Pubblichiamo la risposta dell'avv. Fulvio Cavallari (presidente di Adusbef Veneto) alla Lettera di Maria Teresa Roda, “una tra i soci azzerati delle ex banche venete, a legali e associazioni per costituzioni vane e con costi come parti civili nei processi“.
Abbiamo già pubblicato le risposte dell’avv. Luigi Fadalti (“Ex banche venete e costituzioni parti civili vane e costose, avv. Luigi Fadalti risponde a Roda e “punge” su Fir, KPMG, PWC e Intesa“), dell’avv. prof. Rodolfo Bettiol (“Ex banche venete e costituzioni vane, avv. prof. Bettiol: “risultato prevedibile, bastava diritto tribuna per supportare con condanne il FIR da me ideato”).
Abbiamo, quindi dato spazio a Luigi Ugone(“Ex banche venete e costituzioni vane, Luigi Ugone (Noi che credevamo nella BPVi): “le costituzioni servivano per avere verità e giustizia nei processi”), all’avv. Andrea Arman (“Ex banche venete e costituzioni vane, Andrea Arman (Coordinamento “don Enrico Torta”): “necessarie anche per il ‘nostro Fir’ ma c’è chi ha speculato”), a Patrizio Miatello ("Ex banche venete e costituzioni vane, Patrizio Miatello (Ezzelino III da Onara): l’Odissea dei risparmiatori vittime non solo delle banche"), e, a seguire, pubblicheremmo ancora quelle di altri avvocati e altre associazioni che volessero uscire dal loro silenzio diffuso roto solo da chi ci ha scritto.
Egr. direttore, mi viene chiesto un parere sulla questione delle costituzioni di parte civile nei procedimenti penali nei confronti degli ex amministratori delle ex banche venete banche venete.
Leggo con un certo interesse che i legali intervenuti pubblicamente sin’ora affermano da un lato di non aver dato garanzie ai risparmiatori in termini risarcitori, ma anzi di aver dichiarato sempre che non si sarebbe mai ottenuto un ristoro del danno, dall’altro che sarebbero state sufficienti poche costituzioni di parte civile che garantissero il diritto di tribuna, stante l’assenza di adeguate risorse.
Alcuni sostengono che la massiccia presenza di parti civili nei procedimenti penali ha contribuito a tener viva l’attenzione della pubblica opinione sull’intera vicenda, ma di esser rimasti delusi da talune situazioni.
Per dir la verità una certa difformità di vedute c’è sempre stata, sin dall’inizio, il che è legittimo.
Tuttavia mi par di intravedere una risultanza comune a posteriori: in sostanza non è che ci si aspettasse chissà che risultati in termini di indennizzi dai processi, più che altro le aule di giustizia dovevano servire o per ottenere documenti utili per altri giudizi o per tener desta l’attenzione sul problema.
Tutto sta, a mio modesto avviso, nella prevedibilità a priori, quanto meno in termini probabilistici, dei risultati ottenuti.
Qui devo dire concordo con il Prof. Bettiol quando sostiene che : “Per l’esercizio utile di un’azione legale occorre un patrimonio da aggredire. Quale la situazione in concreto? Banche in liquidazione gravate da debiti e nei confronti delle quali ai sensi dell’art. 83 della Legge Bancaria è improcedibile ogni azione. L’acquirente Banca Intesa è inattaccabile malgrado qualche sproposito giudiziario. Pur cospicui i patrimoni degli imputati non sono tali da soddisfare il credito di migliaia di azionisti. Ma vi è di più. I patrimoni degli stessi imputati sono soggetti alla confisca a favore dello Stato. In effetti il Tribunale di Vicenza ha disposto la confisca per 963 milioni di euro e quello di Treviso per oltre 200 milioni di euro.”
Si trattava alla fin fine di esiti del tutto improbabili? O da escludere a priori? Credo proprio di no.
Certo l’alea processuale, tipica dei giudizi di ogni genere e grado, rende impossibile stabilire prima che risultato si otterrà, quindi ciascuno ha fatto legittimamente le proprie scelte, tuttavia proprio l’incertezza del giudizio finale, nel mio caso e per come la vedo, ha suggerito quell’atteggiamento prudente che il Prof. Bettiol chiama diritto di tribuna.
Quanto al FIR la mia opinione è nota, l’idea del fondo è nata ben prima della 145/2018.
Se oggi ci troviamo di fronte a tanti rigetti o richieste di integrazioni, ivi inclusa la questione reddito-patrimonio non è colpa dell’arbitro, ma di un procedimento di carattere amministrativo che nulla ha a che vedere con un arbitrato quale quello previsto presso l’Arbitro Controversie Finanziarie, che non prevede distinguo di sorta e ove vige l’esatto principio opposto a quello disciplinato dalla L. 145/18, ossia non è il risparmiatore a dover dare la prova di essere stato informato in modo scorretto, ma sempre la controparte.
Avv. Fulvio Cavallari
presidente Adusbef Veneto
Sei arrivato fin qui?Se sei qui è chiaro che apprezzi il nostro giornalismo, che, però, richiede tempo e denaro. Se vuoi continuare a leggere questo articolo e per un anno tutti i contenuti PREMIUM e le Newsletter online puoi farlo al prezzo di un caffè, una birra o una pizza al mese. Grazie, Giovanni Coviello Sei già registrato? Clicca qui per accedere |