsti dal regolamento di cui al Decreto del Ministro della Giustizia». Ai sensi del comma 3, le convenzioni stipulate con tali «clienti forti» si presumono «unilateralmente predisposte» dagli stessi, «salvo prova contraria». In assenza di prova contraria, le clausole ex art. 13 bis unilateralmente predisposte sono nulle qualora determinino «un significativo squilibrio contrattuale a carico dell’avvocato». In tal caso il contratto resterà valido e la nullità, che rientra tra le c.dd. nullità di protezione, potrà essere fatta valere solo dall’avvocato.

L’art. 19 quaterdecies del decreto Fiscale, come poi modificato dall’art. 1 della Legge di bilancio 2018, ha esteso la disciplina dell’equo compenso ai professionisti di cui all’art. 1, l. n. 81 del 22 maggio 2017 (c.d. Job act nel lavoro autonomo e agile), anche iscritti a Ordini e Collegi, e ha previsto che la p.a., in attuazione «dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività» garantisca «il principio dell’equo consenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», con espresso divieto che, dall’attuazione di tali disposizioni, derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Proporzionalità e conformità ai parametri ministeriali sono i requisiti imprescindibili dell’equo compenso, non alternativi ma concorrenti, destinati a combinarsi per essere l’uno limite dell’altro.

Tuttavia, l’art. 13 bis fu introdotto con il parere contrario dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, nella adunanza del 22 novembre del 2017, in una segnalazione rivolta ai Presidenti di Camera, Senato e del Consiglio dei Ministri, aveva evidenziato che «la norma introduce di fatto i minimi tariffari con l’effetto di ostacolare la concorrenza di prezzo tra professionisti nelle relazioni commerciali con tale tipologia di clienti».

Lo scorso 13 ottobre 2021, la Camera ha approvato il testo della proposta di legge di riforma «Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni», che si applicherà ai rapporti professionali aventi ad oggetto prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c., investendo anche la committenza, con l’estensione a tutte quelle imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, abbiano occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o abbiano presentato ricavi annui superiori ai 10 milioni di euro.

Il testo di riforma prevede anche ulteriori novità degne di rilievo.

Il professionista che si rivolga all’autorità giudiziaria che a sua volta accerti che il compenso non sia equo, oltre a rideterminarne la misura, potrà riconoscere un indennizzo in favore dell’istante, il quale, in tal caso, potrà acquisire presso l’ordine o il collegio di appartenenza, un parere di congruità del compenso e degli onorari con valore di titolo esecutivo, se rilasciato secondo la procedura della l. n. 241 del 1990.

Si aggiunge la previsione di un’azione di classe che, ferma la legittimazione di ciascun professionista interessato, spetterà al Consiglio Nazionale dell’Ordine nonché l’istituzione di un Osservatorio Nazionale sul compenso, presieduto dal Guardasigilli, con il compito di monitorare le eventuali violazioni della legge e relazionare ogni anno alla Camera.

L’iter della riforma merita di essere portato a presto compimento.

L’auspicio è che la questione della tutela delle professioni intellettuali venga affrontata sotto il profilo del riconoscimento della dignità del lavoro e della qualità dello stesso, al fine del miglioramento delle prestazioni e, dunque, della miglior garanzia dei diritti.

Sia considerata l’opportunità di favorire il monitoraggio delle attività su cui incide e si applica l’equo compenso, mediante l’istituzione di organismi di controllo ad hoc a partecipazione mista, ministeriale e dei rappresentanti dei professionisti; e venga favorita la corretta applicazione, sia in ambito giudiziale che stragiudiziale, dei parametri tariffari, da parte degli organi giudicanti, al fine di rendere effettiva l’applicazione delle regole sull’equo compenso.

Una rivisitazione del sistema dei parametri forensi è essenziale, prevedendo altresì l’obbligatorietà dell’anticipo, da parte dello Stato, del compenso per il gratuito patrocinio ovvero, in mancanza, il contenimento del termine di pagamento massimo entro il mese successivo alla conclusione dell’operato, in uno all’estensione del principio di gratuità dalle spese processuali (di cui all’articolo unico della l. n. 319 del 1958), salvo che per l’onere di pagamento del contributo unificato, anche alle procedure giudiziali aventi ad oggetto il recupero del credito costituito da compenso professionale.

La disciplina sull’equo compenso non è un ostacolo alla libertà di concorrenza tra professionisti.

La libera competizione riguarda la qualità, la quantità e le caratteristiche dell’incarico, quale garanzia di libertà e indipendenza degli stessi. Questo non comporti un pregiudizio per il decoro della retribuzione.

Roma, lì 18 Febbraio 2022                       

Meritocrazia Italia

Il Presidente Walter Mauriello