Torniamo a Serramonacesca (PE), sito che ospita la bellissima Abbazia di san Liberatore e le affascinanti tombe rupestri, alla scoperta di un’altra perla nascosta nel Parco Nazionale della Maiella, l’Eremo di Sant’Onofrio.
Sant’Onofrio – La storia del Santo a cui l’eremo è dedicato affonda le sue radici nella leggenda. Onofrio sarebbe stato il figlio di un re, forse persiano: deciso a servire Dio, avrebbe spontaneamente scelto di abbandonare il regno a cui era destinato per ritirarsi in Egitto, vivendo così da anacoreta per più di sessant’anni. La sua raffigurazione rispecchia questa sua scelta di vita: il corpo completamente nudo è ricoperto solo da una lunga barba che termina ben oltre le ginocchia.
Il dono del silenzio – L’Eremo di Sant’Onofrio si presenta oggi come una chiesetta rupestre, la cui struttura è in parte ricavata dallo sfruttamento della cavità naturale creata da una massa rocciosa sporgente, come è possibile osservare in altri luoghi di culto di questo genere. Si raggiunge con facilità attraverso un percorso che si snoda nella natura del Parco Nazionale e conduce a circa 725 metri di altitudine. Ad accogliere il fedele o il semplice escursionista, dietro la porta di legno chiusa simbolicamente da una chiave che è sempre nella toppa, è un luogo benedetto dal silenzio.
Sulla sinistra si trova l’altare, che dà le spalle alla parete rocciosa; ai lati della statua del Santo, dietro le tende, si cela la parte più affascinante dell’eremo: i suoi spazi originari, completamente immersi nell’oscurità di una grotta. In questa area si trova la cosiddetta “Culla di Sant’Onofrio”, una roccia rettangolare in rilievo rispetto al pavimento, dove i fedeli si stendono chiedendo al santo la guarigione dai dolori di pancia e di ossa. Si dice che qui abbiano riposato i primi eremiti benedettini, provenienti dall’Abbazia di San Liberatore, che trascorrevano del tempo nella solitudine della preghiera.
Il “Fuoco di Sant’Onofrio” e la devozione dei serrani – Il Santo anacoreta Onofrio è celebrato ogni anno il 12 giugno. La sera precedente, i suoi devoti accendono una croce luminosa, che sostituisce l’antico rituale di accensione del fuoco, noto con il nome di “Fuoco di Sant’Onofrio. La devozione dei serrani verso il Santo rappresenta il motivo stesso per cui oggi esiste questo piccolo e pacifico luogo. Nel corso dei secoli sono stati infatti i fedeli ad occuparsi di preservare l’eremo e perfino di prestare la propria manodopera volontaria per i lavori di ristrutturazione e di ampliamento, evidenti nell’aspetto delle stanze della parte moderna e della facciata, realizzate nel 1948.