Il 10 giugno scorso, presso una Stazione Carabinieri del bassanese, un imprenditore di zona denunciava che circa un anno prima, mentre si trovava all’interno di un bar, veniva avvicinato da due individui – si legge nella nota che pubblichiamo dei Carabinieri di Bassano del Grappa (qui altre notizie sui carabinieri, ndr) -, non conosciuti e certamente del Sud Italia, i quali gli chiedevano “come stai?” e poi “hai proprio una bella famiglia ed anche la tua attività è bella” aggiungendo che poteva essere un peccato rovinare tutto.
A quelle frasi, l’uomo non dava troppo peso e con modi decisi, li mandava a quel paese allontanandosi. Il racconto proseguiva dichiarando che alcuni giorni dopo, ritornava in quel bar ma senza vederli e che dopo la consumazione, tornava al suo furgone nei pressi parcheggiato e sotto il tergicristallo trovava due fotografie che ritraevano la sua famiglia nel quotidiano. Mentre ancora le osservava, riceveva una telefonata da un numero anonimo e, una volta risposto, una voce maschile chiamandolo per nome riferiva “sei ancora convinto che stiamo scherzando?”.
L’uomo, sempre in sede di denuncia, riferiva che da quel momento in poi, tutti i mesi, versava a queste persone, diverse migliaia di euro, spiegando anche le modalità di dettaglio. Ma qualcosa nel racconto, non convinceva gli inquirenti. Il querelante, ad alcune domande, aveva risposto in modo approssimativo ed anche altre dichiarazioni dallo stesso rese, erano sembrate del tutto illogiche, strane.
Informato il Pubblico Ministero della Procura di Vicenza, iniziava una articolata attività di indagine anche perché, il sospetto di una partecipazione mafiosa in questo evento, aveva allarmato Autorità e Polizia Giudiziaria. Le attività tecniche disposte ed i servizi di pedinamento ed osservazione dei militari dell’Arma, riscrivevano piano piano una storia del tutto diversa da quella raccontata e quando il quadro probatorio si era compiuto, il denunciante veniva interrogato nella caserma dei Carabinieri di Bassano del Grappa dai militari della Sezione Operativa.
Vistosi incalzare dalle domande, ammetteva le sue responsabilità. Era stato costretto ad inventarsi questa storia, per mettere a tacere le continue richieste di chiarimento da parte del commercialista che non capiva dove finissero i soldi dell’attività in assenza di idonea documentazione. Ed il motivo di tali uscite era l’acquisto di cocaina, di cui purtroppo, a sua detta, non poteva fare a meno, costringendolo ad acquisti giornalieri che in un anno comportavano una spesa di diverse decine di migliaia di euro.
Pertanto l’uomo veniva denunciato in stato di libertà per “Simulazione di reato”.
* “Si rappresenta che per il principio della presunzione di innocenza, la colpevolezza della persona sottoposta ad indagine in relazione alla vicenda per la quale si procede sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna”.