Si torna a discutere della proposta di legge sull’equo compenso delle prestazioni professionali, approvata dalla Camera lo scorso 13 ottobre e ora all’attenzione del Senato.
Uno stallo ingiustificato a fronte dell’estrema importanza del provvedimento, che ha a che fare con la dignità del lavoro di migliaia di professionisti.
Le nuove disposizioni dovrebbero riguardare, infatti, tutti i rapporti professionali aventi a oggetto prestazione d’opera intellettuale, investendo anche la committenza, con estensione a tutte quelle imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, abbiano occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o abbiano presentato ricavi annui superiori ai 10 milioni di euro.
Oggetto di attenzione, sommariamente, clausole vessatorie, regolazione dei rapporti con la p.a., possibilità di avviare class action da parte dei Consigli Nazionali, ripensamento della legge Bersani. È in proposta, in particolare, la novella dell’art. 2233 c.c. per concedere al professionista la possibilità di adire l’autorità giudiziaria per l’impugnazione di qualsiasi accordo che preveda compensi inferiori agli importi calcolati sulla base di tariffe o parametri fissati da decreto ministeriale per le professioni regolamentate, la nullità di patti relativi ad importi sproporzionato e che vietino al professionista di pretendere acconti o impongano anticipazioni di spese, con rideterminazione del compenso e possibilità di indennizzo.
Non ultimo, oggetto di riflessione anche le relazioni con banche, assicurazioni e grandi imprese.
Le soluzioni possibili e opportune potrebbero essere diverse, ma è fondamentale che la questione trovi presto soluzione e che sia affrontata con il giusto approccio di metodo.
Nel proporre una direzione alla riforma, Meritocrazia Italia auspica che
– la tutela delle professioni intellettuali venga affrontata sotto il focus costituzionale del riconoscimento della dignità del lavoro e della qualità di esso al fine del miglioramento delle prestazioni e dunque della miglior garanzia dei diritti;
– venga considerata l’opportunità di favorire il monitoraggio delle attività su cui incide e si applica l’equo compenso, mediante l’istituzione di organismi di controllo ad hoc a partecipazione mista, ministeriale e dei rappresentanti dei professionisti;
– venga operato un ragionevole bilanciamento degli interessi, riportando su un piano sostanzialmente paritario la contrattazione tra i c.dd. clienti forti (banche, assicurazioni, pubblica amministrazione, etc.) e le categorie dei professionisti;
– venga favorita la corretta applicazione, sia in ambito giudiziale che stragiudiziale, dei parametri tariffari, da parte degli organi giudicanti, al fine di rendere effettiva l’applicazione delle regole sull’equo compenso.
Nell’articolare il dettaglio tecnico della propria proposta di riforma organica del sistema Giustizia, Meritocrazia ha già avuto occasione di invocare la rivisitazione del sistema dei parametri forensi, con reinserimento dei minimi tariffari in estensione dell’obbligo all’equo compenso a tutti i settori e comparti, prevedendo altresì l’obbligatorietà dell’anticipo, da parte dello Stato, del compenso per il gratuito patrocinio ovvero, in mancanza, il contenimento del termine di pagamento massimo entro il mese successivo alla conclusione dell’operato, in uno all’estensione del principio di gratuità dalle spese processuali (di cui all’articolo unico della l. n. 319 del 1958), salvo che per l’onere di pagamento del contributo unificato, anche alle procedure giudiziali aventi ad oggetto il recupero del credito costituito da compenso professionale.
Stop war.
Meritocrazia Italia
Il Presidente Walter Mauriello