Evasione, Il Sole 24 Ore: “Non pagate l’80% delle tasse contestate dal Fisco”

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Ancora numeri allarmanti sull’evasione fiscale in Italia vengono fuori dalle analisi delle relazioni della Corte dei conti sul giudizio di parificazione del rendiconto dello Stato.

Su questo argomento apre oggi Il Sole 24 Ore, con due pagine di analisi del tema.

Le entrate tributarie corrono – si legge -, riconosce la Corte, ma ad alimentarle è quasi solo chi paga le tasse in modo spontaneo, in una platea che cresce anche grazie alle azioni di compliance. Perché quando il Fisco prova a chiamare alla cassa chi non si presenta da solo, i risultati sono più che modesti.

E dalle analisi della magistratura contabile emerge un quadro in cui chi non paga le tasse ha probabilità ampie di evitare le verifiche, e quando vi incappa preferisce non rispondere alle richieste dello Stato preferendo vedersi recapitare un’iscrizione a ruolo nella speranza concreta di vedersela rottamare; quando la rottamazione arriva, poi, molti aderiscono, versano la prima rata e poi tornano a scomparire”.

Il quotidiano cita Enrico Flaccadoro, presidente di coordinamento delle sezioni Riunite in sede di controllo, secondo il quale solo poco più del 20% delle somme richieste con gli avvisi bonari viene corrisposto e meno del 30% di quelle legate alle contestazioni di bonus e altre detrazioni giudicate illegittime.

Le rottamazioni iniziate e poi “dimenticate” vengono dipinte come “veleno”, perché esiste una consistente aspettativa che seguano altre rottamazioni dai governi e, con esse, la reiterazione dei mancati pagamenti. La “pace fiscale”, dunque, poggia sui mancati incassi: il magazzino della riscossione è ormai salito oltre quota 1.200 miliardi di euro.

Questo – spiega il quotidiano economico – accade perché la “guerra” del Fisco contro l’evasione non appare esattamente a tutto campo, sempre a leggere i numeri della Corte dei conti. Gli accertamenti, cioè la mossa principe dell’amministrazione a caccia di chi non dichiara, sono in continua flessione. Lo scorso anno sono stati circa 175mila, cioè il 7,5% in meno del 2022, ma nel confronto con il 2019 il contatore segna un crollo del 34,4% (102mila in meno).

Le ragioni sono due: la prima è «la riduzione di personale verificatasi nel tempo, e a cui nel 2023 si è cominciato a far fronte» con un piano di nuove assunzioni che solo quest’anno dovrebbe produrre 4.113 nuovi ingressi. Ma molti ostacoli continuano a impedire «un pieno e completo utilizzo delle banche dati tributarie e, in particolare, di quelle relative alle fatture elettroniche e ai rapporti finanziari». In pratica, il «grande fratello fiscale» domina il dibattito più della realtà quotidiana dei contribuenti. Lo sviluppo reale del perennemente evocato «incrocio dei database» è essenziale ma, avverte la Corte, da solo non basterebbe: perché «dovrebbe comunque essere affiancato da una maggiore frequenza dei controlli, non limitati alle posizioni rilevanti ma caratterizzati da un’azione più estesa, necessaria per contrastare l’evasione diffusa».

Insomma, il rischio reale di incrociare una verifica fiscale è modesto.

Fonte: Il Sole 24 Ore